2019-05-09
Primo colpo giuridico all’utero in affitto
La Corte di Cassazione ha rigettato la domanda di una coppia gay che voleva iscrivere all'anagrafe i bimbi nati da madre surrogata. Ribadito il divieto sancito dalla legge italiana, che vieta la pratica. Stoppate le fughe in avanti dei sindaci che l'avevano sdoganata.Le sezioni unite della Corte di cassazione hanno detto no. In Italia non è possibile trascrivere all'anagrafe il provvedimento di un giudice straniero che riconosce il rapporto di filiazione tra un minore frutto di un concepimento tramite maternità surrogata e un soggetto che non abbia con lui alcun rapporto biologico. È quanto stabilito con la sentenza 12.193, pubblicata ieri, che rigetta la domanda di riconoscimento del provvedimento per «due minori concepiti da uno dei componenti di una coppia omosessuale mediante il ricorso alla procreazione medicalmente assistita, con la collaborazione di due donne, una delle quali aveva messo a disposizione gli ovociti, mentre l'altra aveva provveduto alla gestazione».La legge 40 del 2004In Italia l'utero in affitto è illegale, ribadisce la Corte, ricordando il divieto espresso all'articolo 12 della legge 40/2004 e «ravvisando in tale disposizione un principio di ordine pubblico, posto a tutela della dignità della gestante e dell'istituto dell'adozione». La sentenza da questo punto di vista è chiara e rappresenta un altolà importante, vista anche la fonte delle Sezioni unite civili. L'aggiramento improprio di queste norme e principi non è praticabile, al contrario di una certa moda che ha visto sindaci e giudici procedere con fantasia.All'inizio dell'estate 2018 diversi sindaci, tra cui Chiara Appendino, Torino, e Virginia Raggi, Roma, si erano avventurati nella registrazione all'anagrafe di minori concepiti all'estero tramite pratiche non legali in Italia. L'utero in affitto veniva di fatto ad essere avvallato dribblando la legge attraverso una pubblica registrazione che sanciva così un mercimonio di gameti e uteri, per tacere di eventuali feti «dispersi», con il risultato di bambini che vengono privati di una mamma o di un papà con una firma e un passaggio di denaro. Una pratica che qualcuno non esita definire barbara, in cui le donne diventano «fabbriche» e i bambini «prodotti». Sylviane Agacinski, moglie dell'ex primo ministro socialista francese Lionel Jospin, ha scritto un saggio che si intitola non a caso Corpi sbriciolati, in cui afferma appunto che «l'utero in affitto viola i diritti delle donne e dei bambini». La Corte ieri ha messo un bel punto su questa faccenda, ma chissà se sarà sufficiente per arrestare la voglia di progresso di amministratori e giudici in vena di superare anche il parlamento.Stepchild adoptionIn epoca di «nuovi diritti» spesso fondati sul mero desiderio, in questo caso quello di una coppia omosessuale di essere genitori, nonostante una chiara impossibilità dettata da madre natura, non è affatto detto che la sentenza di ieri sia sufficiente per arginare la marea montante. Peraltro il Centro studi Livatino rileva che quanto stabilito dalla Corte, se da una parte ha i pregi di cui abbiamo accennato, dall'altra mostra una tendenza ad avvallare comunque una certa mentalità. Si tratterebbe, scrivono in una nota i giuristi del Centro, di una «estensione della cosiddetta stepchild adoption ai casi di maternità surrogata: quel che non è consentito all'ufficiale dello stato civile, cioè il riconoscimento come figlio dei “committenti" del nato da maternità surrogata, parrebbe consentito col ricorso all'adozione da parte degli stessi “committenti"». In altri termini, non si approva la pratica dell'utero in affitto in via diretta, ma si passerebbe di fatto da un'altra via, quella dell'istituto dell'adozione: la coppia va all'estero, ottiene il figlio tramite maternità surrogata e poi lo rende proprio giuridicamente attivando una procedura di adozione. «Un messaggio pilatesco», scrive il Livatino, «visto che conduce comunque a un esito di legittimazione, se pure per altra via, della maternità surrogata».Il punto non è secondario: la pratica dell'utero in affitto deve poter essere fermata in modo inequivocabile. Le voci contrarie non si levano soltanto dal mondo conservatore o cattolico, ma anche da diversi intellettuali come il filoso ateo e libertario Michel Onfray, il quale ha apertamente parlato di «pratica sociale ingiusta e che lede i diritti fondamentali dell'essere umano». Fin dove possa spingersi una pratica di questo tipo è stato rilevato in un recente caso avvenuto in Nebraska, dove una donna in menopausa ha deciso di diventare «madre surrogata» per conto di suo figlio: in pratica la nonna ha partorito la nipote. Le cose sono andate così: Matthew, il figlio della signora, e il suo compagno Elliot volevano un figlio e per risolvere il problema la coppia gay ha costruito una bella filiera: la signora in menopausa ha messo l'utero, Elliot il seme, e la sorella di Elliot (quindi la zia) ha messo l'ovulo. Non è semplice districarsi, ma tant'è.Battaglie per la legalitàIn merito alla sentenza di ieri Toni Brandi e Jacopo Coghe, presidente e vicepresidente del recente Congresso mondiale delle famiglie a Verona, hanno sottolineato che questo «verdetto dà ragione alle nostre battaglie e ci dice che non sono vane oltre che rispettose delle legalità e della ragione». Ma anche loro rilevano preoccupazione per la «porta lasciata aperta» attraverso il percorso «dell'adozione particolare». Filippo Savarese di Citizengo Italia chiede che i sindaci «che hanno trascritto nei loro registri comunali atti di nascita stranieri di bambini avuti con l'utero in affitto» cancellino quegli atti illegittimi.
Jose Mourinho (Getty Images)