2021-08-21
La puntura imposta a tutti per legge contraddice Costituzione e Consulta
Il provvedimento sarebbe uno scempio giuridico: a pesare, come dimostra la sentenza sul decreto Lorenzin, è soprattutto il fatto che i sieri sono stati autorizzati solo in via condizionata e devono ancora concludere l'iter.La ripresa delle attività lavorative coinciderà con l'esplosione del bubbone che va sotto il nome di obbligo di vaccinazione. Sempre più, in molti cominciano a chiedersi perché il governo non disponga l'obbligo, invece di affidarsi alla capacità di «convincimento» del certificato verde. L'insanabile contraddizione del lasciapassare obbligatorio per l'accesso alle mense aziendali (ma non all'ufficio o alla linea di lavorazione!) è stata solo un'avvisaglia che indica l'epicentro dello scontro: il mondo del lavoro e quello dell'università. Il Foglio ieri ha lanciato l'assalto in prima pagina: «L'obbligo non è più un tabù. […] Cinque parole: si lavora solo se vaccinati». Giovedì il leader di Federmeccanica, Federico Visentin, ha chiesto l'obbligo di green pass per i luoghi di lavoro, costo dei tamponi a carico dei lavoratori non vaccinati e sospensione dello stipendio per chi (non vaccinato) rifiuta pure il tampone. Nello stesso giorno, sul Corriere della Sera, il segretario della Cgil, Maurizio Landini, ha affermato che «la nostra Costituzione prevede che l'obbligo di un trattamento sanitario può essere assunto solo con una norma di legge. Credo che sia venuto il momento di aprire seriamente questa discussione nel nostro Paese e in Europa. Spetta a governo e Parlamento legiferare». Il giorno prima, su Repubblica, il professore di diritto del lavoro Marcello D'Aponte non aveva esitato nell'affermare che «occorre quindi una legge che, partendo dalle acquisizioni scientifiche ormai non più sperimentali, si faccia carico di ampliare l'obbligo di vaccinazione».Un dibattito che appare lunare perché, sempre giovedì, sia il Daily Telegraph sia il Financial Times hanno rilanciato un recente studio di Oxford da cui emergono evidenze che mettono fortemente in discussione l'efficacia del green pass come strumento che fornisce la «garanzia» (parola di Mario Draghi) di non contagio.I fatti nuovi sono due: con la nuova variante Delta, la carica virale di soggetti positivi - vaccinati o non vaccinati - è simile e quindi entrambi hanno pari capacità di contagiare, seppur permane per un vaccinato una minore probabilità di infettarsi. Inoltre, la protezione offerta dal vaccino Pfizer contro l'infezione sintomatica - inizialmente stimata intorno all'85-90% - si riduce molto rapidamente in circa 4/5 mesi fino a raggiungere il 50%, uguagliando quella offerta dal vaccino Astrazeneca. Da qui il dibattito già in corso sull'opportunità della terza dose. E sul Financial Times hanno preso atto che «con la nuova variante, siamo tornati indietro al primo modesto, seppur essenziale, obiettivo dei vaccini: la protezione contro forme gravi di malattia, ospedalizzazioni e decessi».Nel Regno Unito è di conseguenza ora in discussione la facoltà per un vaccinato di non restare in isolamento dopo un contatto con un positivo. Tale permesso si fondava sulla bassa carica virale dei vaccinati positivi alla variante Alfa, ma ormai non è più così.Alla luce di tali studi, il green pass italiano vacilla paurosamente perché aumenta la probabilità che in un ristorante al chiuso o in un'aula universitaria - luoghi apparentemente sicuri per effetto del certificato verde - ci siano dei positivi con carica virale simile a quella di un non vaccinato. Ma soprattutto è comprensibile perché in Italia - Costituzione e sentenze della Corte costituzionale alla mano - nessuno si prenderebbe la responsabilità di introdurre l'obbligo del vaccino. A questo proposito, ci affidiamo alle cristalline riflessioni del professore ordinario di diritto processuale Giuliano Scarselli, pubblicate sul sito Giustiziainsieme.it: «Se il vaccino è un bene necessario e imprescindibile per la salute della collettività, lo Stato lo renda obbligatorio per tutti nel rispetto dell'articolo 32 della Costituzione. Se non ritiene invece