2020-12-12
Professionisti contro il dl Ristori. I medici: «Sbigottiti dal governo»
(Stefano Guidi/Getty Images)
Il decreto quater è ai blocchi di partenza, ma dalle categorie piovono critiche: «L'esecutivo ha lasciato fuori intere fette del mondo produttivo». Dottori furiosi: «Perché nel Recovery plan solo 9 miliardi alla sanità?»Parla lo chef stellato Mauro Elli: «Non riusciamo a pagare i costi Il 40% dei ristoranti della Lombardia non riaprirà più».Lo speciale contiene due articoli.Dl Ristori quater ai blocchi di partenza ma non mancano le critiche da parte dei professionisti. In commissione congiunta Bilancio e finanze al Senato si va verso un'intesa sugli emendamenti principali presenti all'interno del dl Ristori, che dovrebbe portare all'approvazione di un numero di modifiche comprese fra 50 e 100. Dei 600 milioni a disposizione per le modifiche, 380 sarebbero impegnati da emendamenti proposti dalle opposizioni sul trasporto pubblico (90 milioni), sul taglio alle bollette alle imprese (180 milioni), e sui trasferimenti alle Regioni (110 milioni). E dunque se da una parte il governo procede spedito verso l'approvazione finale del quarto dl Ristori, dall'altra diverse associazioni di categoria si mostrano critiche verso le misure in discussione. «Doveva essere fatto un intervento più organico», dichiara Marco Cuchel, presidente dell'associazione nazionale dei commercialisti (Anc). Anche questa volta, prosegue Cuchel, si sono lasciate fuori fette del mondo produttivo. Si sarebbero dovute comprendere «oltre a tutte le categorie colpite dalle chiusure forzate anche quelle che sono rimaste aperte», spiega il presidente del Anc. Con un piano più organico e preparato per tempo si sarebbe potuto, dunque, far fronte ed aiutare le diverse realtà economiche in Italia. Altro neo riguarda gli avvisi bonari. Cuchel ricorda infatti come per il momento tutti quei contribuenti che stanno affrontando una rateizzazione non sono oggetto di una proroga. E dunque devono rispettare le scadenze del mese, pena la decadenza dell'agevolazione fiscale. Critiche arrivano anche da Franco Fietta, presidente della fondazione Inarcassa. «Di questo passo, si rischia di perdere un'altra buona occasione per mettere al riparo i liberi professionisti, ma anche il Paese, da una crisi economica e professionale che si sta abbattendo con tutta la sua durezza», tuona Fietta. Il Presidente di Inarcassa sottolinea inoltre che al Senato, è stato presentato un emendamento al decreto Ristori che estende i contributi a fondo perduto anche ai liberi professionisti iscritti alle casse di previdenza private (al momento esclusi). «Una misura di buon senso che avrebbe lo scopo di fissare una piccola barriera alla significativa contrazione dei redditi 2020 prevista per i nostri iscritti. Un danno economico importante». Ed è proprio sul tema dell'esclusione dei professionisti dai ristori che Gaetana Stella, presidente di Confprofessioni, invoca, come si chiede ormai da diverso tempo al governo, di aiutare tramite il fondo perduto anche i lavoratori autonomi e i liberi professionisti che hanno subito una significativa contrazione del proprio fatturato, equiparandoli alle Pmi, come sancito dal diritto europeo. «Tuttavia, nonostante le tante promesse, neanche il dl Ristori quater ha rimediato a questa disparità di trattamento». Secondo Stella, «si percepisce una crescente sfiducia nei confronti dello Stato da parte di professionisti e lavoratori autonomi, che si sentono abbandonati e dimenticati dalle istituzioni proprio ora che la crisi economica sta aggravando le iniquità nei confronti di una categoria che, secondo gli ultimi dati Istat, da febbraio a oggi ha registrato un calo di oltre 136.000 unità». Anche perché, «i decreti legge Ristori (passati), con la loro distinzione per codici Ateco, si fermano alla superficie del problema. Dietro ogni esercizio costretto a chiudere per contenere la diffusione del contagio c'è una filiera di attività economiche connesse che rischiano di fermarsi, a cominciare dai liberi professionisti che assistono le imprese, e che restano ancora una volta esclusi da qualsiasi sostegno straordinario e privi di ammortizzatori sociali, tanto presso le casse di previdenza quanto presso la gestione separata Inps». Al coro delle critiche si unisce anche il Consiglio nazionale dei commercialisti (Cndcec). «Si sta perdendo un'altra occasione per dare un contributo ai liberi professionisti», tuona Giorgio Luchetta, vicepresidente del Cndcec. «Questa categoria si sta rendendo conto di essere invisibile agli occhi del governo. Tutte le grida di aiuto non sono state ascoltate». Secondo Lucchetta questo modo di agire da parte dell'esecutivo va a umiliare i liberi professionisti. Il vicepresidente sottolinea poi ancora una volta come, anche in questo decreto Ristori, siano presenti delle disparità. A pensar male si potrebbe dire che questo modo di operare sia dettato dal fatto che secondo il governo i lavoratori liberi professionisti appartengono ad una casta di privilegiati. E dunque non necessitano di aiuti economici. Nel frattempo si scaglia contro l'esecutivo anche la Federazione dell'ordine dei medici, ma questa volta sui fondi del Recovery plan: «È come se la montagna avesse partorito un topolino. Su 196 miliardi di euro del Recovery fund, solo 9 sono andati alla sanità. E questo in piena pandemia. Quando abbiamo bisogno di ospedali moderni, di assumere personale, di formare nuovi specialisti e medici di medicina generale», sottolinea il Presidente della Federazione degli ordini dei medici, Filippo Anelli, che aggiunge: «Come classe medica, siamo sbigottiti».