2022-08-13
Per i progressisti la destra rimarrà impresentabile finché avrà identità
Giorgia Meloni (Imagoeconomica)
Conservatori e forze anti sistema saranno «autorizzati» solo se rinunceranno ai propri valori. Proprio come ha fatto la sinistra.Se non puoi impedire il voto, rendilo inutile. L’obiettivo delle estenuanti pressioni esercitate in queste settimane dal sistema mediatico-politico è evidentemente questo: sterilizzare ogni possibile deviazione rispetto alla rotta già tracciata, annichilire ogni forma di opposizione, comprimere sempre di più lo spazio di manovra degli schieramenti politici in modo che diventino pressoché indistinguibili. In parte, si tratta di un fenomeno già in corso da anni, e che si verifica spontaneamente all’interno del recinto liberaldemocratico. Già negli anni Novanta le ideologie sono state dichiarate defunte, e adesso tocca uccidere pure le idee (operazione quasi completata con successo). Le ali cosiddette estreme di tutti i partiti sono state tagliate, confinate nello sgabuzzino che si riserva agli impresentabili. Praticamente ogni capo politico è obbligato a definirsi in qualche modo liberale, e a fare professione di fede in una piattaforma valoriale liscia e «condivisa». Cosa che, in teoria, sarebbe pure opportuna: se si vuole competere democraticamente, ogni concorrente deve accettare le regole del gioco democratico. Il problema è che l’ideologia prevalente è andata ben oltre: non basta più accettare la logica del voto, non è sufficiente rispettare la legge. Ci sono posizioni che, col tempo, sono divenute semplicemente inaccettabili, impossibili da sostenere pena la censura o lo scomunica.I «valori Occidentali» in cui è obbligatorio riconoscersi non sono più quelli della tradizione europea, ma quelli che costituiscono la dottrina liberal, la quale non conosce né limiti né confini, disdegna le identità forti e punta alla cancellazione totale del dissenso. La sinistra italiana, negli ultimi decenni, ha provveduto autonomamente alla castrazione, e si è perfettamente adeguata ai dogmi emersi dalla «fine della Storia». Non è stato, in fondo, un percorso troppo difficile, anche perché il pensiero progressista è uno dei principali pilastri dell’edificio liberal. Subito dopo è toccato ai liberali (o sedicenti tali), anch’essi aiutati nel processo di auto-annientamento dalla fede cieca nel mercato. Adesso siamo alla fase conclusiva dell’operazione, ed è venuto il turno dei conservatori, cioè coloro che finora hanno faticato di più a sottomettersi perché ancora legati a un passato robusto.Osservate con attenzione che cosa sta accadendo in queste prime settimane di campagna elettorale. I partiti e i movimenti più fieramente contestatari si tenta di sopprimerli imponendo scriteriate raccolte firme e procedendo all’insulto sistematico, che talvolta arriva fino al linciaggio personale. E se anche questi sistemi violenti non dovessero rivelarsi sufficienti, resta comunque l’oblio mediatico: il minimo raglio di Calenda produce titoloni, per gente che ha potenzialmente il doppio dei voti (Paragone, Adinolfi&DiStefano, Toscano etc) non c’è manco una fotonotizia. Niente di inaspettato, per carità.Poi c’è la pratica Fratelli d’Italia. Giorgia Meloni, se non altro per il cumulo di consensi che le attribuiscono i sondaggi, di certo non può essere ignorata. Dunque che si fa? Facile: la si sottopone a un fuoco di fila micidiale, a pressioni sconvolgenti, ad assalti mediatici (e non solo) senza quartiere, per cui vengono mobilitati scrittori, intellettuali, Vip assortiti, forze straniere e rettiliani vari ed eventuali. Nell’arco di pochi giorni le hanno attribuito di tutto tranne, forse, l’abigeato.È l’unica donna alla guida di un grande partito, ma scrivono che è maschilista. Enrico Letta le fa una battuta triste (che a parti invertite sarebbe bollata di sessismo) sulla cipria, e le presunte femministe dalle prime pagine mica la difendono, anzi le gridano di non nascondersi dietro il sessismo a meno che non intenda appoggiare l’aborto facile e rimangiarsi le dichiarazioni su gender e utero in affitto.Le intimano di prendere le distanze dal fascismo, e la Meloni gira un video in tre lingue per ribadire ciò che già si sapeva, ovvero che non è fascista. Però ancora non basta. Repubblica ogni giorno va a cercare qualche suo legame con la onnipresente «estrema destra», salvo poi scrivere che la suddetta «estrema destra» è irritata in quanto Giorgia non è abbastanza estrema né abbastanza di destra.E comunque ancora non è sufficiente, perché subito parte lo psicodramma sulla Fiamma Tricolore presente all’interno del simbolo di Fratelli d’Italia, a cui la Meloni dovrebbe rinunciare per dare prova di essere buona e giusta. Piccolo particolare: l’emblema (disegnato forse dallo stesso Giorgio Almirante o comunque da lui portato nell’insegna del Movimento sociale) per anni non è stato presente nel logo di FdI. E le accuse di fascismo e nostalgismo sono sempre arrivate lo stesso. Per altro, l’Msi è sempre stato (salvo le minoranze interne) saldamente atlantista - come chiunque può verificare - eppure proprio in virtù delle lontane influenze missine l’attuale partito è sospettato di intelligenza con il nemico russofilo. A questo riguardo si potrebbe notare pure che per mesi i quotidiani di sinistra hanno celebrato i combattenti ucraini, i quali facevano larga esibizione di svastiche e rune. Ovvero gli stessi simboli che oggi i giornali in questione vanno cercando rabbiosamente nelle segrete di FdI, partito che ha sempre sostenuto Zelensky ma su Azov e simili non ha certo scodellato elogi.Pensate che sia finita? Vi sbagliate. Perché anche sul resto c’è legna da ardere in abbondanza. FdI non ha mai proposto di uscire dall’Ue, e allora viene accusato di essere come Orban, il quale sta saldamente dentro l’Europa ma - pensate che ingrato! - ogni tanto cerca di fare anche gli interessi della sua nazione. FdI propone di ridurre le tasse, e subito da sinistra strillano che si vogliono alleggerire soltanto i ricchi e non i poveri. Quando qualcuno risponde che non è così, sempre da sinistra giunge pronta la replica: comunque le tasse non si possono tagliare!A questo livello, i nodi della questione non sono difficili da individuare. Non ci sarà mai autodafé sufficiente a rendere la destra accettabile: verrà sempre fuori qualche autoeletta autorità morale pronta a sollevare il ditino contro gli odiatori e i cattivi fascistoidi. Ergo, alla destra non resta che una via per rendersi presentabile: rinunciare a essere destra, diventare il tono azzurro dello spettro liberal che già offre il giallo, il rosso e il verde.Su immigrazione, tasse, temi etici, ecologia, vaccini, green pass, obblighi, Pnnr, gas, Ucraina, insomma su tutto, bisogna che ci si attenga alla versione prevalente. Non precisamente quella «di sinistra», bensì quella sistemica, neutra e piatta, funzionale al potere attualmente dominante. Un potere che, per ora, non ci sta impedendo di votare (o non del tutto): vuole solo rendere la faccenda più smart, assicurandosi che sceglieremo la parte «giusta», qualunque essa sia.
Nucleare sì, nucleare no? Ne parliamo con Giovanni Brussato, ingegnere esperto di energia e materiali critici che ci spiega come il nucleare risolverebbe tutti i problemi dell'approvvigionamento energetico. Ma adesso serve la volontà politica per ripartire.