2020-03-05
Giuseppi ci ha inguaiato nel mondo. Ma forse il virus viene dalla Germania
Misura presa in ritardo, su indicazione dell'Istituto superiore di sanità. Giuseppe Conte implora flessibilità dall'Ue, ma il voto sui 3,6 miliardi di deficit slitta alla prossima settimana.Peggio del virus in sé, solo un governo letteralmente allo sbando nel pieno dell'emergenza virus: incapacità di decidere, atroci balletti di comunicazione, e - in ultima analisi - la sensazione che al volante non ci sia nessuno. L'esempio più grave si è materializzato ieri sul tema delicatissimo delle scuole e delle università: per il numero di persone coinvolte, e anche per il caos organizzativo scaricato sulle spalle di genitori e famiglie. Alle 14.04 di ieri, un lancio Ansa (basato su fonti governative, le stesse che avevano anticipato la notizia a molte testate) annunciava la chiusura di scuole e atenei da oggi fino a metà marzo. In pochissimi minuti, le agenzie internazionali rilanciavano la notizia. Ma già verso le 14.18 tutti i media registravano il mezzo contrordine del ministro Lucia Azzolina: «Nessuna decisione sulle scuole è stata presa, non c'è la chiusura al momento. Abbiamo chiesto al comitato tecnico-scientifico una valutazione se lasciarle aperte o chiuderle, e la decisione arriverà nelle prossime ore. Sarete tutti informati». A stretto giro di posta, inevitabile l'uscita di contorti lanci delle agenzie internazionali (Associated Press) o delle maggiori tv globali (Bbc) per certificare il caos e il marasma: «A final decision has not yet been confirmed», «una decisione finale non è stata ancora confermata».Inutile girarci intorno: dopo l'egemonia della Casaleggio Associati, stiamo assistendo da giorni - con conseguenze devastanti - a un curioso dominio di quella che si potrebbe chiamare Casalino Associati: una gestione della comunicazione del governo contraddittoria, ansiogena, capace in pochi giorni di proiettare l'Italia su tutti i media del mondo come principale responsabile dell'emergenza, perfino oscurando il regime cinese. Alla fine, la decisione è arrivata. Si sono dovute attendere le 18, quando sono comparsi Giuseppe Conte e la Azzolina in conferenza stampa per confermare la chiusura fino al 15 marzo, con la curiosa spiegazione che la situazione dell'epidemia «cambia rapidamente». Conte, arrampicandosi sugli specchi, ha parlato di notizia uscita anzitempo in modo «improvvido» (come se la comunicazione di Palazzo Chigi non dipendesse da lui, o come se la colpa fosse dei media), e ha tentato di giustificare le lunghe ore di incertezza con una valutazione sollecitata dal ministro Roberto Speranza e affidata con il consenso di tutti i ministri al professor Silvio Brusaferro, presidente dell'Istituto superiore di sanità. In conferenza, i due hanno sfiorato il ridicolo: Conte sostenendo che «noi della trasparenza abbiamo fatto sempre la nostra regola d'azione», e la Azzolina aggiungendo che «non è stata una decisione semplice». Ma da ieri pomeriggio circola il retroscena per cui la Azzolina abbia scatenato il caos proprio per non vedersi scippare da altri l'annuncio. Nel frattempo, sono stati i leader dell'opposizione a farsi carico dei problemi delle famiglie: «È urgente», ha detto Matteo Salvini, «stanziare aiuti economici per i genitori che lavorano, e che con le scuole chiuse hanno problemi con i figli a casa». Sulla medesima linea Giorgia Meloni: «Dobbiamo aiutare le famiglie per dove tenere i figli». Intanto, sul fronte economico, si è registrato l'ennesimo rinvio. Tecnicamente, il governo deve prima portare in Parlamento (nella forma di una relazione) la richiesta di deroga ai saldi di finanza pubblica originariamente fissati per quest'anno: anche il piccolo margine dello 0,2% di Pil (i risicatissimi 3,6 miliardi per ora stanziati) richiede infatti una votazione a maggioranza assoluta. Dopo di che, il Consiglio dei ministri potrebbe riunirsi per il varo di uno o più provvedimenti. È infatti possibile che diverse misure restino separate, o invece convergano in un unico decreto: sia il Mef, sia il Mit, sia il Mise stanno lavorando su più fronti, dagli indennizzi alle imprese alla cassa integrazione, dalla sburocratizzazione sul modello di Genova a misure di favore per le imprese che riporteranno la produzione in Italia. Ma è inutile sottolineare che il tema vero non sono i «titoli», bensì la quantità di risorse a disposizione. Quelle che, nel suo videomessaggio da Palazzo Chigi, il premier spera di ottenere dall'Ue: «Chiederemo la flessibilità necessaria». Per ora, tutto appare in alto mare. Lo stesso incontro dell'altra sera a Palazzo Chigi con i capigruppo dell'opposizione, che doveva servire per raccogliere le proposte di tutti i gruppi sul versante economico, è stato invece dominato dal preannuncio delle misure che poi si sono materializzate nelle 24 ore successive (no ad abbracci e strette di mano, distanze di sicurezza, un'altra raffica di chiusure, eventi sportivi a porte chiuse, eccetera). Misure precauzionali - giova ricordarlo - già consigliate da molti giorni in Paesi che pure hanno un decimo o un ventesimo dei nostri contagiati, e assunte qui in grande ritardo, dopo l'errore del mancato isolamento obbligatorio di chiunque fosse di ritorno dalla Cina. Tornando ai provvedimenti economici, già il primo step (quello sul deficit) vedrà una votazione parlamentare solo la prossima settimana. Prima sarà sentita la Commissione europea (come se non ci fossero già state due settimane per farlo, e come se l'Ue dovesse regalarci denaro: si tratta solo di usare denaro dell'Italia), poi si passerà alla discussione nelle commissioni Bilancio, e infine si arriverà in Aula, dove serve la maggioranza assoluta. Caos anche in Regione Lazio, dove Fdi ha denunciato la clamorosa assenza di Nicola Zingaretti, Presidente della Regione e segretario del Pd, dalla riunione straordinaria del Consiglio dedicata all'emergenza.