Dopo Taranto, Vado Ligure e Trieste, Cosco manifesta il suo interesse per le aree dell’ex Ilva a Cornigliano. Un’avanzata che preoccupa, alla luce degli allarmi statunitensi sui rischi di spionaggio strategico negli scali.
Dopo Taranto, Vado Ligure e Trieste, Cosco manifesta il suo interesse per le aree dell’ex Ilva a Cornigliano. Un’avanzata che preoccupa, alla luce degli allarmi statunitensi sui rischi di spionaggio strategico negli scali.Taranto, Vado Ligure, Trieste e adesso pure Genova. I cinesi puntano a chiudere il cerchio sui porti italiani. Dell’espansione in Puglia abbiamo scritto molto negli ultimi mesi e anche negli ultimi giorni, dopo che la società Progetto Internazionale 39, partecipata da un delegato del governo di Pechino, ha vinto la gara per aggiudicarsi la piattaforma logistica del porto pugliese (la cosiddetta Zona economica speciale Jonica). Ieri il Secolo XIX ha scritto che le aree occupate dall’ex Ilva a Cornigliano, il quartiere alla periferia Ovest di Genova, stanno attirando l’interesse dei big dello shipping: non solo del colosso delle crociere Msc, ma anche di Gmt-Csm e dei cinesi di Cosco. Secondo il quotidiano, sono sei le manifestazioni di interesse per una fetta dell’area siderurgica di 400.000 metri quadrati e tra gli ultimi a bussare alla porta delle istituzioni c’è anche Cosco shipping lines, controllata dallo Stato cinese. La società, viene aggiunto, non ha per ora presentato un progetto dettagliato, ma una lettera in cui dichiara di condividere la volontà del Comune di destinare nuove aree alla logistica e comunica di essere interessata ad aree «nell’ottica di un investimento presente e futuro sul territorio ligure, con importanti progetti come la creazione di un autoparco, fondamentale sia dal punto di vista logistico, di sostenibilità cittadina e di occupazione». Secondo fonti vicino al dossier Cosco, prosegue l’articolo del Secolo XIX, guarderebbe a spazi per 50.000-100.000 metri quadri, sui quali organizzare attività logistiche con relativi magazzini. «L’interesse manifestato da Cosco è ancora di massima e noi incontreremo prestissimo il gruppo per meglio comprendere e soddisfare le esigenze», ha spiegato al quotidiano Davide Falteri, consigliere delegato dal sindaco ai nuovi insediamenti industriali. In ogni caso, l’interesse del Dragone non è casuale. Arriva proprio mentre la strana Srl sino-italiana si sta allargando su Taranto, dove è già presente Ferretti, il costruttore di barche di lusso controllato dalla società statale cinese Weichai. E dopo che lo scorso autunno la stessa Cosco ha preso una quota di uno dei terminal del Porto di Amburgo, che controlla a sua volta il 51 per cento di una delle piattaforme logistiche del Porto di Trieste. Intanto, sullo sfondo c’è l’allarme lanciato nei giorni scorsi dalle pagine del Wall Street Journal. Secondo un’inchiesta del giornale americano, i funzionari Usa sono sempre più preoccupati che le gigantesche gru di fabbricazione cinese che operano nei porti sparsi nel Paese, compresi quelli utilizzati dai militari, possano fornire a Pechino un possibile strumento di spionaggio. Alcune fonti del Pentagono hanno paragonato le gru ship-to-shore realizzate dal produttore cinese Zpmc a un «cavallo di Troia», perché contengono sensori sofisticati in grado di registrare e tracciare la provenienza e la destinazione dei container, suscitando preoccupazioni che la Cina possa acquisire informazioni sul materiale spedito dentro o fuori gli Stati Uniti per supportare le operazioni militari americane in tutto il mondo. Le gru potrebbero anche fornire un accesso remoto a qualcuno che cerca di interrompere il flusso di merci, ha affermato Bill Evanina, un ex alto funzionario del controspionaggio statunitense. Paragonando le gru a una «nuova Huawei», le cui infrastrutture sono state messe al bando negli States dopo aver avvertito che potrebbero essere utilizzate per spiare gli americani. Un rappresentante dell’ambasciata cinese a Washington ha definito le preoccupazioni degli Usa per le gru un tentativo «guidato dalla paranoia» di ostacolare il commercio e la cooperazione economica con la Cina. I rappresentanti di Zpmc, il cui nome completo è Shanghai Zhenhua Heavy Industries, non hanno invece risposto alle richieste di commento del quotidiano. Di certo, la Cina produce quasi tutti i nuovi container di spedizione del mondo e la Zpmc afferma di controllare circa il 70% del mercato globale delle gru e di aver venduto le sue attrezzature in più di 100 Paesi. Le enormi gru vengono generalmente consegnate ai porti completamente assemblate su navi e sono gestite tramite software di fabbricazione cinese. Zpmc è inoltre una filiale di China communications construction, uno dei principali appaltatori dell’iniziativa Belt and Road lanciata da Xi Jinping.Come ricorda il sito Formiche.net, la Cina produce e controlla anche un importante servizio di raccolta dati sulle spedizioni chiamato Logink, utilizzato anche in Italia nei porti di La Spezia e Marina di Carrara. Non solo. In Italia, aggiunge il sito, opera anche Zpmc, con una Srl creata nel 2017 che ha sede a Vado Ligure (Savona) ed è stata scelta da Apm terminals quale partner strategico per i servizi di assistenza continuata del nuovo Vado gateway. Questo è il terminal container deep sea del porto di Vado Ligure, gestito da Apm terminals Vado Ligure Spa, società italiana composta da: Apm terminals (50,1%); dal colosso statale cinese Cosco Shipping ports (40%) e Qingdao port international (9,9%). Di nuovo i cinesi.
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