2021-06-01
Princeton taglia greco e latino dalla facoltà
L'università dove ha insegnato Albert Einstein elimina l'obbligo di studiare le lingue classiche per accedere alle specializzazioni. Per i fanatici della «cancel culture», i testi che si rifanno alla storia di Roma e Atene sono all'origine di fascismo e razzismo.«L'ignoranza non è una virtù». Lo disse Barack Obama, senza citarlo, riferendosi a Donald Trump in un discorso per l'inizio dell'anno accademico alla Rutgers University. Era il 2016. Ora siamo nel 2021 e parte dell'intellighenzia dei democratici americani, la stessa parte politica di Obama, vuole abolire gli studi classici latini e greci, quelli che là vengono chiamati «Classics». Sapete perché? Udite, udite: la cultura classica sarebbe all'origine della cosiddetta «white culture», la cultura dell'uomo bianco, dalla quale sarebbero derivati il colonialismo, il nazismo, il fascismo e soprattutto il razzismo. Non è servito a nulla neanche quello che ha detto uno dei più grandi studiosi afroamericani, Cornel West, che ha ricordato che «Martin Luther King leggeva Socrate». Niente da fare, l'università di Howard di Washington e nientepopodimeno che Princeton hanno decretato che queste materie vanno abolite per favorire una cultura non razzista e della diversità. In particolare, la facoltà di studi classici di Princeton ha deciso di eliminare l'obbligo, per i laureati in materie classiche, di conoscere il greco e il latino per poter poi accedere ai corsi di specializzazione, i «concentrations».Uno storico di Princeton, tale Dan-el Padilla Peralta, un classicista, ha dichiarato che spera che i greci e i romani siano tolti dal loro piedistallo pur a costo di distruggere la disciplina. Ora, anche all'ignoranza c'è un limite. Soprattutto se viene da università così prestigiose come Howard e Princeton. Tra l'altro a Princeton ci insegnò tale Albert Einstein che magari il nostro Padilla Peralta (da oggi in poi almeno nella nostra concezione sarà Padella Perbassa) considererà un minore, ma gli vorremmo ricordare che detto Einstein ripetute volte si rifece ad una cultura umanistica interrogandosi sul senso di ciò che stava facendo e sul senso del mondo. Per carità, Peralta forse da piccolo ha giocato al piccolo chimico e ha pensato di essere anche uno scienziato, a noi francamente ci pare poco più di uno stupido. Ma scusate, allora perché non vietare lo studio in tutte le facoltà teologiche americane del Vecchio Testamento perché in esso è rintracciabile un Dio della guerra o un Dio degli eserciti? Non è forse questa una evidente radice culturale guerrafondaia e antipacifista? Chissà se alla università di Howard e a quella di Princeton sanno che nello scorso secolo si sono moltiplicati gli studi sul Vecchio Testamento di tipo esegetico, filologico, ermeneutico? Detto in parole povere: studi che mirano a far capire cosa significano quelle cose nel tempo in cui sono state scritte e quindi a relativizzarle all'epoca della loro origine? Si dice che si vogliono togliere di mezzo i classici perché sarebbero all'origine della cultura dell'uomo bianco e quindi del razzismo. Chissà, se sanno che in Grecia è nata la filosofia e a Roma è nato il diritto? Perché la risposta a queste domande equivale ad un ko di Mike Tyson al primo round nei confronti di questi sapientoni democratici americani.In Grecia nacque la filosofia nell'agorà, nelle piazze, dove si discuteva usando la ragione e non appellandosi alla mitologia. Usare la ragione significa difendere le idee non per autorità (questo è il fascismo, questo è il nazismo e questo è il comunismo che stranamente non è citato) ma per autorevolezza, per ragionamento ad armi pari, la tua ragione contro la mia ragione: tu devi dimostrare che io ho torto non perché lo ha detto una divinità ma perché mi devi dimostrare che quello che dico è illogico, irragionevole, privo di senso. Il dissenso, la varietà di opinioni, sono la radice della democrazia che per l'appunto, guarda caso, è nata in Grecia ed è coeva dello sviluppo della filosofia antica.A Roma è nato il diritto ed è nato anche quello che si chiama diritto individuale, cioè il diritto di tutti indipendentemente dalle singole situazioni e dalle singole appartenenze, cioè il diritto che il cristianesimo chiamerà diritto della persona. Qui sono le radici dei diritti umani, Giustiniano è nato prima di Thomas Jefferson. La Dichiarazione di Indipendenza degli Stati Uniti d'America del 1776 viene dopo la Dichiarazione della Rivoluzione francese e viene anche dopo la Magna Charta del 1215. Non c'è storico del diritto che non riconosca le ascendenze greco-romano-cristiane di questa storia millenaria dei diritti individuali. Certo lo sappiamo tutti che in Grecia ci fu la schiavitù, lo sappiamo tutti che a Roma ci fu la schiavitù, e ci furono le persecuzioni dei cristiani di Nerone e Diocleziano perché non volevano sottomettersi ad uno Stato che si riteneva divino, la Statolatria. Sappiamo tutti la guerra che la chiesa fece a Galileo e della quale Giovanni Paolo II si scusò nei confronti dell'umanità intera. Quello che preoccupa è dover ricordare queste cose a due prestigiose università americane e ad alcuni dei loro esponenti. Da ora in poi personalmente comprerò qualsiasi abito senza le maniche perché Padilla, detto Padella, mi ha fatto cadere le braccia che di solito sono resistenti più di un'altra parte del corpo che però, comunque, mi ha personalmente messo a dura prova. Mi sono permesso un po' di ironia finale perché questa gente è a mala pena degna delle barzellette.
