2022-03-25
«Pure l’Europa paga per le sanzioni». Biden annuncia che faremo la fame
Mario Draghi, Emmanuel Macron e Joe Biden (Ansa)
L’ammissione della Casa Bianca dopo il summit atlantico e il G7: «Se il Cremlino userà armi chimiche risponderemo». India e Cina si astengono sulla risoluzione Onu per la fine delle ostilità da parte di Mosca.Tramonta il sogno Nato di Matteo Renzi. Rinnovato di un anno il mandato di Jens Stoltenberg. Il Rottamatore aspirava all’incarico come salvagente dopo le politiche. Anche Enrico Letta sarebbe stato tentato.Lo speciale comprende due articoli. Si è tenuto ieri a Bruxelles il summit straordinario della Nato dedicato alla crisi ucraina. Nella dichiarazione finale è contenuta una dura condanna di Mosca. «Condanniamo l’invasione russa dell’Ucraina con la massima fermezza. Chiediamo al presidente Putin di fermare immediatamente questa guerra e di ritirare le forze militari dall’Ucraina», si legge nel comunicato. Non è mancato poi un riferimento alla Cina. «Chiediamo a tutti gli Stati, inclusa la Repubblica popolare cinese, di sostenere l’ordine internazionale, compresi i principi di sovranità e integrità territoriale, come sanciti dalla Carta delle Nazioni Unite, ad astenersi dal sostenere in alcun modo lo sforzo bellico della Russia e ad astenersi da qualsiasi azione che aiuti la Russia a eludere le sanzioni». In questo quadro, è stato innanzitutto stabilito un rafforzamento del fianco orientale dell’Alleanza, schierando nuovi battaglioni in Bulgaria, Romania, Ungheria e Slovacchia. Gli Stati Uniti hanno inoltre annunciato nuove sanzioni alla Russia, oltre a un piano per accogliere fino a 100.000 rifugiati. Il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, è comunque tornato a escludere la creazione di una no fly zone, mettendo al contempo in guardia Mosca dall’uso di armi chimiche. «Qualsiasi uso di armi chimiche cambierebbe radicalmente la natura del conflitto: sarebbe una palese violazione del diritto internazionale e avrà conseguenze gravi e diffuse», ha dichiarato. Lo stesso Volodymyr Zelenesky, che ieri ha parlato per via telematica al vertice dell’Alleanza, ha sì chiesto aerei e carri armati, ma ha al contempo evitato di invocare la creazione di una no fly zone. Tra l’altro, proprio ieri, un alto funzionario americano ha riferito alla Cnn che la Casa Bianca continua a essere contraria all’invio di caccia in Ucraina. Tra l’altro, come conseguenza della crisi in corso, a Stoltenberg è stato prorogato l’incarico di segretario generale per un altro anno (avrebbe infatti originariamente dovuto ritirarsi il prossimo settembre). Al summit Nato ha fatto seguito un vertice del G7. Anche in questo caso, è stata pronunciata una severa condanna dell’invasione russa. «Rimaniamo sconvolti e condanniamo i devastanti attacchi alla popolazione ucraina e alle infrastrutture civili, inclusi ospedali e scuole. Accogliamo con favore le indagini sui meccanismi internazionali, anche da parte del procuratore della Corte penale internazionale», si legge nel comunicato finale che, oltre a paventare il rischio dell’uso di armi chimiche, si concentra sul tema dell’esposizione energetica occidentale nei confronti della Russia. «Chiediamo ai Paesi produttori di petrolio e gas di agire in modo responsabile e di aumentare le consegne ai mercati internazionali, rilevando che l’Opec ha un ruolo chiave da svolgere», recita in tal senso la nota. Il problema è che molti Paesi dell’Opec (dal Venezuela all’Iran, passando anche per l’Arabia saudita e gli Emirati arabi uniti) stanno tenendo una posizione amichevole o comunque morbida nei confronti di Mosca. Il G7 ha inoltre sottolineato il problema della «sicurezza alimentare globale»: una questione che sta sempre più riguardando il Medio Oriente e l’Africa. Un fattore, questo, che potrebbe essere usato da Cina e Russia come leva geopolitica in termini di flussi migratori per mettere sotto pressione l’Ue (basti pensare alla influenza di Mosca e Pechino sul continente africano). Il tema dell’«emergenza cibo» è stato ripreso anche da Biden in conferenza stampa. «Siamo in procinto di elaborare con i nostri amici europei quanto è necessario per contribuire ad alleviare le preoccupazioni relative alla carenza di cibo», ha detto. Aggiungendo: «L'emergenza cibo sarà reale, il prezzo delle sanzioni non lo paga solo la Russia ma anche i nostri alleati europei».Nell’occasione - oltre ad assicurare contromisure in caso di uso di armi chimiche da parte del Cremlino - il presidente americano ha anche detto di ritenere che Mosca dovrebbe essere espulsa dal G20 e che spetta all’Ucraina la decisione di cedere eventualmente parte del proprio territorio alla Russia. Ha inoltre dichiarato che le «le sanzioni non funzionano mai come deterrente», dicendo che solo il loro