2023-07-22
Pubblicate le accuse di corruzione ai Biden
Il repubblicano Chuck Grassley diffonde il documento dell’Fbi in cui una gola profonda riferisce dei rapporti tra la società ucraina Burisma, l’allora vicepresidente e il figlio, definito «poco intelligente». Entrambi avrebbero ricevuto 5 milioni in cambio di coperture negli Usa.Potrebbe mettersi male per i Biden. Il senatore repubblicano Chuck Grassley ha pubblicato il documento dell’Fbi, datato 30 giugno 2020, che accusa di corruzione Joe e suo figlio Hunter. Si tratta di una denuncia formulata da un informatore che il Bureau ha sempre ritenuto altamente credibile. Tutto ruota attorno a Burisma: la controversa azienda energetica ucraina ai cui vertici Hunter operò tra il 2014 e il 2019. Nel documento, la fonte riferisce di un suo primo meeting con alti dirigenti di Burisma, avvenuto a Kiev a cavallo tra il 2015 e il 2016. All’incontro, oltre alla fonte, presero parte Oleksandr Ostapenko (il cui ruolo sembrerebbe quello di un intermediario), Karina Zlochevsky (figlia del controverso fondatore di Burisma, Mykola Zlochevsky) e Vadym Pozharskyi (dirigente della società ucraina che, tramite Hunter, aveva avuto un incontro a Washington con l’allora vicepresidente Biden nell’aprile 2015). Fu durante il meeting a Kiev che Pozharskyi rivelò alla fonte che Burisma aveva assunto il figlio di Biden per «proteggerci, attraverso suo papà, da ogni tipo di problema». Nell’occasione, il dirigente sottolineò anche che Hunter «non era intelligente». E veniamo così a un secondo incontro, tenutosi a Vienna un paio di mesi dopo, a cui, oltre alla fonte, presero parte Ostapenko e Mykola Zlochevsky. In quel periodo, la sua società voleva entrare nel mercato statunitense e temeva il procuratore generale ucraino, Viktor Shokin: quest’ultimo aveva indagato su Burisma per corruzione e Zlochevsky aveva paura che tale circostanza potesse creargli problemi nel suo avvicinamento agli Usa. Ebbene, quando la fonte fece presente a Zlochevsky che l’indagine avrebbe potuto mettergli i bastoni tra le ruote, il fondatore di Burisma avrebbe risposto: «Non preoccuparti, Hunter si occuperà di tutti questi problemi tramite suo papà». Ricordiamo che fu proprio Joe Biden a esercitare pressioni sull’allora presidente ucraino, Petro Poroshenko, per ottenere il licenziamento di Shokin, avvenuto a inizio 2016. Fu sempre nell’incontro viennese che Zlochevsky sostenne di aver pagato ai due Biden cinque milioni di dollari a testa. Zlochevsky aggiunse anche che, per quanto Hunter fosse «stupido» e il suo cane «più intelligente», aveva bisogno di lui «così tutto sarebbe andato bene». Durante quel meeting, Zlochevsky riferì che la richiesta di tenere Hunter nel board di Burisma arrivò sia dallo stesso Hunter sia da suo padre. Pare dunque di capire che il figlio, su cui non fioccavano giudizi lusinghieri, fosse necessario per ottenere copertura politica dal potente genitore. Passiamo dunque a una conference call, avvenuta poco dopo la vittoria di Donald Trump, a cui parteciparono la fonte, Ostapenko e lo stesso Zlochevsky. Nell’occasione, il fondatore di Burisma disse che non era contento che Trump avesse vinto le presidenziali. Aggiunse che era stato «forzato» a pagare i Biden: secondo la fonte, Zlochevsky sostenne anche di conservare «molti messaggi di testo e registrazioni che dimostrano che era stato costretto a effettuare tali pagamenti». In particolare, si tratterebbe di un totale di 17 registrazioni (15 riguardanti Hunter e due l’attuale presidente americano). Fu in una telefonata del 2019 che il fondatore di Burisma specificò di «non aver mandato direttamente soldi al Big Guy» (soprannome che, secondo la fonte, si riferisce a Joe Biden). Le reazioni non si sono fatte attendere. Se alcuni deputati repubblicani hanno invocato l’impeachment contro il presidente americano, l’Fbi ha criticato la pubblicazione del documento. La Casa Bianca, dal canto suo, ha detto che i contenuti dell’incartamento «sono stati smentiti per anni». Visto che molti di questi contenuti erano stati già diffusi nelle scorse settimane, i dem hanno provato a minimizzare. Con scarsi risultati tuttavia. A inizio giugno, il deputato dem Jamie Raskin è stato smentito dall’ex procuratore generale Bill Barr (che è da due anni in pessimi rapporti con Trump), quando disse che l’indagine sulla corruzione dei Biden era stata chiusa dal suo dipartimento di Giustizia. «Le prove sono state trasmesse al Delaware», replicò Barr, «niente è stato chiuso». A fine giugno, Raskin ha anche sottolineato che Zlochevsky, interpellato tra il 2019 e il 2020, smentì contatti tra Burisma e l’allora vicepresidente Biden (lo stesso Biden ha sempre detto di non essere mai stato coinvolto negli affari del figlio). Peccato però che un’email del laptop di Hunter, pubblicata dal New York Post, abbia dimostrato un incontro a Washington tra Joe Biden e Pozharskyi nell’aprile 2015. Quanto presente nel documento sui Biden andrà ovviamente provato. Il punto è capire se Fbi e dipartimento di Giustizia abbiano tenuto in debito conto questa denuncia. Qualche sospetto viene, viste le accuse di interferenza piovute sul dipartimento di Giustizia da due informatori dell’Agenzia delle entrate per quanto riguarda l’indagine sui reati fiscali di Hunter. Per questo, il procuratore speciale Jack Smith, che sta per incriminare nuovamente Trump, rischia di ritrovarsi sempre più vulnerabile a sospetti di politicizzazione e doppiopesismo.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.