2023-12-09
Pure la Cei difende l’uso delle offerte per gli ex no global. Ma sbaglia i conti
Luca Casarini (Imagoeconomica)
La Conferenza episcopale sostiene che a pagare siano state solo due diocesi. Le carte la smentiscono. Fa professione di legalità ma arricchisce un pregiudicato.Omnia cum tempore, ogni cosa a suo tempo si legge nel libro dell’Ecclesiaste. Un motto che i vescovi conoscono certamente bene. E così, a distanza di tre settimane dalle nostre prime domande, la Conferenza episcopale italiana ha deciso di rispondere alle questioni sollevate nell’inchiesta a puntate di Panorama e della Verità sui finanziamenti della Chiesa all’associazione di promozione sociale Mediterranea del pregiudicato Luca Casarini. Ma le spiegazioni, purtroppo, sono decisamente insoddisfacenti. «Parlateci di Bibbiano» dicevano i 5 stelle al Pd, quando erano un movimento di lotta e non di governo. Ebbene noi oggi siamo costretti a chiedere ai «vescovoni» (copyright di Casarini & C.) di parlarci di «Cum-finis, fratelli tutti, alle frontiere di mare e di terra, d’Europa», il progetto da 65.000 euro al mese, 780.000 euro l’anno, di cui gli alti prelati sembrano essersi dimenticati. L’unico a citarlo in un’omelia estiva, il 15 luglio scorso, è stato l’arcivescovo di Palermo Corrado Lorefice, l’anello di congiunzione, insieme con il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei, tra i centri sociali e la Chiesa cattolica.Secondo le nostre fonti, il 26 aprile 2023 la presidenza della Cei avrebbe approvato proprio un investimento di 780.000 euro delle arcidiocesi di Napoli e Palermo e delle diocesi di Brescia, Pesaro e Ancona.E per questo, il 18 novembre, ci eravamo rivolti al direttore per le comunicazioni sociali della Cei.L’8 dicembre è arrivata, attraverso il comunicato stampa numero 75 dell’anno, la flemmatica replica della Conferenza episcopale ai nostri articoli. La giustificazione di tale ritardo è stata questa: «Abbiamo volutamente atteso che l’iter giudiziario seguisse il suo corso prima di intervenire sulla vicenda». Cioè i preti avrebbero aspettato che iniziasse l’udienza preliminare del procedimento ragusano nei confronti di Casarini, del sodale Giuseppe Caccia e di altri quattro soggetti, tutti imputati per il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. In questo modo sono i vescovi a collegare i finanziamenti della Chiesa a un procedimento penale che ufficialmente non li riguarda.Il passaggio più discutibile del comunicato è, però, questo: «La Cei non ha mai sostenuto in modo diretto “Mediterranea saving humans – Aps”, ma ha accolto una richiesta presentata da due Diocesi in una cornice ampia che prevede, secondo il magistero di Papa Francesco, l’accoglienza, la protezione, la promozione, l’integrazione dei migranti e la cura e l’assistenza agli sfollati in zona di guerra in Ucraina. Tutto ciò con un sostegno nettamente inferiore rispetto a quello riportato sulla stampa: 100 mila euro a ciascuna Diocesi nel 2022 e così pure nel 2023». I nostri lettori sanno che, secondo la nostra ricostruzione, le diocesi donatrici sarebbero ben più di due e che i finanziamenti ammonterebbero a quasi due milioni di euro in tre anni. Invece la Cei parla di 400.000 euro in 24 mesi e non specifica chi siano i due generosi vescovi.Infatti, nelle carte dell’inchiesta di Ragusa, emerge un appoggio molto più vasto. Per esempio è sicuro il contributo iniziale alla causa di Lorefice e dei colleghi di Modena (Erio Castellucci) e Brescia (Pierantonio Tremolada), con tanto di bonifici allegati agli atti: tre da parte di Castellucci, per un totale di 40.000 euro tra agosto 2020 e gennaio 2021, e uno, da 10.000, da Tremolada.In una chat don Mattia Ferrari, il cappellano di bordo della Mare Jonio, l’imbarcazione utilizzata per le missioni di Mediterranea, scrive: «Messaggio di Zuppi: oggi arrivati e oggi fatto bonifico». Sono gli stessi Casarini boys a stilare la lista dei loro benefattori, veri o presunti.Tra gli amici vengono inseriti l’arcivescovo emerito di Altamura-Gravina-Acquaviva delle fonti Giovanni Ricchiuti e quello di Monreale Michele Pennisi.Ma anche Augusto Paolo Lojudice, arcivescovo di Siena, Domenico Mogavero, vescovo emerito di Mazara del Vallo, Giuseppe Marciante, vescovo di Cefalù, Francesco