
Nel numero di marzo di Open Forum Infectious Diseases, rivista della Infectious Diseases Society of America e dalla Hiv Medicine Association, pubblicata dalla Oxford University Press, ci sono i dati cumulativi sulla sicurezza del vaccino mRna-1273, o Spikevax. Vengono riportati gli eventi avversi, segnalazioni solo spontanee al database di sicurezza globale (Gsdb) di Moderna tra il 18 dicembre 2020 e il 17 dicembre 2022.
Dopo due anni di utilizzo del secondo vaccino anti Covid a mRna, approvato dall’Agenzia europea del farmaco (Ema) il 6 gennaio 2021, «complessivamente lo 0,7% (17.751 su 2.517.669 segnalazioni di eventi avversi) è stato fatale», fanno sapere gli autori dell’analisi, tutti dipendenti dell’azienda farmacologica statunitense.
Al 17 dicembre 2022, 1.315.589.716 dosi di vaccino mRna-1273 erano state distribuite in 91 Paesi, e Moderna ha stimato prudenzialmente che ne fossero state somministrate circa 772.908.958 (58%). Negli Stati Uniti e nell’Unione europea, in particolare, le dosi erano state rispettivamente 248 milioni e 152 milioni.
Gli eventi avversi rilevanti di particolare interesse (Aesi) rappresentavano il 13,7% del totale delle 2.517.669 segnalazioni da farmacovigilanza passiva pervenute al Gsdb. Sono così definiti gli eventi gravi che provocano morte, ricovero ospedaliero, disabilità/danno permanente o altri danni che mettono a repentaglio il paziente e che potrebbero richiedere un intervento medico/chirurgico.
Vennero identificati 658.759 casi, associati a 2.517.669 eventi avversi. La maggior parte era stata segnalata in individui di età compresa tra 18 e 64 anni, più uomini (70,4%) che donne (67,5%), e gli eventi avversi si riferivano soprattutto alla popolazione Ue (338.208 casi, 51,3%), seguita da quella del Nord America (263.069 casi, 39,9%).
Se dopo «una finestra di rischio presunto di 21 giorni», quindi un tempo estremamente limitato di osservazione, e facendo riferimento solo a segnalazioni spontanee, lo 0,7% degli eventi avversi ha provocato la morte delle persone vaccinate con Moderna, possiamo solo ipotizzare quante saranno state le vittime non registrate.
Lo ammette lo stesso studio retrospettivo, finanziato da Moderna: «Una limitazione intrinseca è la natura spontanea dei casi ricevuti attraverso il sistema internazionale di segnalazione volontaria. Inoltre, quando si confrontano i tassi di segnalazione osservati di Aesi e i tassi di fondo attesi, vi è una mancanza di visibilità riguardo ai dati a livello di paziente e una disponibilità limitata di dettagli sull’esposizione in gruppi a rischio speciale che hanno ricevuto mRna-1273».
L’azienda statunitense che opera nel campo delle biotecnologie ha stimato 773 milioni di dosi di vaccino effettivamente somministrate in due anni, fino 17 dicembre 2022. Calcolando tre dosi a persona, fanno circa 250 milioni di vaccinati con Moderna. Se applichiamo la stessa percentuale di eventi avversi risultate da segnalazioni spontanee, possiamo calcolare lo 0,007 % di morti per vaccino Moderna.
Sarebbe più che bastato, per toglierlo dalla circolazione. Ricordiamo solo quello che accadde con Dengvaxia, il vaccino sperimentale contro la dengue prodotto dal gigante del farmaco francese Sanofi Pasteur e autorizzato dalla Fda delle Filippine nel 2015. Nel dicembre 2017, dopo che nuovi dati avevano confermato che il vaccino può aumentare il rischio di future malattie potenzialmente letali in soggetti mai esposti ai virus trasportati dalle zanzare, Sanofi aveva consigliato di somministrarlo solo a persone con precedenti infezioni da dengue.
Il governo delle Filippine ritirò immediatamente la licenza del vaccino e sospese un programma di vaccinazione finanziato con fondi pubblici che aveva già immunizzato 830.000 bambini, causandone la morte di 130 (lo 0,015%), secondo quanto dichiarò a settembre 2018 il sottosegretario del dipartimento della Salute, Enrique Domingo.
Di questi, 19 avevano la dengue, il che significa che avevano ragione alcuni scienziati allarmati perché una prima infezione è raramente fatale, «ma una seconda con un tipo di virus diverso può portare a una malattia molto più grave, a causa del cosiddetto potenziamento dipendente dagli anticorpi (Ade), in cui la risposta immunitaria al primo virus amplifica l’effetto del secondo tipo».
Come riportò Science, Rose Capeding ex capo del dipartimento della dengue dell’Istituto di ricerca per la medicina tropicale (Ritm) e altre 19 persone furono accusati di «imprudenza sconsiderata sfociata in omicidio», perché avevano «facilitato, con eccessiva fretta», l’approvazione di Dengvaxia e la sua diffusione tra gli scolari filippini.
Tornando a Spikevax, lo studio pubblicato su Open Forum Infectious Diseases avverte sulla tipologia di eventi avversi più gravi: «Questa analisi sulla sicurezza dell’mRna-1273 ha identificato prove di un aumento del rischio di anafilassi, miocardite e pericardite».
Per la popolazione complessiva, «il tasso di segnalazione di miocardite è stato elevato», scrivono. La miocardite si era verificata con un tasso maggiore in un arco di tempo inferiore a 7 giorni dopo la vaccinazione, «soprattutto tra gli individui di età compresa tra 12 e 40 anni» (3,89; IC al 95%, 3,50-4,32) e dopo la seconda dose «tra gli uomini di età compresa tra 12 e 40 anni».
ll tasso di pericardite era elevato «anche negli individui di età compresa tra 12 e 40 anni», nei sette giorni successivi alla vaccinazione. La finestra di rischio utilizzata era stata di 7 giorni, ma sappiamo che infiammazioni del muscolo cardiaco si sono manifestate anche in periodi di tempo più ampi.






