2020-10-21
Prove d’inciucio con l’ammucchiata pro Mes
Matteo Renzi (Antonio Masiello/Getty Images)
Nasce un intergruppo a favore del Salvastati con parlamentari renziani, azzurri e un grillino: partecipa pure il numero due del Pd, Andrea Orlando. Mentre Giuseppe Conte un giorno è a favore e un altro contro, i partiti manovrano. Può essere il primo passo per un nuovo governo.Dopo aver detto sul Mes una cosa domenica (all'insegna della chiusura) e, dopo il pressing rabbioso del Pd, una quasi opposta lunedì (all'insegna dell'apertura), ieri Giuseppe Conte ha pensato bene di dirle tutte e due insieme, tenendosi un po' ogni strada aperta. Il testimone della doppia dichiarazione è stato Bruno Vespa, che ha diffuso ieri alcune anticipazioni di un colloquio con il premier contenuto nel suo prossimo libro. Ecco il Conte aperturista: quanto al Mes «non ho mai escluso l'accesso. Queste decisioni politiche si prendono al tavolo di maggioranza dopo un confronto approfondito». Ed ecco subito dopo il Conte chiusurista: «I soldi necessari alla sanità possiamo trovarli anche diversamente. Il Mes è un debito». Alla domanda di Vespa se, prendendo il Mes, l'Italia farebbe una brutta figura, visto che finora nessun altro Paese lo ha chiesto, Conte sembra consolidare la nota chiusurista, ma in modo ultra attenuato e ammorbidito rispetto ai toni di domenica: «Non ho una mia valutazione. Oggettivamente prendo atto che Ignazio Visco ha detto che, visto che nessuno prende il Mes, ci sarebbe uno stigma per chi lo chiede. Io non so quantificare questo stigma». Intanto però in Parlamento le vedove del Mes sono inconsolabili e iperattive, al punto di aver dato vita a una sorta di intergruppo trasversale denominato nientemeno che «Mes subito». A prendere l'iniziativa sono stati due renziani, Camillo D'Alessandro e Vito De Filippo, che si sono messi al lavoro per raccogliere adesioni. La prima uscita di questo gruppo di pressione sarà oggi alle 16. Attenzione: se alcune presenze sono tutto sommato scontate o prevedibili, nel senso che si tratta di personalità e partiti da sempre favorevoli al fondo Salvastati (Matteo Renzi e molti parlamentari di Italia viva, diversi esponenti di Fi tra cui Renato Brunetta, l'eurolirico di Più Europa Riccardo Magi, il reduce di Noi con l'Italia Maurizio Lupi, alcuni ex grillini), ci sono un paio di fattori che invece vanno considerati sorprendenti. Per un verso, la presenza del grillino Giorgio Trizzino, che obiettivamente apre un fronte nel M5s. Per altro verso, ancora più rumorosa, l'adesione immediata del vicesegretario del Pd Andrea Orlando: non è davvero un evento comune che il numero due di un partito aderisca a un'iniziativa di peones. Segno che l'operazione politica è tutt'altro che casuale e marginale. A onor del vero, il testo della richiesta di adesione, recapitato via mail a tutti i parlamentari, non dice granché, se non le consuete banalità snocciolate dai favorevoli al ricorso al fondo: «Il riacuirsi del contagio, accompagnato dalla proroga dello stato di emergenza, impongono la necessità di utilizzare tutte le risorse disponibili a favore del sistema sanitario nazionale, a partire dal Meccanismo europeo di stabilità, senza rinvii. Per tali ragioni ti chiediamo di voler aderire all'intergruppo parlamentare “Mes subito", nell'ottica della funzione centrale del Parlamento che attivi ogni iniziativa utile…».Ma il punto politico reale è proprio la creazione di un «fatto compiuto» in Parlamento, ad esempio una mozione o una risoluzione (dopo la bocciatura una settimana fa di un analogo documento), che impegnino il governo a procedere.Da un punto di vista razionale, siamo davanti a qualcosa di surreale. Sono proprio queste le settimane in cui tutti in Europa scappano dal Mes (Spagna e Portogallo pure dalle condizioni stringenti del Recovery fund), proprio mentre è possibile per l'Italia emettere titoli nazionali a rendimenti negativi. Dunque, non ci sarebbero motivi per impiccarsi al fondo Salvastati. Non solo: con le Regioni che vanno ancora una volta in ordine sparso, e con le inefficienze del governo (dalle terapie intensive ai tamponi), tutta l'attenzione della maggioranza dovrebbe essere concentrata su immediate iniziative di buon governo. E invece la strategia di Nicola Zingaretti sembra essere quella di legare Conte all'albero del Mes. A microfoni spenti, fonti autorevoli della maggioranza lo confermano alla Verità: nella telefonata dell'altro giorno, il segretario del Pd avrebbe dato una specie di aut aut a Conte. O ti adegui, oppure ci sarà un fatto nuovo parlamentare che - a quel punto - ti vedrà soccombente, e dunque fungibile, sostituibile. Siamo a un embrione di nuova maggioranza? Presto per dirlo, ma i segnali ci sono. E hanno la stessa impronta con cui fu fatto nascere lo strano esperimento Pd-M5s: un assoggettamento totale del Paese al pilota automatico di Bruxelles. È significativo che - tra i sostenitori del Mes - nessuno si sia neppure posto il problema di chiedere la modifica dei regolamenti (in particolare il famigerato articolo 14 comma 4 del regolamento 472 del 2013) che possono consentire a Consiglio e Commissione Ue di imporre a uno Stato inserito nella «sorveglianza post programma» l'adozione delle temibili «misure correttive» (traduzione: tagli e tasse). Ma forse è proprio quello che qualcuno desidera.
13 ottobre 2025: il summit per la pace di Sharm El-Sheikh (Getty Images)
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