di poterlo fare, perché trattasi di vaccino che ancora non ha finito il suo corso di sperimentazione e che potrebbe recare danni, anche gravi, a chi lo riceve, come riconosce lo stesso articolo 3 del dl 44/2021 (lo scudo penale, nda), allora non sanzioni quei cittadini che hanno paura a vaccinarsi, perché la loro paura è la stessa paura che ha lo Stato a rendere obbligatorio il vaccino, e perché è contrario a ogni principio giuridico porre limitazioni di diritti fondamentali a chi abbia tenuto un comportamento che lo stesso Stato non considera obbligatorio o dovuto».Il ragionamento è semplice e lineare: le limitazioni dei diritti sono legittime solo come conseguenza dell'obbligo vaccinale. Niente obbligo? Allora niente limitazioni. Ci sono diversi robusti indizi a favore della mancanza dei presupposti per l'obbligatorietà. In primo luogo, il regime di autorizzazione condizionata valevole 12 mesi e rinnovabile che caratterizza tutti i quattro vaccini. Tale regime richiede - come è rilevabile dai ritagli in pagina che riproducono i foglietti illustrativi dei vaccini - un «obbligo specifico di completare le attività post autorizzative per l'autorizzazione all'immissione in commercio subordinata a condizioni». Tutti i vaccini prevedono di completare le attività «per confermare efficacia e sicurezza» entro maggio 2022 (Astrazeneca), dicembre 2022 (Moderna) e dicembre 2023 (Pfizer e J&J). Ribadiamo che questa è una procedura collaudata, alternativa a quella standard, che si affida però a dati incompleti sulla base dei quali l'Ema ritiene ci siano comunque i presupposti per autorizzarne il commercio. Ma è una conclusione provvisoria.Il contributo importante per il completamento del monitoraggio - che potrebbe ribaltare il rapporto rischi benefici e determinare la sospensione o la revoca dell'autorizzazione - è quello fornito dal sistema di farmacovigilanza. Nel caso di questi vaccini è essenziale che tutti i cittadini sappiano che il sistema adottato è quello della sorveglianza passiva, lasciata cioè all'iniziativa del vaccinato, ed è quindi doveroso contribuire al completamento dei dati clinici segnalando le reazioni avverse sul sito Vigifarmaco.it o al medico di base che dovrebbe limitarsi a fare da «postino», lasciando ad altri le valutazioni circa la correlazione degli eventi.L'importanza di queste risultanze di natura tecnico scientifica risiede anche nel limite che esse pongono alla discrezionalità legislativa, come risulta da tutte le sentenze della Corte costituzionale che si sono succedute in materia (dal 1994 all'ultima del 2018, sotto la presidenza di Marta Cartabia). A proposito dell'obbligatorietà dei vaccini previsti dal decreto Lorenzin, la Corte ha osservato che «la normativa in questione appare conforme al principio di precauzione […] previa individuazione, in esito a un test di proporzionalità, di una soglia di pericolo accettabile, sulla base di una conoscenza completa e accreditata dalla migliore scienza disponibile». Qualcuno oggi dispone di una conoscenza «completa» riferita ai vaccini anti Covid?La Corte ha collegato imprescindibilmente il legislatore al dato tecnico scientifico affermando che «deve essere riservato allo Stato il compito di qualificare come obbligatorio un determinato trattamento sanitario, sulla base dei dati e delle conoscenze medico scientifiche disponibili». La Corte ha ritenuto che l'obbligo disposto dal decreto Lorenzin - basato su oltre 20 anni di dati clinici - non violasse l'articolo 32 della Carta solo perché «l'evoluzione della ricerca scientifica ha consentito di raggiungere un livello di sicurezza sempre più elevato». Qualcuno dispone della macchina del tempo ed è in grado di conoscere oggi eventuali reazioni avverse che si manifesteranno nei prossimi cinque o dieci anni e quindi fornire al legislatore evidenze scientifiche talmente consolidate al punto da imporre l'obbligo senza correre il rischio di un'impugnazione e bocciatura davanti alla Corte?Sono proprio gli argomenti usati a favore dell'obbligo vaccinale in passato che oggi pongono un macigno sulla strada dell'obbligo per i vaccini anti Covid.