2022-12-26
La spallata dell’Isis ad al-Qaeda cambia il Dna del terrorismo
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Dopo la morte di Ayman al-Zawahiri il comando centrale dell’organizzazione terroristica fondata da Osama Bin Laden non si è ancora espresso sulla nomina del suo successore. Secondo alcune fonti di intelligence il prescelto potrebbe essere il medico afghano Amin Muhammad Ul Haq Saam Khan.La Malesia, l’Indonesia, le isole ribelli delle Filippine, il Bangladesh, lo Sri Lanka, le Maldive e l’India rappresentano dalla fine degli anni Ottanta le roccaforti di al-Qaeda nel Continente sud est asiatico, tuttavia, gli equilibri stanno rapidamente cambiando.La Provincia del Pakistan dello Stato Islamico (Ispp) rappresenta una minaccia latente nell'affollato panorama della militanza dell'Asia meridionale, ma beneficia della sua integrazione con gruppi più consolidati.Lo Stato islamico ha aumentato in maniera massiccia le proprie attività in Africa e in particolare in Mozambico e nel Sahel. La suggestione è che proprio qui verrà proclamato il Califfato 2.0.Nel corso del 2022 l’Europa ha visto una serie di attacchi compiuti da singoli attentatori, in particolare Germania, Francia, Inghilterra. Tuttavia lo Stato islamico pare aver rinunciato - almeno per il momento - ad azioni eclatanti sul suolo europeo.Lo speciale contiene cinque articoli.L’invasione russa dell’Ucraina avvenuta nel febbraio del 2022 ha monopolizzato, e continua a farlo, l’attenzione dei media internazionali e così come avvenuto con la pandemia i principali gruppi terroristici - vedi al-Qaeda e lo Stato islamico - hanno continuato a rafforzarsi nonostante le molte difficoltà dovute alla morte dei loro leader. L’organizzazione fondata da Osama Bin Laden ha perso colui che la guidava dalla morte del terrorista saudita, ovvero il medico egiziano Ayman al-Zawahiri ucciso a Kabul da un attacco della Cia effettuato con almeno due droni. Il colpo non sembra essere stato ancora assorbito visto che da allora il comando centrale dell’organizzazione non si è ancora espresso sulla nomina del suo successore. Come ricordato altre volte tra coloro che possono aspirare alla leadership di al-Qaeda c’è l’ex colonnello dell’esercito egiziano Saif al-Adel, poi il membro marocchino di al-Qaeda Mohamed Abbatay a capo dell'Ufficio per le comunicazioni esterne dell'organizzazione (e genero di Ayman al-Zawahiri), ma entrambi scontano il fatto di vivere in Iran da molto tempo e nessuno è in grado di sapere se sono soggetti a restrizioni tali da impedirgli di lasciare il Paese perché di certo non si può essere il leader di al-Qaeda, organizzazione terroristica sunnita e vivere nell’Iran sciita.Secondo alcune fonti di intelligence il prescelto potrebbe essere il medico afghano Amin Muhammad Ul Haq Saam Khan, classe 1960, alto ufficiale di al-Qaeda che in precedenza era a capo della Guardia Nera di Osama bin Laden, un'unità di sicurezza dedicata alla protezione di Bin Laden, ma la conferma della sua nomina non è mai arrivata anche perché sembra che il suo nome non abbia un consenso unanime all’interno delle alte sfere di al-Qaeda. Nonostante questo, l’organizzazione diventata nel tempo un movimento decentralizzato (per supplire alle difficoltà) ha continuato a mantenere le proprie posizioni in Nord Africa e in tutto il Sahel grazie all’affiliato locale al-Qaeda nel Maghreb islamico (Aqim), nello Yemen e in Somalia dove gli al-Shabaab ormai sono «uno Stato nello Stato» impossibile da estirpare. Non va poi dimenticato che al-Qaeda oggi può contare nuovamente sull’Afghanistan dei Talebani tanto che alcuni ministri del governo di Kabul sono espressione diretta dell’organizzazione terroristica che traffica in droga per finanziarsi al pari della Rete Haqqani e degli stessi Talebani. Ma si tratta di equilibri molto precari visto che la filiale locale dell’Isis denominata Isis Khorasan (Iskp) sta mettendo a durissima prova la capacità dei Talebani di controllare il territorio. A proposito di questo la propaganda dell’Isis-k nelle ultime settimane ha attaccato sia i Talebani che al-Qaeda in quanto «infedeli» che governano l’Afghanistan.