Montenegro, arcivescovo emerito di Agrigento e Lampedusa, Giancarlo Perego, arcivescovo di Ferrara e Comacchio e presidente della commissione Cei per le migrazioni (di cui fanno parte anche Lorefice e Lojudice). Viene citato anche Antonino Raspante, vescovo di Acireale e vicepresidente della Cei per il Sud Italia.Il 12 dicembre 2020 don Mattia annuncia che «il nuovo vescovo di Napoli è monsignor Battaglia, grande amico di don Ciotti».Anche il direttore generale della Fondazione migrantes (organismo pastorale della Cei), don Giovanni De Robertis, avrebbe aiutato Casarini & C. a raccogliere fondi.Le carte e le nostre fonti citano anche un sostegno economico da parte della Caritas.Quindi non deve stupire che in un dossier interno di Mediterranea sui rapporti dell’associazione con la Chiesa cattolica si legga: «Ribadiamo il nostro profondo ringraziamento a Papa Francesco, ai tanti vescovi amici (non li elenchiamo tutti solo perché sarebbero tanti i nomi da scrivere), a don Giovanni De Robertis direttore di Migrantes, a Silvia Sinibaldi direttrice umanitaria di Caritas Europa, a don Luigi Ciotti e a tutte le persone che stanno percorrendo con noi questo cammino e stanno sperimentando la bellezza dell’essere “fratelli tutti” e di costruire la civiltà dell’amore». Con De Robertis e Sinibaldi, ci sarebbe «un rapporto di grande stima e di ottima collaborazione». In un altro passaggio è specificato che «la relazione tra Mediterranea e la Chiesa dal punto di vista operativo ruota soprattutto sulla collaborazione con Migrantes, Caritas Europa, Commissione delle conferenze episcopali cattoliche dell’Unione europea e altri organismi».Il rapporto cita pure «l’importante amicizia con la Chiesa maltese e con i vescovi maltesi Charles Scicluna e Mario Grech e con la Migrantes e il Jesuit Service di Malta». Nel suo documento riservato, Mediterranea specifica che le «ultime missioni della Mare Jonio sono state rese possibili grazie al sostegno economico determinante di alcuni vescovi» e in un altro punto passaggio esalta l’impegno di «molti» monsignori e non certo di due.Non basta. Il dossier, dopo aver ricordato che l’associazione nasce da un’idea di Casarini, Caccia e dalla relazione di due centri sociali bolognesi (Tpo e Làbas) con Zuppi, precisa che il punto di svolta tra l’associazione e la Chiesa è stato l’incontro tra Casarini e l’arcivescovo di Palermo Corrado Lorefice, avvenuto l’8 aprile 2019. Anche perché «dopo l’incontro con Luca, Lorefice ha scelto di esporsi e di annunciare pubblicamente il suo appoggio a Mediterranea. Da quel momento sono stati tantissimi (sic, ndr) i vescovi che hanno scelto di esporsi e di sostenere Mediterranea, e con molti di loro sono nati rapporti di amicizia profonda». Insomma sembra proprio che a sostenere gli ex no global non sia solo una coppia di monsignori di passaggio.Inoltre la messaggistica elettronica racconta in presa diretta gli incontri degli imputati con «gli amici vescovi bergogliani» (per Caccia, a volte, «anche un po’ coglioni») e in un sms c’è il racconto di un incontro «carbonaro» per la presentazione dell’associazione del Grande Lago Tiberiade, il famoso specchio d’acqua della pesca miracolosa, in questo caso di migranti.Il 7 agosto 2020 Casarini annuncia a Castellucci: «Il giorno 10 incontreremo, io, Beppe e don Mattia, don Corrado Lorefice. Poi monsignor Mogavero, poi don Pennisi e tanti altri». Il 27 novembre successivo Caccia spiega ai suoi sodali che «la riunione con i vescovi», organizzata per chiedere «un intervento di emergenza sui debiti» dell’anno, «è andata molto bene» e che «vi erano 16 vescovoni»; quindi aggiunge che, da lì a poco, sarebbe partito «il tesseramento, le donazioni permanenti».La banda aspirava a ricevere 60.000 euro al mese, coinvolgendo, in base a un preciso schema di offerte, 3.300 parrocchie.Alla fine la Cei parla di «accuse diffamatorie nei confronti di persone e istituzioni ecclesiastiche, a partire da alcune chat usate in modo strumentale e improprio», rivendica di «combattere l’illegalità con la legalità» (a fianco di un pregiudicato come Casarini) e di finanziare i propri progetti di sostegno al prossimo «nella massima trasparenza e rintracciabilità». Diciamo che il comunicato di ieri non sembra proprio andare in questa direzione.
