2019-05-31
Pronta la risposta di Tria all’Europa. È scritta con l’inchiostro della Lega
Il ministro incontra Matteo Salvini, Giancarlo Giorgetti, Massimo Garavaglia e gli economisti del Carroccio e prepara la replica alla Commissione. Ribadirà la minor spesa effettiva e la volontà di avviare quest'anno il taglio delle tasse.La risposta alla lettera Ue sulla situazione dei nostri conti pubblici partirà stasera come previsto. A imbucarla e mettere il francobollo è il ministro Giovanni Tria. L'inchiostro utilizzato è solo blu. Niente giallo. A dettare la linea, condivisa se non sposata da Tria, è stata la Lega, che ha potuto partecipare a una riunione capeggiata da Matteo Salvini, alla presenza di Giancarlo Giorgetti, Massimo Garavaglia, Claudio Borghi e Alberto Bagnai. Unico interlocutore, il ministro. Mentre i rappresentanti 5 stelle erano assenti, impegnati a gestire le emozioni in vista del voto della piattaforma Rousseau sul futuro politico di Luigi Di Maio. Sebbene l'esito apparisse da subito scontato, è stata la scusa ideale per essere altrove e lasciare campo libero alla Lega che dal canto suo ha fissato i paletti del post voto. Durante la conferenza stampa pomeridiana, Matteo Salvini dopo aver attaccato il ministro della Difesa, Elisabetta Trenta e quello delle Infrastrutture, Danilo Toninelli, ha spiegato chiaramente che nelle prossime settimane si dovrà affrontare il tema del taglio delle tasse, la cosiddetta flat tax, il decreto sicurezza e lo Sblocca cantieri. Senza indugi perché - ha aggiunto Salvini - al quarto «no» non siamo più disposti a far perdere tempo al Paese e a chi ha votato. Il capitolo economico e fiscale resta dunque il perno dell'equilibrio e della salvezza del governo di Giuseppe Conte e al tempo stesso della risposta alla Commissione Ue che stasera lascerà Via XX Settembre alla volta di Bruxelles. «Con il ministro Tria abbiamo avuto un confronto di un'ora e mezza sulla lettera di chiarimenti dell'Unione europea. Risponderemo con dati e numeri positivi che metteranno il Paese al riparo da altre lettere», ha detto Salvini, aggiungendo che «lo Stato italiano sta incassando di più e spendendo di meno del previsto. E questa per i controllori dovrebbe essere una buona notizia». Il riferimento è da un lato alla pace fiscale e dall'altro alle minori spese riconducibili al reddito di cittadinanza. Dunque, la lettera avrà un lungo preambolo, relativo alle stime del deficit con l'intento di non andare a muso duro ma di calmare un po' le acque dei calcoli. «Per il 2019 siamo abbastanza tranquilli, raggiungeremo gli obiettivi di bilancio che abbiamo concordato con la Commissione Ue», ha ribattuto dal Festival dell'economia di Trento Tria lasciando trapelare i pilastri della missiva. «Senza alcuna manovra per il 2019 ci sarà un deficit inferiore», ha spiegato. «Prevediamo che l'obiettivo del deficit 2019 sarà anche inferiore a quello scritto come previsione nel Def, senza alcuna manovra. Andremo meglio dal lato della spesa e dal lato delle entrate». Insomma, il compito del capo del Mef è tranquillizzare i mercati e preparare risposte abbastanza vaghe da non farsi trascinare dentro polemiche destinate a essere manipolate politicamente dalla Commissione Ue. «In un momento di rallentamento non siamo in condizioni di far aumentare il debito ma non possiamo nemmeno andare in modo accelerato a riduzione del debito», ha concluso ieri Tria, perché non darebbe «maggiore fiducia agli investitori». Il tema della crescita è fondamentale, ma in queste ore porre il diretto link tra deficit, taglio delle tasse e rialzo del Pil, sarebbe poco opportuno, sebbene sia un valido ragionamento. La Commissione lavora in base a parametri rigidi dettati dal Fiscal compact. Sostenere che il taglio delle tasse a deficit porterebbe alla crescita economica diventerebbe un argomento a sfavore dell'Italia. Per capire il paradosso basta leggere un articolo del Financial Times pubblicato ieri con tanto di intervento da parte di un docente della Bocconi. In una fase di recessione la crescita si valuta attorno all'«output gap», la differenza tra Pil potenziale e Pil effettivo. In poche parole o si sforano i parametri o non si innalza l'economia. Lo scorso anno un articolo su lavoce.info dedicato agli effetti del reddito di cittadinanza sull'economia tricolore a firma del medesimo docente, Tommaso Monacelli, si fa scappare il senso del cul de sac dell'Ue. «Si noti quindi il paradosso: quanto più il Rdc tende a produrre il vero scopo per cui è stato pensato, cioè un aumento della domanda aggregata e del Pil effettivo (e quindi maggiore lavoro e reddito), tanto meno è compatibile con il mantenimento dei vincoli europei di bilancio», si legge. «Quindi delle due l'una. O si dice onestamente al Paese che il Rdc è una misura che può essere finanziata solo in deficit, violando uno degli assunti del Fiscal compact; oppure si dice che si vuole rimanere in linea con il Fiscal compact, ma che la misura produrrà solo effetti minimi (o nulli) su occupazione e reddito». Ecco, questa è l'esatta sintesi di quando le misure si intraprendono a metà per via dei vincoli del Fiscal compact. Come è stato fatto con il taglio minimo della tasse nella scorsa manovra. Oggi, l'Italia ha una crescita dello 0,3% e affidarsi ai parametri Ue senza una vero taglio della tasse produrrà un budino informe e non una vera torta da pasticceria. È arrivato il momento di riparare ai mezzi interventi. Ieri Tria ha ammesso: «La flat tax è nei programmi del governo ed è chiaro che alla fine si farà, si sta studiando come e quando». Solo dopo l'estate il Mef svelerà le carte del deficit reale. Sarà un punto di caduta più o meno a metà tra il 2,04 e il 2,4% stimato dall'Ue. Ciò darà più margini di manovra, poi servirà coraggio fiscale.
Jose Mourinho (Getty Images)