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/punto-terrorismo-2022-spallata-alqaeda-2659006738.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="al-qaeda-in-difficolta-nel-sud-est-asiatico" data-post-id="2659006738" data-published-at="1671801674" data-use-pagination="False"> Al-Qaeda in difficoltà nel Sud est asiatico La Malesia, l’Indonesia, le isole ribelli delle Filippine, il Bangladesh, lo Sri Lanka, le Maldive e l’India rappresentano dalla fine degli anni Ottanta le roccaforti di al-Qaeda nel Continente sud est asiatico, tuttavia, gli equilibri stanno rapidamente cambiando. Drammatica la situazione in India: secondo quanto emerso da un report dell'Anti-Terrorism Cyber Wing India, che studia le attività terroristiche, solo nello Stato del Kerala le cellule dormienti dello Stato islamico sarebbero 3.200 composte da circa dieci membri, il che significa che circa 32.000 jihadisti sono attivi nel Kerala, tra i quali almeno il 40% sono donne, molte delle quali convertite all'Islam da altre fedi attraverso i narcotici oppure con la «Love Jihad» conosciuta anche come «Grooming Jihad». Si tratta di un'attività in base alla quale giovani ragazzi e uomini musulmani prendono di mira le ragazze appartenenti a comunità non musulmane per convertirle all'Islam fingendosi innamorati.Con la nascita dello Stato islamico e la martellante propaganda dell’ISIS, al-Qaeda è stata travolta dalla fascinazione creata dallo Stato islamico tanto che sono nati decine di gruppi che hanno giurato fedeltà ai vari califfi dell’ISIS che si sono succeduti fino ad oggi senza dimenticare gli almeno 1.500-2000 (700 indonesiani) foreign fighters arrivati nel ‹‹Siraq›› dal Sud-est asiatico per contribuire alla nascita del califfato. Molti di loro sono morti in battaglia, alcuni sono detenuti nei campi di prigionia (circa 800 secondo alcune stime) ma non sono pochi coloro che sono rientrati in Patria dove continuano nelle loro attività terroristiche come visto lo scorso 7 dicembre sull’isola di Giava dove uomo si è fatto esplodere in una stazione di polizia uccidendo un ufficiale e ferendo sette persone, in quello che è stato l'ultimo di una serie di attacchi suicidi attribuiti a militanti musulmani dell’ISIS. Un attacco simile si è verificato nel 2019, quando un attentatore suicida si è fatto esplodere in un'affollata stazione di polizia a Medan, la terza città più grande dell'Indonesia, ferendo almeno sei persone. Nel maggio 2018, due famiglie hanno effettuato una serie di attentati suicidi contro chiese nella città di Surabaya, uccidendo una dozzina di persone, tra cui due ragazze i cui genitori le avevano coinvolte in uno degli attacchi. La polizia ha detto che il padre era il leader di un'affiliata locale del gruppo terroristico indonesiano Jemaah Anshorut Daulah. L'anno scorso, due aggressori ritenuti membri di una rete militante che ha promesso fedeltà al gruppo dello Stato islamico si sono fatti esplodere davanti a una cattedrale cattolica romana gremita durante una messa della Domenica delle Palme sull'isola indonesiana di Sulawesi, uccidendo i due aggressori e ferendo almeno 20 persone. Come vi abbiano raccontato in altri approfondimenti a proposito dell’Africa anche il sud-est asiatico si è trasformato in una regione sempre più significativa per lo Stato islamico negli ultimi quattro anni. Lo Stato islamico ha rivendicato per la prima volta la responsabilità degli attacchi nella regione nel 2016, prima a Jakarta e poi alla periferia di Kuala Lumpur. Da allora, il gruppo ha iniziato a presentare regolarmente i sud-est asiatici nei suoi