2021-03-08
La Pulzella, un’esplosione di coraggio senza bisogno di retorica femminista
Giovanna D'Arco (Bettmann/Getty Images)
Nella festa della donna la spada di Giovanna d'Arco fende l'aria pesante delle rivendicazioni di genere e dimostra che c'è qualcosa di più grande della «parità» per cui è possibile spendere la propria vita.Aveva fatto dipingere le sue armi: «Due gigli d'oro in campo azzurro, e nel cuore dei gigli, una spada d'argento con l'impugnatura e una croce d'oro». Il suo contemporaneo Guy de Laval (lo riporta la biografa Colette Beaune) la descriveva ammirato: «Giovanna d'Arco vestita da cavaliere, con l'armatura bianca, la testa scoperta e una piccola ascia in mano, mentre montava un grande e impetuoso corsiero nero». Per lei, il re aveva fatto fabbricare a Tours un'armatura buona per la guerra, costata 100 lire. Giovanna l'aveva provata giostrando, cavalcando ogni giorno con la lancia in mano. «Indossava la sua armatura con tale tranquillità che sembrava non avesse mai fatto null'altro in vita sua». Sotto le insegne degli arcangeli Michele e Gabriele, Jeanne la Pucelle partecipò nel 1429 all'assedio di Orleans. Aveva appena 17 anni. Quattro anni prima aveva cominciato a sentire delle voci. erano lo stesso San Michele, Santa Caterina e Santa Margherita. Con il loro sostegno, l'aiuto di Dio e le armi in pugno, Giovanna sapeva di poter sconfiggere gli inglesi. Lei, una contadina che non sapeva leggere né scrivere, che avrebbe conosciuto la teologia solo nel 1431, dagli ecclesiastici dell'inquisizione che la mandarono al rogo. Giovanna, «eretica e santa», come viene definita nel ritratto che lo scrittore francese Georges Bernanos le dedicò nel 1934 (due anni prima di pubblicare Diario di un curato di campagna) e che ora torna in una nuova graziosa edizione italiana per l'editore Ripostes. Nella festa della donna così appesantita dalla retorica, dalle formule vuote, dalla rivendicazioni del donnismo oltranzista tutto articoli e declinazioni, la spada di Jeanne solleva un vento fresco mentre taglia. Dimostra che non c'è bisogno dei rimasugli incancreniti del femminismo per infondere coraggio alle donne. Dimostra pure che c'è qualcosa di più grande per cui combattere della «parità di genere» (o della supremazia femminile). Non potevano ordinarla, né benedirle le armi. Ma Giovanna fu davvero un cavaliere. Combatteva per Dio, per l'ordine verticale. E, insieme, per la sua patria, il suo popolo, il suo retaggio. Arrivò a dichiararsi «comandante di guerra», fra lo stupore dei contemporanei. Eppure, sul campo, quei maschi bruti e sporchi, con il volto coperto di sangue e le mazze in pugno la adoravano, le si stringevano intorno. Oggi qualcuno ha fatto della pulzella una caricatura per «bambine ribelli», ma a lei di battersi per il suo sesso interessava poco. Le importava, invece, dare la vita per ciò che unisce maschi e femmine, per ciò a cui uomini e donne sono per sempre legati. Bernanos ne ammirava il «coraggio della santità». Ne celebrava la giovinezza dello spirito. Giovanna rimane fanciulla perché vicina alla purezza originaria, non corrotta né corruttibile. Dalla sua bocca sgrammatica usciva, scrive Bernanos, «questa parola di vittoria, questa parola puerile, questa parola dell'infanzia eterna», e la Pulzella era come «una bracciata di rose strappate al cuore della notte, inzuppate dall'ultimo acquazzone, con il loro profumo selvaggio». Eccolo qui, un grande modello. Una povera contadina nata ai margini del regno, incolta e selvatica, che cambia il mondo e conquista il suo tempo senza pretendere di sovvertirne l'ordine. Da gennaio a maggio del 1431, dopo che fu imprigionata dai borgognoni, gli inquisitori la esaminarono, e lei sembrava quasi ansiosa di morire, impaziente di provare la gioia dei cieli. Fu poi riabilitata, beatificata nel 1909 e canonizzata nel 1920. Ora c'è una sua statua che, nella cattedrale di Winchester, guarda la tomba del cardinale Beaufort, che tanto fece per spedirla sul rogo. La Chiesa che la bruciò ne ha poi fatto una santa. Del resto, diceva Bernanos, «la nostra Chiesa è la Chiesa dei santi. In nessun altro luogo si vorrebbe immaginare, anche per un solo momento, una tale avventura, e così umana, l'avventura di una piccola eroina che passa un giorno, tranquillamente, dal rogo dell'inquisitore al paradiso, di fronte a centocinquanta teologi». Giovanna era corpo e spirito insieme: non temette di sacrificare il secondo per il primo. Eppure, senza il primo, non avrebbe potuto elevare il secondo. Amava la sua terra e la patria celeste. Era serva (del Signore) ma non sottomessa (agli uomini). È morta per amore ma non ebbe paura di affrontare la guerra. Il coraggio era la forza che la spingeva all'ascesi. In ogni suo gesto c'era quel che oggi più ci manca: l'eroismo. E intanto noi stiamo qui, a combattere battaglie sugli articoli e le declinazioni, convinti di trovare la dignità in una quota rosa.
Sehrii Kuznietsov (Getty Images)