mantenimento fermerà la Russia (peccato che, lo scorso 20 febbraio Kamala Harris disse che la minaccia di sanzioni contro Putin avrebbe avuto un «effetto deterrente»). Biden del resto sta continuando a seguire una linea meramente reattiva e sommato prevedibile, quando dovrebbe invece sparigliare le carte e giocare d’anticipo, per spiazzare e intimorire il Cremlino (qualcuno si ricorda la «madman theory» di Donald Trump e Richard Nixon?) In tutto questo, Emmanuel Macron ha dichiarato ieri che le potenze occidentali sono pronte a comminare ulteriori misure punitive, mentre Mario Draghi ha definito una «violazione contrattuale» la richiesta della Russia di farsi pagare il gas in rubli. E proprio la questione energetica è stata affrontata nel corso del Consiglio europeo apertosi ieri sera, mentre La Verità stava andando in stampa, che ha riconfermato il presidente uscente, il belga Charles Michel, fino al 30 novembre 2024. Nel frattempo, l’Assemblea generale dell’Onu ha approvato a schiacciante maggioranza una risoluzione di condanna della Russia: un documento da cui la Cina si è tuttavia astenuta. Pechino continua a rivelarsi un attore ambiguo, che - in questa crisi - nutre interessi antitetici a quelli del blocco transatlantico. Una posizione di astensione è stata adottata anche dall’India, che conferma così la sua indisponibilità a rompere con Mosca: un problema, questo, non da poco per l’efficacia delle sanzioni occidentali. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/pure-leuropa-paga-per-le-sanzioni-biden-annuncia-che-faremo-la-fame-2657033663.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="tramonta-il-sogno-nato-di-renzi" data-post-id="2657033663" data-published-at="1648153157" data-use-pagination="False"> Tramonta il sogno Nato di Renzi La Nato paracadute per i leader della sinistra italiana? A dirla così, sembrerebbe una boutade o uno scenario fantapolitico, in realtà la proroga di un anno del mandato dell’attuale segretario generale, il norvegese Jens Stoltenberg, originariamente in scadenza a settembre di quest’anno, potrebbe fatalmente cadere in pasto alle beghe nostrane. Non è un mistero, infatti, che il malcelato interesse per la poltrona in questione aveva già innescato una competizione sottotraccia tra alcune figure del centrosinistra di casa nostra, le quali, però, avrebbero dovuto uscire allo scoperto prima della scadenza elettorale. Ora che i tragici eventi ucraini hanno indotto l’Alleanza atlantica a non gestire un passaggio di poteri in una fase così delicata, procrastinando il tutto di (almeno) 12 mesi, i personaggi ufficiosamente in lizza dovranno rivedere la propria strategia o mutarla del tutto. Con un’opzione in più, riguardante principalmente i due leader di partito che i bene informati, a dispetto di qualche blanda smentita dei diretti interessati, vedevano come principali contendenti: il segretario del Pd Enrico Letta e quello di Italia viva Matteo Renzi. Partiamo da quest’ultimo: la cosa ha cominciato a prendere corpo sul finire dell’esperienza del governo Conte bis, quando fu lo stesso Renzi, in uno dei vari retroscena raccontati di persona ai cronisti o sui libri, a rivelare che la carta di un incarico di prestigio internazionale come il vertice della Nato era stata messa sul tavolo dal premier pro tempore Giuseppe Conte, nella speranza di far rientrare la fronda renziana al suo esecutivo. Fallita l’operazione, è rimasta l’aspirazione del senatore di Scandicci (al netto delle smentite) che nel frattempo ha dovuto fronteggiare la crescita della candidatura di Letta, tra l’altro oggetto dell’endorsement di prestigiosi opinionisti, primo fra tutti Paolo Mieli. L’ormai iconico manifesto che lo vede in tuta mimetica e con l’elmetto uscire da un elicottero militare, inoltre, a livello simbolico non rappresenta certo una presa di distanza del leader dem di fronte a questa ipotesi. Se per lui e per Renzi, finora, la candidatura alla leadership Nato poteva anche essere uno stratagemma degli avversari interni ed esterni per allontanarli dall’agone politico nazionale, adesso potrebbe rappresentare una prestigiosa scialuppa di salvataggio, nel caso di un naufragio elettorale alle politiche della primavera del 2023. Con una serie di condizioni, però: la prima è che la situazione internazionale, a partire dalla guerra in Ucraina, abbia fatto registrare un sensibile miglioramento e che il contesto sia quindi più sicuro. La seconda è che i grandi elettori dell’Alleanza accettino come segretario generale un leader italiano eventualmente trombato, il che non gioverebbe di certo al prestigio dell’istituzione. Sullo sfondo, infine, restano le candidature degli outsider Lorenzo Guerini, attuale ministro della Difesa, e di Federica Mogherini, ex Alto rappresentante Ue per la politica estera.