media e ha sviluppato materiali di reclutamento in bahasa, la lingua ufficiale dell'Indonesia. Gruppi estremisti già attivi nella regione, come Jamaah Ansharut Daulah in Indonesia e Abu Sayyaf Group nelle Filippine, hanno iniziato a impegnarsi fedeltà allo Stato islamico. Questi gruppi affiliati hanno organizzato una serie di attacchi significativi o tentati attacchi, a volte coinvolgendo combattenti che erano stati in precedenza in Siria. La regione ha anche iniziato ad attrarre i propri combattenti stranieri: alcuni ceceni e quelli del Medio Oriente che hanno incontrato ostacoli nel viaggiare per unirsi allo Stato islamico in Iraq e in Siria hanno invece dirottato e si sono uniti a cellule estremiste nel sud-est asiatico. E dal 2018 c'è stato un aumento degli attentati suicidi nella regione, una tendenza che secondo gli esperti è destinata a continuare anche in futuro. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/punto-terrorismo-2022-spallata-alqaeda-2659006738.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="l-isis-in-pakistan" data-post-id="2659006738" data-published-at="1671801674" data-use-pagination="False"> L'Isis in Pakistan La Provincia del Pakistan dello Stato Islamico (Ispp) rappresenta una minaccia latente nell'affollato panorama della militanza dell'Asia meridionale, ma beneficia della sua integrazione con gruppi più consolidati. Lo Stato islamico ha istituito l'Ispp nel maggio 2019 dividendo la provincia del Khorasan dello Stato islamico (Iskp) in rami separati per l'Afghanistan, l'India e il Pakistan. Da allora Ispp ha lottato per capitalizzare le dinamiche locali e stabilire punti d'appoggio. Probabilmente il gruppo è sopravvissuto grazie al suo continuo coordinamento e alla sovrapposizione delle reti con l'Iskp. Lo ha riferito l'Oni nel maggio 2022: l'Iskp si trova insieme all'ufficio amministrativo di al-Siddiq dello Stato islamico, che sovrintende alle attività affiliate allo Stato islamico in tutto il sud e il sud-est asiatico. Ispp e Iskp sono anche alleati con reti condivise e la lealtà dei combattenti a Ispp e Iskp è spesso confusa e fluida. Nel luglio 2021 la centrale dello Stato islamico ha diretto l'Iskp ad attaccare nel Pakistan nord-occidentale, dove l'Ispp aveva operato in precedenza, e ha ordinato ai membri dell'Ispp nel nord-ovest di iniziare a seguire gli ordini dell'Iskp. Ispp e Iskp hanno ampiamente mantenuto questa divisione delle operazioni. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem3" data-id="3" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/punto-terrorismo-2022-spallata-alqaeda-2659006738.html?rebelltitem=3#rebelltitem3" data-basename="l-isis-e-il-nuovo-califfo-per-provare-a-dare-la-spallata" data-post-id="2659006738" data-published-at="1671801674" data-use-pagination="False"> L'Isis e il nuovo califfo per provare a dare la spallata Lo scorso 1°dicembre lo Stato islamico nell’annunciare la morte del leader Abu al-Hasan al-Hashimi al-Qurashi (avvenuta tra ottobre e novembre 2022) ha annunciato la nomina di Abu al-Hussein al-Qurashi come nuovo leader. Si tratta in entrambi i casi di due figure sconosciute persino agli stessi membri dell’Isis tanto che il corpo di Abu al-Hasan al-Hashimi al-Qurashi è stato riconosciuto dopo più di un mese dalla sua morte (avvenuta durante un bombardamento) da un miliziano a lui vicino. Nonostante la morte dei suoi califfi l’Isis nel «Siraq» ha ripreso forza grazie ai 10.000 (numero per difetto) miliziani che attaccano ogni giorno la polizia e gli eserciti iracheno e siriano come visto lo scorso 20 dicembre dove almeno sette poliziotti sono stati uccisi in un attentato nel nord dell’Iraq, vicino alla città di Kirkuk. L’attacco è stato compiuto prima con una bomba, fatta esplodere in corrispondenza del passaggio di un mezzo della polizia, e poi con l’intervento armato di alcuni attentatori. Uno dei