2021-04-07
Pressing di Salvini per le riaperture. E lo segue anche un pezzetto del Pd
Il leader della Lega: «Nuovi protocolli per teatri, palestre e ristoranti. Ribadirò le nostre proposte a Mario Draghi» L'esasperazione inizia a spaccare i dem. Andrea Marcucci: «Spero che dal 20 aprile si possa ridare ossigeno»No, non sono cambiati i dati, le cifre, i parametri, i colori. Né si è pronunciato il sinedrio del Cts. Ma è stata la «rabbia dei miti», e cioè per un verso la manifestazione di ristoratori e esercenti a Montecitorio e per altro verso una serie di sondaggi univoci, a far comprendere al ceto politico che la misura è colma. Moltissimi cittadini non ne possono più di chiusure e lockdown striscianti, e in particolare la mezza Italia del privato, delle partite Iva, oggettivamente sacrificata da oltre un anno (e non di rado ignorata o addirittura offesa da politica e media) segnala in tutti i modi che occorre voltare pagina. Un'eloquente ricerca curata da Alessandra Ghisleri, pubblicata domenica sulla Stampa, sta passando di mano in mano nel mondo politico: «Sette italiani su dieci dicono basta alle restrizioni». Alcuni (dalla Lega a Fratelli d'Italia) lo sostenevano già da prima, a onor del vero. Altri sembrano iniziare a comprenderlo soltanto adesso: si sa che i politici vedono la «luce» quando sentono il «calore». Il primo a battere anche ieri sul tasto della necessità di un piano di riaperture è stato Matteo Salvini, dopo l'esito in chiaroscuro del Consiglio dei ministri della scorsa settimana che da un lato (bicchiere mezzo vuoto) non aveva deciso nessuna luce verde automatica e dall'altro (bicchiere mezzo pieno) aveva comunque evocato possibili nuove deliberazioni del cdm anche senza aspettare fine aprile. Così il leader leghista ha tenuto il punto e rilanciato: «Riaperture in sicurezza, dove i dati lo consentono, e nuovi protocolli per rivedere il numero di accessi in teatri e impianti sportivi, senza dimenticare palestre, bar, ristoranti e negozi: un nuovo protocollo è già stato chiesto per aumentate il pubblico all'Arena di Verona. La Lega c'è e presto ribadirò le nostre proposte concrete e ragionevoli al presidente del Consiglio Mario Draghi. La stella polare resta il supremo interesse degli italiani». Dentro il perimetro della maggioranza, toni convergenti anche da Forza Italia: «Pensiamo che si possa iniziare a ragionare, con tutte le precauzioni del caso, in merito a interventi mirati», ha detto il capogruppo azzurro alla Camera Roberto Occhiuto, aggiungendo l'auspicio che «già nella settimana tra il 12 e il 18 aprile ci possa essere un primo tagliando di verifica».Fuori dalla maggioranza, concorde anche Giorgia Meloni, che ha evidenziato una contraddizione esplosiva, quella tra la chiusura forzosa delle aziende e l'insicurezza dei trasporti pubblici: «Per mesi hanno raccontato ai cittadini che il trasporto pubblico era sicurissimo, ma oggi la verità è sotto gli occhi di tutti: i mezzi pubblici sono veicolo di contagio». Invece, ha aggiunto la leader di Fdi, «i due governi che si sono susseguiti hanno colpevolizzato bar, palestre e ristoranti, chiudendo le loro attività già in ginocchio e che da tempo seguivano tutte le norme anti contagio. Un paradosso assurdo di cui adesso qualcuno deve rispondere davanti agli italiani». E ora come si procederà? Prima di una nuova auspicabile deliberazione in cdm, Draghi vedrà giovedì le Regioni. Ufficialmente sul tavolo ci sarà il Recovery plan, ma i governatori (se n'è fatto interprete il probabile futuro presidente della Conferenza Stato Regioni, il leghista Massimiliano Fedriga) hanno chiesto con forza che ci sia una prospettiva concreta per un ampio arco di attività, con riaperture già del 20 aprile in alcuni casi e poi a maggio anche negli altri. Dicevamo che il nuovo clima nel Paese sembra contagiare anche forze che, fino a qualche giorno fa, si attestavano nella trincea chiusuriste. È il caso dell'ex capogruppo al Senato Pd Andrea Marcucci, che ieri in un post su Facebook, in prima battuta ha mantenuto una linea di estrema cautela: «Il metro di giudizio individuato dal presidente Draghi è quello giusto. A decidere sulle parziali aperture anche nel mese di aprile, devono essere solo i dati. Non è possibile essere aperturisti a prescindere e naturalmente neanche per il lockdown prolungato (curiosamente scritto da Marcucci così: “lookdown", ndr)». Poi però l'improvviso cambio di tono: «Io sono tra coloro che sperano che dal 20 aprile ci sia la possibilità di ridare un po' di ossigeno a qualche categoria, soprattutto a quelle che possono operare all'aperto, come bar e ristoranti». Ma guarda, qualcosa finalmente si muove…Per paradosso (si potrebbe dire: ex malo bonum, nel senso che a volte una conseguenza positiva può venire anche da una circostanza negativa) è proprio il rallentamento, o se vogliamo la mancata accelerazione del piano di vaccinazioni, che potrà e dovrà indurre il governo a rivedere il suo approccio. Un conto sarebbe stato se la campagna vaccinale avesse conosciuto un'accelerazione potentissima: in quel caso, qualcuno avrebbe ancora potuto usare l'eterno argomento dell'«ultimo sforzo» richiesto agli italiani. Ma se invece, come appare purtroppo chiaro, ci vorranno ancora sei-sette mesi, è evidente che occorre calendarizzare al più presto le riaperture. Anche qui gioverebbe seguire l'esempio britannico: oggi tutti ammettono che Boris Johnson ha fatto bene a prevedere le riaperture in quattro tappe (marzo, aprile, maggio, giugno), ma pochi ricordano che il premier inglese ebbe il coraggio e la lungimiranza di decidere quel cronoprogramma tra gennaio e febbraio, quando ancora in Uk i morti si contavano a centinaia al giorno. Ha avuto ragione lui anche in questo caso, mentre qui in troppi lo sbeffeggiavano.
Antonella Sberna (Totaleu)
Lo ha dichiarato la vicepresidente del Parlamento Ue Antonella Sberna, in un'intervista a margine dell'evento «Facing the Talent Gap, creating the conditions for every talent to shine», in occasione della Gender Equality Week svoltasi al Parlamento europeo di Bruxelles.