2020-07-03
Porte girevoli all’hotel dei migranti infetti
Da sogno turistico di Porto Recanati a «ghetto verticale» popolato da 1.309 persone di una ventina di etnie diverse. Lì c'è l'unico focolaio delle Marche. Ma i controlli sono sospesi. Il sindaco spiega: «Li facciamo ogni 4 giorni». Ma l'isolamento non è rispettato.«Non c' è nessun trucchetto sotto. Abbiamo solo cambiato il sistema di rilevazione. Ora i tamponi si fanno casa per casa e ogni 4 giorni». Roberto Mozzicafreddo - sindaco di Porto Recanati, centrista - cerca di salvare il salvabile di una stagione turistica disastrosa e di contagi non parla volentieri. Qui reggono a fatica perché tra sabato e domenica migrano gli umbri ora che il collegamento - grazie ai governi di Centrodestra che hanno costruito la variante della tortuosa 77 - è diventato agevole, altrimenti sarebbe il deserto.Non si può parlare di allarme coronavirus, tanto meno d'infetti tra i migranti, i clandestini che affollano il «ghetto verticale» dove da almeno una settimana non si fanno controlli: lo vietano le esigenze economiche. Oggi (ieri per chi legge) la Regione ha comunicato che in tutte le Marche ci sono solo 3 nuovi positivi, ma che là dove c'è l'unico focolaio attivo per l'ennesima volta non si sono fatti tamponi. È una dolorosa nemesi quella di Porto Recanati, dove nei primissimi anni Settanta fu costruito un immenso palazzone a «tre canti» per soddisfare il desiderio della casa al mare. È l'hotel House: gli appartamenti andarono a ruba, oggi si comprano a meno di diecimila euro. Il fatto che siano di proprietà non consente l'unica soluzione: abbatterlo. I portorecanatesi non ne possono più di decenni di spaccio, prostituzione, immigrazione clandestina. Lì è successo di tutto: hanno persino trovato un cimitero abusivo con le ossa di vittime di omicidi mai risolti. Da sogno turistico a «ghetto verticale» popolato da 1.309 persone di una ventina di etnie diverse. Queste sono le cifre ufficiali perché in realtà nessuno sa davvero chi entra e chi esce. Né quanti sono e da dove vengono quelli che ci dormono, ci spacciano, ci vendono e si vendono.In questi giorni l'hotel House è il solo focolaio di coronavirus delle Marche. Matteo Salvini - che da ministro dell'Interno ha fatto molto per mettere sotto controllo il «ghetto verticale» - una settimana fa ha proposto per sgombrarlo di trasferire tutti altrove, in case che la Regione dovrebbe comprare tra quelle invendute. Lo ha applaudito la gente, dalle istituzioni solo silenzio. Eppure le Marche hanno pagato un prezzo alto all'epidemia (6.789 positivi, 36.600 isolati, 987 morti dall'inizio) e hanno dovuto contrastare anche il governo: sia quando il ministro Francesco Boccia ha impugnato l'ordinanza di chiusura delle scuole, sia per l'ospedale Covid realizzato a Civitanova Marche in un mese da Guido Bertolaso su incarico del governatore Luca Ceriscioli (il Pd non lo ricandida alle regionali) e ora (per fortuna) vuoto. Nel palazzone i casi di Covid sono 18 e almeno 400 sono quelli in quarantena. «Ma sono stabili» ci tiene a precisare il sindaco. È davvero così? «È quanto risulta dai tamponi». Ma da almeno una settimana di controlli non ce ne sono. Appena hanno scoperto i primi due positivi al «ghetto verticale» hanno creato una sorta di cordone sanitario. Sono arrivati cinque portieri volontari che dovrebbero controllare gli accessi, hanno allestito in quattro container nel cortile i punti di prelievo. Rullo di tamburi il 16 giugno: facciamo i tamponi a tutti. Si parte con 250 e vengono fuori i primi dieci positivi, poi con altri 230 e arrivano altri sei positivi poi… poi cominciano i bollettini del Gores (è la struttura regionale di controllo sul coronavirus) che informano: «Oggi non sono stati fatti tamponi all'hotel House». E via così di giorno dopo giorno. La gente mormora e il sindaco spiega: «Abbiamo deciso di fare i controlli a campione direttamente nelle abitazioni. Alla fine tutti i 1.309 residenti dell'hotel House saranno monitorati. Non c'è nulla da nascondere; peraltro molti sono già in quarantena». Che non viene rispettata. Carabinieri e Polizia stazionano costantemente davanti al palazzone perché i portieri che dovrebbero segnare le generalità di chi entra e chi esce, ma è difficile che i clandestini facciano il bel gesto, lamentano continue fughe. Succede di giorno e soprattutto di notte quando attorno al palazzone c'è un «gran traffico». Arrivano qui a comprare sesso e droga. E qualcuno ci lascia le penne. L'ultimo caso è del 19 giugno; mentre si facevano i tamponi su una panchina del cortile i poliziotti hanno trovato un ragazzo magrebino in coma per overdose. Anche ieri quattro ordinanze di custodia cautelare eseguite all'alba (tre in carcere e una ai domiciliari) a carico di due pakistani, un sudanese e un italiano. L'accusa è sempre la stessa: spaccio di droga, 4.500 cessioni di stupefacenti in un solo anno corrispondenti a circa 7 chilogrammi di eroina. Ma guai a parlare di ghetto. Roberto Mozzicafredo ci tiene a spiegare: «All'hotel House si sono fatti molti passi avanti. Abbiamo censito i residenti e cancellato le residenze fittizie». Ora il palazzone è nelle mani di un amministratore giudiziario, Ilaria Sorichetti, avvocato, e il sindaco insiste: «Stiamo vigilando anche sulla quarantena. Sia il Comune, sia la Protezione civile portano la spesa, le bombole del gas, tutto quanto serve a chi deve restare in casa. E controlliamo». Il servizio a domicilio è gratis, ma non deve essere del tutto gradito. Gli ultimi cinque ragazzi riacciuffati ieri dai Carabinieri si sono giustificati così: «Siamo usciti perché ci mancava l'acqua minerale». Guai a fare obbiezioni, si rischia un'accusa di razzismo.
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