
Seicento scritte modificate in polemica filoaustriaca: «Violati i diritti dei sudtirolesi». La replica: «Il bilinguismo non si tocca».In Alto Adige il toponimo tedesco su oltre 600 cartelli stradali è stato coperto con la scritta Dna-Seit 97J, Deutsch nicht amtlich, che in italiano significa: «Il nome tedesco non è ufficiale da 97 anni». La spettacolare quanto capillare provocazione è stata messa in atto dagli Schützen altoatesini, che in questo modo hanno voluto richiamare l'attenzione sull'annosa questione della toponomastica. Gli eredi delle milizie popolari che difendevano militarmente il Sud Tirolo e che oggi sono riconosciuti come associazione culturale hanno scelto per la loro iniziativa il compleanno di Ettore Tolomei, autore del prontuario dei toponomi altoatesini, nato appunto il 16 agosto 1865.«Da 97 anni la questione della toponomastica è irrisolta. Siamo su un'altalena, che è in movimento, ma non fa passi avanti», ha affermato in una nota il comandante degli Schützen, Jurgen Wirth Anderlan. «In questa ferita aperta della nostra storia», ha proseguito, «le associazioni turistiche e le aziende gettano sale utilizzando l'opera di Tolomei e le sue invenzioni pseudo italiane». Il comandante Anderlan è poi andato oltre «la questione irrisolta della toponomastica», denunciando una progressiva sparizione del tedesco. «Il diritto a usare la madrelingua in molti settori pubblici non viene rispettato, dalla sanità alle istituzioni statali», ha detto ancora. «Quello che il fascismo non è riuscito a fare, viene portato a termine dal benessere». I discendenti delle truppe di Andreas Hofer hanno infine invitato a prendere la Svizzera come esempio: «Lasciamo essere gli italiani italiani, i tedeschi tedeschi e i ladini ladini».la legge del 1972In realtà il bilinguismo in Alto Adige-Sud Tirol è applicato al cento per cento in tutti i comuni del territorio, in special modo nel campo della toponomastica, come dall'altra parte ha potuto notare qualsiasi turista abbia messo piede nella provincia di Bolzano. Quello che gli Schützen contestano è piuttosto la mancanza di una legge che ufficializzi i nomi in tedesco. In realtà l'uso della lingua tedesca in tutti i settori della società, dalla scuola alla pubblica amministrazione, è garantito dalla legge costituzionale del 1972 sullo Stato dell'Autonomia, al quale però non è mai seguita una norma d'attuazione locale sul tema della toponomastica.la polemica politicaNella cornice di questa controversia, che va avanti da più di quattro decenni, il consigliere provinciale di Fratelli d'Italia Alessandro Urzì respinge le rivendicazioni degli Schützen, imputando proprio a questi ultimi e alla Südtiroler Volkspartei (Svp) la mancata approvazione di una legge provinciale sulla toponomastica bilingue: «Una patetica messinscena che vorrebbe ancora una volta fare passare per vittime i carnefici. Da decenni sono proprio loro, assieme alla classe politica di governo della Provincia, a rifiutare ogni legge che metta sullo stesso piano e riconosca lo stesso diritto (come riconosciuto peraltro dallo statuto di autonomia) ai nomi tedeschi e a quelli italiani».«Hanno rifiutato il diritto per tutti», ha spiegato ancora Urzì, «pretendendo una legge o una norma di attuazione che sostituisse i nomi italiani con quelli tedeschi. Ora però la pazienza deve avere un termine: nessuno tocchi l'idea stessa del bilinguismo, facendo intendere che per avere nomi ufficiali in lingua tedesca si debba passare per la cancellazione di quelli italiani».L'esponente di Fdi ha quindi annunciato la presentazione di una denuncia formale per perché sia accertata la responsabilità nella grave manomissione della segnaletica stradale da parte degli Schützen, «ma soprattutto sul grado di pericolosità