2023-08-06
Tre aliquote Irpef e premi detassati. I primi passi della riforma fiscale
In settimana via alle commissioni per i decreti attuativi. A gennaio 2024 semplificazioni, abolizione del maxi acconto di novembre e revisione della no tax area. L’obiettivo è avere due scaglioni entro 24 mesi.Approvata la legge delega che fissa i principi della riforma del fisco, vanno emanati i decreti che attuano quei principi o che, se vogliamo usare un termine in realtà assai abusato, dovrebbero mettere a terra quelle stesse regole generali. Un passo importante è stato fatto, ma la storia legislativa del Paese ci insegna che il bello viene proprio adesso. Non a caso l’attenzione per una delle novità più attese della legislatura si è spostata su tempi e modalità di attuazione. Partiamo da un presupposto: una volta approvata in Parlamento le legge delega ha 24 mesi di tempo per essere «realizzata», quindi pensare che da settembre-ottobre avremo tre anziché quattro aliquote Irpef, che sarà abolita l’Irap, ci sarà la mini-Ires, una revisione delle accise e un contenzioso più amichevole in un colpo solo è pura utopia. Ma anche immaginare che l’iter procederà a passo di tartaruga è sbagliato. In realtà alcune delle novità più significative potrebbero essere già contenute nei primi decreti del dopo estate e alcune piccole rivoluzioni fiscali dovrebbero essere indirizzate nella prossima legge di Bilancio.Nei primi giorni della settimana e comunque prima della pausa estiva verranno istituite le commissioni, divise per materia, non saranno non meno di 5-6 e che lavoreranno sui decreti da mandare in Parlamento entro la fine di settembre. I primi dovrebbero riguardare i processi di semplificazione. In Parlamento ci vorranno almeno un paio di mesi e quindi se si vogliono mettere in cantiere risultati per il 2024 bisognerà correre. «Abbiamo messo le basi per una riforma epocale», spiega il relatore della delega fiscale Fabrizio Sala a La Verità, «ci vorranno diversi mesi per attuarla in toto ma l’obiettivo è quello di arrivare alle tre aliquote Irpef (rispetto alle attuali quattro: 23,25, 35 e 43% ndr) già nel 2024 e di ridisegnare a breve i contorni della no tax area (tra le ipotesi l’innalzamento della soglia dei lavoratori dipendenti, oggi ferma a quota 8.145 euro ai livelli del limite previsto per i pensionati, 8.500 euro annui ndr)». Sala indica alcune delle priorità (la prima riforma dell’Irpef dovrebbe costare circa 3 miliardi), ma a cavallo tra gli ultimi mesi del 2023 e i primi del 2024, tra decreti e legge di bilancio, dovrebbero essere poste le basi anche per la minimum global tax che dovrà entrare in vigore a partire dal primo giorno del nuovo anno. Lo stesso governo, infatti, ha presentato un emendamento ad hoc alla legge delega per recepire una direttiva Ue (15% l’aliquota minima per le aziende con un fatturato non inferiore ai 750 milioni di euro) che chiede di introdurre un livello minimo di tassazione da applicare alle multinazionali (Google, Meta, Apple, Amazon ecc). I decreti attuativi stabiliranno oltre all’aliquota anche un regime sanzionatorio per le potenziali violazioni. Poi ci sono il concordato preventivo biennale per le piccole imprese (accordo tra il Fisco e il contribuente che fissa per due anni la base imponibile, in modo che il primo saprà a monte quante tasse dovrà versare al secondo nei prossimi due anni) e l’estensione alle Pmi della definizione delle imposte ex ante che oggi riguarda solo le grandi aziende. Misure dalle quali il governo si aspetta di incassare risorse. Perché l’impronta della delega è molto chiara: a tagli dovranno corrispondere entrate e quindi anche nell’individuazione di un cronoprogramma bisogna tener presente questo principio. Inoltre, secondo l’altro relatore alla legge delega, il leghista Alberto Gusmeroli, sempre nella manovra potrebbero trovar posto «la detassazione di premi di produzione e straordinari e l’abolizione delle microtasse o dell’Irap». Così come dal 2024 dovrebbe essere rateizzato il maxi acconto fiscale di novembre che si pagherà da gennaio a giugno dell’anno successivo. L’obiettivo, insomma, è quello di dare un impulso fortissimo alla riforma nei prossimi mesi. Certo, molto dipenderà dallo stato di salute dei conti pubblici e dalle risorse che potranno essere messe in campo, ma anche da quelle che si troveranno cammin facendo. Si parla da tempo, per esempio, di abolizione del superbollo che peraltro non è prevista in modo esplicito (l’articolo 10 parla di un generico riordino delle tasse automobilistiche e non prevede maggiori oneri per la finanza pubblica), ma è anche vero che non mancano studi secondo i quali incentivando l’acquisto di auto di grossa cilindrata le nuove entrate Iva andrebbero più che a compensare il mancato gettito del bollo. Il 2024 invece dovrebbe essere l’anno della riforma delle accise sull’energia e della svolta nella riscossione con la riduzione delle sanzioni amministrative e delle sanzioni penali accessorie. I reati saranno infatti limitati ai comportamenti più gravi, come la presentazione delle dichiarazioni infedeli e l’omessa dichiarazione, perché secondo il governo l’azione penale ha scarsi effetti deterrenti sull’evasione. Mentre le sanzioni amministrative che, per esempio sull’Iva, possono arrivare al 240% dell’imposta, in futuro non dovrebbero superare la soglia del 60%. Intanto si conta di avviare la riduzione dell’Ires, legata alle assunzioni e agli investimenti e il progressivo superamento dell’Irap. E la razionalizzazione del numero delle aliquote Iva. Lo schema è quello di rendere più omogeneo il trattamento di beni e servizi similari. Così come potrebbero diventare esenti alcuni beni di prima necessità come pasta, pane e latte. Nel 2026 invece si punta a chiudere su Ires ed Irap certo, ma soprattutto sull’Irpef con il completamento della riforma che ha l’obiettivo di ridurre le aliquote a due scaglioni. C’è tempo e soprattutto c’è da scommettere che per arrivare dama ci saranno tanti ostacoli da superare.
Il giubileo Lgbt a Roma del settembre 2025 (Ansa)
Mario Venditti. Nel riquadro, da sinistra, Francesco Melosu e Antonio Scoppetta (Ansa)