terroristi è stato ucciso, e altri due poliziotti sono rimasti feriti. Un'infografica pubblicata dall'Isis sul settimanale al-Naba, che riassume la sua attività in tutto il mondo dall'1 al 7 dicembre 2022, indica che l'organizzazione ha effettuato 17 attacchi nelle sue varie province in tutto il mondo (rispetto ai 22 della settimana precedente). Il maggior numero di attacchi (5) è stato effettuato dalla provincia del Mozambico dell'Isis. Attacchi compiuti nelle altre province: West Africa (3); Khorasan, cioè l'Afghanistan (3); Iraq (3); Siria (2) e Somalia (1).Un totale di 39 persone sono state uccise e ferite negli attacchi, rispetto alle 28 della settimana precedente. Il maggior numero di vittime si è verificato nella provincia del Mozambico (13). Le altre vittime si sono verificate nelle seguenti province: Iraq (8); Siria (5); Africa occidentale (5); Khorasan, cioè l'Afghanistan (4); Somalia (4). I recenti scontri armati avvenuti nel Mali tra al-Qaeda e Isis, dove sono morti almeno 100 combattenti qaedisti, sono la prova che lo Stato islamico ha ormai rotto gli indugi e prova dove può a scacciare i nemici giurati annichiliti sul piano militare oltreché che dalla propaganda dell’Isis che di questi scontri ha pubblicato dettagliati resoconto fotografici e video. Non c’è dubbio che lo Stato islamico abbia aumentato in maniera massiccia le proprie attività in Africa e in particolare in Mozambico (nell’area di Cabo Delgado ricca di risorse naturali) e nel Sahel e nessuno si stupirebbe se proprio qui venisse proclamato il Califfato 2.0. Suggestione? Certo l’Isis è un fenomeno iracheno e si fa fatica ad immaginarsi un nuovo proto Stato islamico nel Continente nero, tuttavia, è bene non dare per scontato nulla e provare sempre a immaginare sempre l’inimmaginabile quando si affrontano questi temi. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem4" data-id="4" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/punto-terrorismo-2022-spallata-alqaeda-2659006738.html?rebelltitem=4#rebelltitem4" data-basename="l-isis-in-israele" data-post-id="2659006738" data-published-at="1671801674" data-use-pagination="False"> L'Isis in Israele Lo scorso mese di marzo alcuni arabi israeliani hanno colpito nelle città di Hadera e Beersheba in Israele, attentati che lo Stato islamico ha subito rivendicato. Il bilancio degli attacchi è stato di sei morti (inclusi due agenti di polizia) e diversi feriti. Le indagini hanno provato che gli attentatori, poi neutralizzati dalle forze di sicurezza, erano già stati detenuti nelle carceri israeliane per aver tentato di unirsi allo Stato islmaico, per poi essere rilasciati e rientrare nelle fila dell’Isis. Come ricordato in un recente report dell’Ispi: «Attualmente le prigioni del Paese ospitano 19 presunti membri dell’organizzazione; i più noti sono gli attentatori che hanno aperto il fuoco nel quartiere di Sarona a Tel Aviv nel giugno 2016, causando la morte di quattro persone, in uno degli ultimi attacchi riconducibili allo Stato islamico in territorio israeliano». <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem5" data-id="5" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/punto-terrorismo-2022-spallata-alqaeda-2659006738.html?rebelltitem=5#rebelltitem5" data-basename="l-europa-e-la-minaccia-terroristica" data-post-id="2659006738" data-published-at="1671801674" data-use-pagination="False"> L'Europa e la minaccia terroristica Nel corso del 2022 l’Europa ha visto una serie di attacchi compiuti da singoli attentatori (in particolare Germania, Francia, Inghilterra), che armati di coltello si sono scagliati sui passanti al grido «Allah è il più grande» facendo qualche vittima e feriti, tuttavia lo Stato islamico pare aver rinunciato - almeno per il momento - ad azioni eclatanti sul suolo europeo. I controlli dell’intelligence oggi sono serrati e l’Isis non può più godere