sociale di una organizzazione con struttura paramilitare che in poche ore, in un'intera provincia, riesce a mobilitare decine se non centinaia di persone per una azione di danneggiamento di beni pubblici». Dal canto suo la Procura di Bolzano ha informato che verrà aperto un fascicolo su atti non costituenti reato. Dalla Procura informano infatti che «al momento non si ravvisano reati» nell'iniziativa messa in atto dai cappelli piumati. Resta il fatto che l'iniziativa sulla toponomastica è solo una delle tante provocazioni antitaliane che si sono verificate in questi anni in Alto Adige, dalla rimozione della segnaletica in lingua italiana sui percorsi di montagna e dei tricolori dalle sedi istituzionali fino alle richieste di riconoscimento della cittadinanza austriaca per tutti gli appartenenti del gruppo linguistico tedesco. «8.000 nomi Falsificati»E proprio in questi giorni alla Verità sono stati segnalati anche dei cartelli turistici apparsi in Valle Aurina (in cui tra l'altro la bandiera italiana viene rappresentata a strisce orizzontali anziché verticali) in cui, in un italiano sgrammaticato, si afferma che oltre 8.000 toponimi sono stati «falsificati» durante il periodo fascista e si condanna «questo crimine culturale».Non bisogna essere dei fanatici irredentisti italiani per sapere che, malgrado tutto, l'autonomia dell'Alto Adige (statuto speciale compreso) è considerata un modello per tutte le minoranze etnico-linguistiche del mondo, visto le garanzie stabilite sull'applicazione del bilinguismo e sulla rappresentanza politica locale e nazionale. Nulla a che vedere con i processi di assimilazione che si sono verificati in altre regioni europee come la Corsica e l'Istria.
Stefano Antonio Donnarumma, ad di Fs
L’amministratore delegato Stefano Antonio Donnarumma: «Diamante 2.0 è il convoglio al centro dell’intero progetto».
Rete ferroviaria italiana (Rfi), società del gruppo Fs, ha avviato un piano di rinnovo della propria flotta di treni diagnostici, i convogli speciali impiegati per monitorare lo stato dell’infrastruttura ferroviaria. L’operazione prevede nei prossimi mesi l’ingresso in servizio di due nuovi treni ad Alta velocità, cinque destinati alle linee nazionali e 15 per le reti territoriali.
L’obiettivo dichiarato è quello di rafforzare la sicurezza e la regolarità del traffico ferroviario, riducendo i rischi di guasti e rendendo più efficace la manutenzione. Tra i nuovi mezzi spicca il convoglio battezzato Diamante 2.0 (Diamante è l’unione delle prime tre sillabe delle parole «diagnostica», «manutenzione» e «tecnologica»), un treno-laboratorio che utilizza sensori e sistemi digitali per raccogliere dati in tempo reale lungo la rete.
Secondo le informazioni diffuse da Rfi, il convoglio è in grado di monitorare oltre 500 parametri dell’infrastruttura, grazie a più di 200 sensori, videocamere e strumenti dedicati all’analisi del rapporto tra ruota e rotaia, oltre che tra pantografo e catenaria. Può viaggiare fino a 300 chilometri orari, la stessa velocità dei Frecciarossa, consentendo così di controllare le linee Av senza rallentamenti.
Un’ulteriore funzione riguarda la misurazione della qualità della connettività Lte/5G a bordo dei treni ad Alta velocità, un aspetto considerato sempre più rilevante per i passeggeri.
«Diamante 2.0 è il fiore all’occhiello della flotta diagnostica di Rfi», ha affermato l’amministratore delegato del gruppo, Stefano Antonio Donnarumma, che ha viaggiato a bordo del nuovo treno in occasione di una corsa da Roma a Milano.
Attualmente, oltre al nuovo convoglio, Rfi dispone di quattro treni dedicati al monitoraggio delle linee tradizionali e di 15 rotabili destinati al servizio territoriale.
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