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/professionisti-contro-il-dl-ristori-i-medici-sbigottiti-dal-governo-2649454418.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="i-miei-clienti-vengono-da-altri-comuni-cosi-incasso-solo-il-25" data-post-id="2649454418" data-published-at="1607717377" data-use-pagination="False"> «I miei clienti vengono da altri Comuni. Così incasso solo il 25%» Mauro Elli è lo chef del ristorante Il Cantuccio di Albavilla, che vanta una stella Michelin e che si trova in un piccolo Comune in provincia di Como. È anche il vicepresidente della Fipe, la Federazione italiana pubblici esercizi. Per lui, come per tanti altri ristoratori, la possibilità di avere clienti in arrivo da Comuni limitrofi può fare una differenza sostanziale. Del resto, spiega alla Verità, già così, chiudendo alle 18 e permettendo solo l'asporto, c'è ben poco da festeggiare per la categoria. Quanto costa per un ristoratore tenere aperto solo a pranzo? «Il mio settore mi obbliga ad avere dei costi fissi. Per questo, in molti casi tenere aperto a pranzo non consente ai ristoratori di coprire le spese per non perdere soldi. Qui non si tratta di creare utili, si tratta di avere la possibilità di pagare i costi che abbiamo. Bisogna considerare che solo il personale di un ristorante incide per il 50-60%% sui costi. Poi ci sono bollette e affitti che circa, a spanne, valgono un altro 10% di spese legate ad utenze. Poi ci sono le spese legate alla materia prima. Io, ad esempio, punto molto sulla qualità e sotto un certo livello non posso scendere. Alla fine, per fare utile, io ho molto chiaro in testa quanti coperti devo fare ogni settimana. Sotto quella soglia vado in perdita. Ecco perché, nonostante il passaggio a zona gialla, io so che in Lombardia un 35-40% dei ristoranti non riaprirà. Bisogna considerare che in certi ristoranti come il mio si va prettamente solo la sera o il sabato e la domenica. Io al momento sono cosciente che aprirò in perdita. Ciononostante, voglio dare un servizio ai miei clienti e, così facendo, perdo un po' meno. Io, prima del Covid, ero aperto sei sere su sette e tre pranzi. Quando potremo riaprire io starò aperto sette pranzi. Nella realtà per me saranno importanti quello della domenica e quello del sabato. Il resto farò pochi coperti. Per farla breve, io aprirò il mio ristorante sapendo che lavorerò intorno al 25% del mio normale fatturato». C'è poi il problema del tira e molla sullo spostamento tra Comuni. La Lombardia chiede la deroga. Un ristorante come il suo sarebbe molto penalizzato in caso fosse vietato spostarsi. Qual è la percentuale di clienti che viene da fuori del comune nel suo caso? «Nel mio caso il 90-95% dei clienti viene da fuori di Albavilla. Certo, io voglio comunque garantire il servizio a quelle quattro o cinque famiglie che vogliono mangiare da me. Certo è che a livello economico non funziona. Per noi ristoratori il Natale è un giorno importante, ma non così fondamentale per i conti del ristorante. Certo, un locale come il mio a Natale è sempre pieno. Io ho clienti che prenotano da un anno con l'altro. Quest'anno verranno in pochi, lo so già. Saranno numeri che non giustificano un'apertura. Se va bene avrò 10-15 persone su un totale di 35-40 coperti il 25 dicembre. Del resto, senza turisti, sono in molti a tenere giù la serranda anche in posto più turistici di Albavilla». Alla fine dell'anno che fatturato avrà realizzato rispetto al 2019? «Io credo che saremo al di sotto del 50% circa rispetto al 2019». Quanto incide la delivery sul suo fatturato? «Il mio lavoro si basa sull'offrire prodotti di alta qualità. Questo incide molto sui costi. Noi abbiamo deciso di fare il servizio di asporto senza appoggiarci ai grandi servizi di consegna del cibo e portando noi le vivande a casa dei clienti. Anche in questo caso, lo faccio per il servizio. A conti fatti, il servizio incide pochissimo sul fatturato annuale. Noi lo facciamo solo il sabato e la domenica. In settimana non viene richiesto». Viste le difficoltà, immagino avrà chiesto dei ristori. Sono arrivati? «Le parlo come vicepresidente Fipe. Io credo che il 60-70% siano arrivati, ma in molti casi non sono ancora arrivati. A me, personalmente, sono arrivati pochi giorni fa. In ritardo rispetto al 15 novembre previsto».
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