2022-04-29
«Presenta sintomi? Niente tampone». Così il centro privato ti manda a spasso
Le contraddizioni del sistema sanitario: pioggia di convenzioni e poca integrazione per decongestionare le strutture pubbliche.«Buongiorno, ho prenotato un tampone molecolare». «Tessera sanitaria, prego. Per cosa le serve?». «Ho un principio di tracheite e voglio quindi fare un controllo». Panico. «Ah…». La signorina dietro il vetro della reception, giovanissima, elegante, garbata, mi guarda interdetta. Esita qualche istante, riflette, mi risponde: «Sa, se ha sintomi non lo può fare qui da noi». E l’interdetta a questo punto sono io. «Come, non posso farlo da voi se ho sintomi? E allora perché mai dovrei chiedere un tampone molecolare? L’ho prenotato proprio perché li ho!». «Capisco, ma deve andare all’Asl, contattando il suo medico curante per la ricetta. Indiii? Scusami, vieni un attimo?». Da una delle stanzette del laboratorio di analisi privato esce un’altra ragazza molto giovane, di nazionalità indiana probabilmente, e raggiunge la collega in reception. «Indi, la signora ha prenotato un molecolare, ma ha dei sintomi. Deve andare all’Asl, vero? Che dici, possiamo farglielo noi?». La receptionist pone quest’ultima domanda come se in fondo attendesse un timido assenso, per provare a forzare quella che per loro - capisco subito dopo - è una procedura precisa. L’altra, però, anche lei con modi garbati, mi guarda quasi a scusarsi e, altrettanto timidamente, ribatte: «No, mi spiace, non possiamo noi se ha sintomi, deve passare per il suo medico…». A questo punto inizio a inalberarmi: «Ma io non sono di qui, sono di Roma, e il mio medico è lì! Come faccio a farmi prescrivere un tampone su Verona?». Le due si guardano: «Potrebbe andare alla guardia medica?». Si girano poi verso di me e suggeriscono: «Dopo ci sono i drive in, prenota, va in coda e glielo fanno lì». «Ma vi rendete conto di cosa significhi? Dove la trovo una guardia medica! E il drive in! Non so neanche come spostarmi. Ma possibile che non possiate fare il tampone a chi ha sintomi? Ma che li fate a fare?», ribatto io, sempre più nervosa. «Sa, è anche per proteggere noi», aggiunge la receptionist, con un sorriso accennato. Che serve a poco per calmarmi. Io sbotto definitivamente: «Si rende conto che è una cosa ridicola e assurda? Ci sono centinaia di asintomatici super contagiosi che vengono a fare il tampone da voi!». largo agli asintomaticiTaccio sul fatto che mi son già sottoposta a un antigenico, risultato negativo, e continuo: «Avrei quindi fatto meglio a dirvi che non ho nulla! Vorrei capire come una persona temporaneamente fuori sede possa scoprire rapidamente se è positiva, così da intervenire subito, nel caso!». Riprendo nervosamente la mia tessera sanitaria e, brontolando, me ne vado di scatto. «Ma robe da matti, fate soldi sulla salute della gente e quando serve non date il servizio, grazie!», bofonchio uscendo dalla porta d’ingresso. Sono furiosa. Mi risuona in testa il «è anche per proteggere noi». Meno male che i dipendenti dei laboratori analisi e tutti i lavoratori della sanità sono vaccinati, e per obbligo, penso! «A cosa vi serve il vaccino se avete continuamente paura di fare il vostro lavoro?! Dovreste sentirvi protetti, no? E invece…», dico, nera, tra me e me. Oltretutto considerata la giovanissima età delle due gentili impiegate, già di per sé statisticamente a basso rischio in caso di contagio. Continuo a riflettere sul fatto che la sanità privata dovrebbe essere complemento e completamento della sanità pubblica, almeno quella in convenzione. Dovrebbe contribuire a decongestionare strutture e servizi delle aziende locali e ospedaliere, che non riescono - stante lo stato comatoso in cui versa il settore un po’ ovunque - a soddisfare la domanda di salute della popolazione. A maggior ragione con l’emergenza Covid, come abbiamo purtroppo visto negli ultimi due anni. diagnosi ritardateNel caso dei tamponi, in particolare, ricordo bene quando, dopo mesi di mancate o ritardate diagnosi causa penuria di risorse e ambulatori in cui effettuarli, si era deciso di autorizzare i privati a erogare il servizio. Anche per avere referti celeri, fondamentali - come ormai sappiamo - per garantire quelle terapie precoci che, nella quasi totalità dei casi, sembrano evitare l’aggravarsi del contagio. Ebbene, scopro invece che c’è chi, nel privato, esegue tamponi solo a persone che scoppiano di salute (quindi sostanzialmente inutili). Per tutte le altre - che sono poi quelle che ne hanno realmente bisogno - continua a valere il risucchio nel girone infernale dei medici curanti introvabili, siti o call center Asl per prenotazioni a volte impossibili e drive in con file spesso interminabili. E lì capisci non solo di dover evidentemente scontare peccati di cui non conoscevi l’esistenza, ma anche che il tuo diritto alla salute è in fondo solo un accessorio. Nessuno se ne occupa e preoccupa davvero, nemmeno a due anni e mezzo di distanza dallo scoppio della pandemia. Ciò che conta realmente, in materia Covid, è solo il green pass, acquistabile, con cifre dai 22 ai 120 euro, ovunque e quando tu voglia, purché il test ti serva appunto per lavorare, usare i mezzi pubblici, andare in discoteca. Ma non per poterti curare. Ps. Alla fine il tampone l’ho fatto, in un’altra struttura della stessa catena di laboratori, dove ho prenotato subito dopo. La receptionist mi ha direttamente chiesto: «Le serve per viaggiare?». Ho risposto «Sì».
Leonardo Apache La Russa (Ansa)
Nessuna violenza sessuale, ma un rapporto consenziente». È stata archiviata l’indagine a carico di Leonardo Apache La Russa e l’amico Tommaso Gilardoni, entrambi 24enni, accusati di violenza sessuale da una di ventiduenne (ex compagna di scuola di La Russa jr e che si era risvegliata a casa sua).
Nel riquadro, Howard Thomas Brady (IStock)