2019-05-08
Dalla farsa alle minacce. Al Salone del libro ora invocano le manette
Dopo il surreale dibattito sul boicottaggio della kermesse, si passa ai modi ruvidi. Altaforte denunciata per apologia del regime. Luigi Di Maio: «Condivido l'azione».Dopo la farsa, ora sono passati alle minacce. Il dibattito sulla presenza al Salone del libro di Torino di Altaforte, da grottesca disputa pseudoculturale, si è tramutato in una questione di ordine pubblico, manette e polizia. Il presidente della Regione Piemonte, Sergio Chiamparino (Pd), e il sindaco di Torino, Chiara Appendino (M5s), hanno denunciato Francesco Polacchi, proprietario della casa editrice, per apologia di fascismo. I due amministratori piemontesi «ritengono il rappresentante della casa editrice Altaforte e la sua attività professionale nel campo dell'editoria estranee allo spirito del Salone del libro e, inoltre, intravvedono nelle sue dichiarazioni pubbliche una possibile violazione delle leggi dello Stato». Anche il vicepremier Luigi Di Maio ha voluto dire la sua: «Condivido l'azione giudiziaria», ha dichiarato. Lo scopo del ministro pentastellato è, al solito, quello di attaccare Salvini e, più in generale, la destra, proprio come accaduto con il Congresso delle famiglie di Verona. L'azione legale potrebbe tuttavia condurre all'esclusione del piccolo editore di destra dalla kermesse libraria: poiché insulti e attacchi a mezzo stampa hanno fallito, i progressisti ora tentano la strada tribunalizia. Intanto, un risultato l'hanno raggiunto: sono riusciti a manipolare e snaturare. Ora sembra che l'oggetto del contendere siano le dichiarazioni rese alla Zanzara da Polacchi, che si è definito fascista. Sai che notizia. Il giovane imprenditore è di Casapound e non ne ha mai fatto mistero. Ma la casa editrice che dirige non è una propaggine del movimento politico. Le idee che esprime sono quelle contenute nei libri pubblicati, non quelle personali del proprietario. Eppure, non si capisce bene a che titolo, anche «l'attività professionale nel campo dell'editoria» viene giudicata «estranea allo spirito del Salone del libro». Davvero curioso. Probabilmente Di Maio, Chiamparino e Appendino hanno letto i giornali, ma non hanno nemmeno sfogliato i libri di Altaforte. Ieri, sul Fatto, Tomaso Montanari e Salvatore Settis (che diserteranno il Salone), hanno scritto che questi volumi sarebbero «esplicitamente fascisti e nazisti». Ah sì? È nazista il libro intervista a Salvini? È nazista il libro di Francesca Totolo sul business delle Ong, o il mio sulle derive del femminismo? Se la produzione di Altaforte è nazista e va bandita dal Salone, allora bisognerà cacciare una bella fetta degli editori presenti: tutti quelli che pubblicano testi in odore di destra, a partire da Einaudi, Rizzoli e Mondadori. In realtà, a nessuno dei presunti intellettuali di sinistra importa un fico secco di idee e contenuti. I più sono soltanto ansiosi di farsi pubblicità e di esibire le mostrine da antifascisti patentati. Per questo fanno a gara a chi la mette giù più dura. Da qui l'escalation nei toni. Due giorni fa il dilemma progressista era: andiamo a Torino oppure stiamo a casa? Ci presentiamo in pompa magna oppure arriviamo di soppiatto e ci aggiriamo lanciando occhiatine di superiorità? Ieri, invece, hanno cominciato a fare capolino le maniere forti. Sul Corriere della Sera, Sandro Veronesi si è cimentato in un mirabile esercizio di equilibrismo. Ha spiegato che andrà al Salone (e ne ha approfittato per fare lo spot al suo incontro) e ha esibito saldi valori democratici. Poi, però, ha invocato l'intervento della forza pubblica. A suo dire, sono i giudici a doversi esprimere su Altaforte e i suoi autori: «Sono compatibili con la XII disposizione della Costituzione e con la legge Scelba?», si è chiesto. «Se per caso venisse fuori che no, che non sono compatibili, allora avremmo il diritto di vedere bonificata la nostra società da queste infestazioni. Come? Lo dicono la Costituzione e il codice penale: lo scioglimento, l'arresto, la detenzione». Sentite che prosa democratica: «Bonificare la società da queste infestazioni». Frasi degne del miglior Beria. E poi: arresto, detenzione? Ma per chi, e per cosa? Qui stiamo parlando dei libri di una casa editrice e dei loro autori. Se uno pubblica per Altaforte va arrestato e spedito in galera? «Diteci come dobbiamo comportarci con questa gente», chiede ancora Veronesi ai giudici. Sarebbe stato un perfetto autore di regime a Mosca. Anche Marcello Sorgi, sulla della Stampa, ha evocato la legge Mancino, presentata come «la soluzione» alla questione Altaforte. Meno chiacchiere, più polizia, evviva la democrazia. Del resto, la prima pagina del quotidiano torinese di ieri era uno spettacolo. Ecco il titolo principale: «Il Salone del libro finisce nella trappola dell'editore di Casapound». La trappola? Altaforte paga regolarmente uno spazio, i suoi autori vengono insultati e minacciati di censura, e tutto ciò sarebbe un tranello ordito da Casapound? A che scopo, quello di farsi denunciare? Tra i vari difensori della democrazia c'è persino chi non si accontenta dell'intervento giudiziario. A Paolo Flores d'Arcais, direttore di Micromega, la legge Mancino non basta. Anche se Altaforte non è stata condannata per apologia di fascismo, istigazione all'odio razziale o altro, questo non è un buon motivo per ammetterla al Salone e includere i suoi autori nel novero degli esseri umani. Flores spiega che «tirare in ballo la magistratura è la forma ormai standard di viltà». L'editore di destra e le sue firme sono «fuori dalla patria», non meritano che con loro si dibatta. «Con i fascisti non si tratta», scrive il luminare, e ci manca solo che aggiunga: «Sparare a un fascista non è reato». Se la prende persino, chissà perché, con Pietrangelo Buttafuoco, il quale con Altaforte nemmeno pubblica. In compenso scrive sul Fatto, giornale che a Flores d'Arcais non dovrebbe essere del tutto estraneo. Il lato positivo è che, finalmente, sono venuti allo scoperto, hanno mostrato chi sono davvero: gente che invoca le purghe, la mordacchia, persino l'esilio per chi esprime opinioni diverse e non è gradito. Niente dibattiti, niente ragionamenti: denunce, polizia, disinfestazione. Il prossimo Salone del libro si farà alle Molinette.