Sehrii Kuznietsov (Getty Images)
13 agosto 2025: un F-35 italiano (a sinistra) affianca un Su-27 russo nei cieli del Baltico (Aeronautica Militare)
La mattina del 13 agosto due cacciabombardieri F-35 «Lightning II» dell’Aeronautica Militare italiana erano decollati dalla base di Amari, in Estonia, per attività addestrativa. Durante il volo i piloti italiani hanno ricevuto l’ordine di «scramble» per intercettare velivoli non identificati nello spazio aereo internazionale sotto il controllo della Nato. Intervenuti immediatamente, i due aerei italiani hanno raggiunto i jet russi, due Sukhoi (un Su-27 ed un Su-24), per esercitare l’azione di deterrenza. Per la prima volta dal loro schieramento, le forze aeree italiane hanno risposto ad un allarme del centro di coordinamento Nato CAOC (Combined Air Operations Centre) di Uadem in Germania. Un mese più tardi il segretario della Nato Mark Rutte, anche in seguito all’azione di droni russi in territorio polacco del 10 settembre, ha annunciato l’avvio dell’operazione «Eastern Sentry» (Sentinella dell’Est) per la difesa dello spazio aereo di tutto il fianco orientale dei Paesi europei aderenti all’Alleanza Atlantica di cui l’Aeronautica Militare sarà probabilmente parte attiva.
L’Aeronautica Militare Italiana è da tempo impegnata all’interno della Baltic Air Policing a difesa dei cieli di Lettonia, Estonia e Lituania. La forza aerea italiana partecipa con personale e velivoli provenienti dal 32° Stormo di Amendolara e del 6° Stormo di Ghedi, operanti con F-35 e Eurofighter Typhoon, che verranno schierati dal prossimo mese di ottobre provenienti da altri reparti. Il contingente italiano (di Aeronautica ed Esercito) costituisce in ambito interforze la Task Air Force -32nd Wing e dal 1°agosto 2025 ha assunto il comando della Baltic Air Policing sostituendo l’aeronautica militare portoghese. Attualmente i velivoli italiani sono schierati presso la base aerea di Amari, situata a 37 km a sudovest della capitale Tallinn. L’aeroporto, realizzato nel 1945 al termine della seconda guerra mondiale, fu utilizzato dall’aviazione sovietica per tutti gli anni della Guerra fredda fino al 1996 in seguito all’indipendenza dell’Estonia. Dal 2004, con l’ingresso delle repubbliche baltiche nello spazio aereo occidentale, la base è passata sotto il controllo delle forze aeree dell’Alleanza Atlantica, che hanno provveduto con grandi investimenti alla modernizzazione di un aeroporto rimasto all’era sovietica. Dal 2014, anno dell’invasione russa della Crimea, i velivoli della Nato stazionano in modo continuativo nell’ambito delle operazioni di difesa dello spazio aereo delle repubbliche baltiche. Per quanto riguarda l’Italia, quella del 2025 è la terza missione in Estonia, dopo quelle del 2018 e 2021.
Oltre ai cacciabombardieri F-35 l’Aeronautica Militare ha schierato ad Amari anche un sistema antimissile Samp/T e i velivoli spia Gulfstream E-550 CAEW (come quello decollato da Amari nelle immediate circostanze dell’attacco dei droni in Polonia del 10 settembre) e Beechcraft Super King Air 350ER SPYD-R.
Il contingente italiano dell'Aeronautica Militare è attualmente comandato dal colonnello Gaetano Farina, in passato comandante delle Frecce Tricolori.
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