Il simulatore a telaio basculante di Amedeo Herlitzka (nel riquadro)
Gli anni Dieci del secolo XX segnarono un balzo in avanti all’alba della storia del volo. A pochi anni dal primo successo dei fratelli Wright, le macchine volanti erano diventate una sbalorditiva realtà. Erano gli anni dei circuiti aerei, dei raid, ma anche del primissimo utilizzo dell’aviazione in ambito bellico. L’Italia occupò sin da subito un posto di eccellenza nel campo, come dimostrò la guerra Italo-Turca del 1911-12 quando un pilota italiano compì il primo bombardamento aereo della storia in Libia.
Il rapido sviluppo dell’aviazione portò con sé la necessità di una crescente organizzazione, in particolare nella formazione dei piloti sul territorio italiano. Fino ai primi anni Dieci, le scuole di pilotaggio si trovavano soprattutto in Francia, patria dei principali costruttori aeronautici.
A partire dal primo decennio del nuovo secolo, l’industria dell’aviazione prese piede anche in Italia con svariate aziende che spesso costruivano su licenza estera. Torino fu il centro di riferimento anche per quanto riguardò la scuola piloti, che si formavano presso l’aeroporto di Mirafiori.
Soltanto tre anni erano passati dalla guerra Italo-Turca quando l’Italia entrò nel primo conflitto mondiale, la prima guerra tecnologica in cui l’aviazione militare ebbe un ruolo primario. La necessità di una formazione migliore per i piloti divenne pressante, anche per il dato statistico che dimostrava come la maggior parte delle perdite tra gli aviatori fossero determinate più che dal fuoco nemico da incidenti, avarie e scarsa preparazione fisica. Per ridurre i pericoli di quest’ultimo aspetto, intervenne la scienza nel ramo della fisiologia. La svolta la fornì il professore triestino Amedeo Herlitzka, docente all’Università di Torino ed allievo del grande fisiologo Angelo Mosso.
Sua fu l’idea di sviluppare un’apparecchiatura che potesse preparare fisicamente i piloti a terra, simulando le condizioni estreme del volo. Nel 1917 il governo lo incarica di fondare il Centro Psicofisiologico per la selezione attitudinale dei piloti con sede nella città sabauda. Qui nascerà il primo simulatore di volo della storia, successivamente sviluppato in una versione più avanzata. Oltre al simulatore, il fisiologo triestino ideò la campana pneumatica, un apparecchio dotato di una pompa a depressione in grado di riprodurre le condizioni atmosferiche di un volo fino a 6.000 metri di quota.
Per quanto riguardava le capacità di reazione e orientamento del pilota in condizioni estreme, Herlitzka realizzò il simulatore Blériot (dal nome della marca di apparecchi costruita a Torino su licenza francese). L’apparecchio riproduceva la carlinga del monoplano Blériot XI, dove il candidato seduto ai comandi veniva stimolato soprattutto nel centro dell’equilibrio localizzato nell’orecchio interno. Per simulare le condizioni di volo a visibilità zero l’aspirante pilota veniva bendato e sottoposto a beccheggi e imbardate come nel volo reale. All’apparecchio poteva essere applicato un pannello luminoso dove un operatore accendeva lampadine che il candidato doveva indicare nel minor tempo possibile. Il secondo simulatore, detto a telaio basculante, era ancora più realistico in quanto poteva simulare movimenti di rotazione, i più difficili da controllare, ruotando attorno al proprio asse grazie ad uno speciale binario. In seguito alla stimolazione, il pilota doveva colpire un bersaglio puntando una matita su un foglio sottostante, prova che accertava la capacità di resistenza e controllo del futuro aviatore.
I simulatori di Amedeo Herlitzka sono oggi conservati presso il Museo delle Forze Armate 1914-45 di Montecchio Maggiore (Vicenza).
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