dell’effetto sorpresa come un tempo ma nonostante questo i tentativi ci sono stati (almeno 20) in tutto il Continente europeo con Spagna ,Francia e Germania tra i Paesi che i terroristi volevano colpire. In tal senso non si contano più gli arresti e le operazioni antiterrorismo in tutta Europa nel corso dell’anno che sta per terminare. L’Italia non è certo immune dal fenomeno del fondamentalismo islamico e anche nel 2022 le due agenzie di intelligence AISI e AISE, la Polizia di Stato, Carabinieri e Guardia di Finanza hanno compiuto decine di operazioni che hanno smantellato cellule terroristiche molte delle quali impegnate nella raccolta di denaro da inviare nel «Siraq». Rilevante l’operazione del marzo 2022 della DIGOS di Bari che ha arrestato quattro cittadini albanesi residenti nel capoluogo pugliese, i quali raccoglievano denaro tramite la zakat, l’obbligo della beneficenza, con una chat WhatsApp di cui facevano parte molti loro connazionali per finanziare l’imam estremista Genci Abdurrahim Balla della moschea di Kavaje vicino Durazzo (Albania), già condannato a 17 anni di carcere in quanti reclutatore dell’ISIS. I quattro fermati lavoravano come operai nel settore agricolo e uno come dipendente del Comune di Bari. Se all’apparenza davano l’idea di essersi integrati, in una chat condividevano video di propaganda dello Stato islamico tradotti dall’arabo all’albanese e definivano il Covid «un minuscolo soldato di Allah inviato sulla terra per punire i miscredenti occidentali». Nel maggio scorso a Roma è stata smantellata una piattaforma del dark web, a cui avevano accesso utenti italiani, per lo scambio di materiale jihadista come la rivista dell’ISIS al-Naba e i contenuti di Al-Furqan e manuali operativi per compiere attacchi. Il bilancio finale è stato di 30 arresti. Importantissima l’operazione del 7 giugno 2022 condotta dalla Direzione distrettuale antiterrorismo di Genova, dalla DIGOS di Genova e dal Servizio per il Contrasto all’Estremismo e Terrorismo Esterno della Polizia di Stato – insieme agli Uffici Antiterrorismo di Spagna e Francia, coordinati dall’ECTC- European Counter Terrorism Centre di Europol – che ha portato all’emissione di 14 ordinanze di custodia cautelare nei confronti di persone di nazionalità pachistana (alcune già in carcere). Secondo l’accusa gli arrestati stavano progettando attentati e sono legate a Zaheer Hassan Mahmoud il pakistano che nel settembre 2020 si presentò davanti alla vecchia sede di Charlie Hebdo convinto di poter fare una strage armato di mannaia. In realtà la sede del settimanale era stata trasferita in una località segreta dopo la strage del 7 gennaio 2015. Le vittime dell'attacco sono due giornalisti che lavorano per un'agenzia di produzione televisiva: oltre alle ferite provocate dalla mannaia da macelleria, le due vittime hanno riportato anche alcune fratture. In Italia la maggior degli arrestati vengono dai Balcani (Albania e Kosovo), al Nord Africa (Tunisia, Egitto e Marocco), fino al Pakistan. In alcuni casi si tratta di singoli radicalizzati che pianificano azioni in autonomia, in altri casi di gruppi organizzati composti da più persone. Il protrarsi della guerra in Ucraina e l’impressionante mole di armi che circolano nell’area e che potrebbero finire presto in mani sbagliate, preoccupano le agenzie di intelligence europee ben consapevoli che in Ucraina sia con i russi che con gli ucraini combattono milizie cecene di chiara ispirazione salafita -jihadista. Altri fattori a dir poco esplosivi per l’Italia, vista la vicinanza, sono la continua destabilizzazione della Libia e ora anche della Tunisia, due Paesi dai quali nel 2023 potrebbe esserci un esodo di migranti mai visto prima. E tra loro nessuno può sapere quanti jihadisti ci saranno.
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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