2021-07-27
Il popolo anti green pass domani torna in piazza. Lega e Fdi ci fanno i conti
Dopo le prove di sabato, i comitati si organizzano per respingere le etichette e isolare i provocatori: sfilate a Roma e in tutta Italia. «Sì personali» da Carroccio e meloniani.Il patto proposto da Enrico Letta fa a pugni con l'articolo 51 della Carta.Lo speciale contiene due articoli.Il popolo anti green pass sta rapidamente lasciandosi alle spalle la fase spontaneista, per passare a quella più strutturata. Dopo le prime manifestazioni dei giorni scorsi, nate come reazione istintiva alle misure annunciate dal governo sull'obbligo del lasciapassare vaccinale, c'è grande fermento tra tutte le associazioni e i comitati di cittadini, in vista della manifestazione di domani sera alle 20 a Piazza del popolo, nella Capitale. Nella mente degli organizzatori, infatti, quest'occasione dovrebbe rappresentare da una parte il culmine della protesta civile, dall'altra l'avvio di un'azione più incisiva a livello politico e programmatico, che fissi degli obiettivi precisi da portare al contenzioso con il governo e con le autorità sanitarie.Un primo sforzo di coordinamento superiore a quanto accaduto per le manifestazioni dello scorso weekend è testimoniato dal fatto che le piazze di domani saranno in qualche modo connesse: in contemporanea alla manifestazione principale di Roma, infatti, si svolgeranno nella medesima forma delle fiaccolate una serie di manifestazioni minori nelle varie province, delle quali - cosa più importante - sono state avvertite le autorità. Inoltre, vi sarebbe sul tavolo anche l'ipotesi di rendere periodiche la proteste, indicendo delle manifestazioni ogni settimana. C'è poi uno sforzo di comunicazione, per far passare l'idea della legittimità costituzionale delle manifestazioni, resa più faticosa da alcune prese di posizione di una parte delle forze di governo e dell'ala più aggressiva degli scienziati. Il ministro dell'Interno, Luciana Lamorgese, ieri, ha usato toni inconsueti e irrituali per condannare le scorse manifestazioni, premettendo, per quello che le compete, che non erano autorizzate ma andando oltre, quando è entrata nel merito e ha detto in soldoni che le opinioni che sono state espresse erano sbagliate. C'è poi il rischio concreto della strumentalizzazione politica, che i promotori vorrebbero evitare, tenendo a debita distanza i partiti e i movimenti pronti a «mettere il cappello» su una nuova ondata di proteste contro il governo: a prendere le redini dell'organizzazione è stato, sui social, il comitato «Libera scelta», che sta rivendicando fortemente la propria caratterizzazione apartitica, mentre sul versante delle forze politiche ogni tipo di adesione sarà strettamente personale. Le prime conferme dei parlamentari sono giunte da alcuni leghisti come Simone Pillon, Armando Siri, Alberto Bagnai e Claudio Borghi e da «cani sciolti» come Vittorio Sgarbi e Gianluigi Paragone, mentre dall'entourage di Matteo Salvini, che pure ha parlato di «piazze da ascoltare e da capire», filtra l'orientamento a non presenziare, per non creare problemi alla maggioranza. Problemi che non avrebbe invece Giorgia Meloni, in qualità di leader d'opposizione, ma che almeno per il momento, come fanno sapere dal suo staff, non ha inserito in agenda la partecipazione alla manifestazione di Piazza del popolo, per evitare eventuali assimilazioni del suo partito con i no vax. Su buona parte della istanze dei manifestanti, però, sia la Meloni che Salvini concordano, a partire dal giudizio critico sull'obbligo estensivo del green pass, arrivando alla mancata riapertura delle discoteche. In piazza, infatti, ci sarà anche l'altra «gamba» del movimento di protesta, quella costituita da imprenditori e lavoratori già vessati dalle precedenti chiusure, che temono di fermarsi di nuovo, con conseguenze letali per le loro attività. Su questo fronte, un «antipasto» delle proteste sarà fornito oggi alle 15 dal movimento #IoApro, nato durante la pandemia per iniziativa di alcuni ristoratori, per opporsi al lockdown indiscriminato adottato dal governo di Giuseppe Conte. Ma quello che sta turbando maggiormente i sonni dei promotori della manifestazione romana è il rischio - da mettere purtroppo in conto - di infiltrazioni di personaggi violenti, eccentrici o che in qualche modo possano screditare la protesta. Lo «sciamano», il neofascista folcloristico di turno o l'individuo da Tso con la Stella di Davide al petto su cui, ineluttabilmente, si concentrerebbe l'attenzione dei media, facendo perdere di vista alla cittadinanza il vero oggetto del contendere. Di carne al fuoco, invece, ce n'è e anche molta: sta emergendo infatti nelle ultime ore l'orientamento di Mario Draghi e dei settori più intransigenti della maggioranza di procedere, quando ancora le nuove norme sul green pass non sono entrate in vigore, a un'ulteriore stretta, che potrebbe coinvolgere presto i trasporti su scala nazionale e non solo - come avviene oggi - quelli internazionali. Il che significherà green pass obbligatorio, ad esempio, sul treno o sul volo Roma-Milano o sul traghetto per la Sardegna. Resta poi sul tavolo la questione dell'obbligo vaccinale per i lavoratori della scuola, che potrebbe essere introdotto in quelle Regioni in cui la percentuale di personale vaccinato restasse troppo bassa. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/popolo-anti-green-pass-piazza-2653986293.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="letta-strapazza-la-costituzione-tutti-i-candidati-siano-vaccinati" data-post-id="2653986293" data-published-at="1627337434" data-use-pagination="False"> Letta strapazza la Costituzione: «Tutti i candidati siano vaccinati» Ogni mattina, quasi fosse reduce dall'Africa, Enrico Letta si sveglia e sa che deve spararla sempre più grossa per resistere. Ieri dal Corriere della Sera ha proposto un patto di maggioranza anti no vax e ha aggiunto: «Tutti i candidati siano vaccinati». Avesse ammonito: «Voglio il vaccino obbligatorio» sarebbe stato forse opinabile, ma sacrosanto. Avrebbe ordinato allo Stato: assumiti la responsabilità degli atti. Invece si va avanti a mezze verità sul vaccino che non è obbligatorio, ma è inevitabile. Dando ai cittadini una falsa illusione di democrazia: sei libero di scegliere ciò che io t'impongo. Chi scrive è felicemente reduce da due dosi di Astrazeneca e sostiene convintamente la vaccinazione, ma lo spettacolo che lo Stato sta dando di sé è miserevole. Si comprime - peraltro con annunci a rate e provvedimenti illogici che sconvolgono la quotidianità delle famiglie impedendo ad esempio la programmazione delle vacanze, con danni rilevantissimi a quell'economia che si dice di voler salvaguardare - diritti fondamentali e costituzionalmente sensibili come la mobilità, il lavoro, l'educazione per assolvere il governo e lo Stato dalla loro incapacità di adeguare i trasporti, le scuole, i presìdi di prevenzione. Si consente di dire a Confindustria: chi non è vaccinato perde il lavoro, senza far sapere da che parte sta il governo, lasciando così che la minaccia resti nell'aria. Non è più nemmeno questione di «droit souple» (norme non cogenti, ma convincenti); siamo all'ignavia istituzionale. Del resto nulla di certo è stato detto sulla vaccinazione dei minori, ma c'è la minaccia del non accesso a scuola, all'atto della puntura ci viene fatto firmare un consenso informato che informato non è, ma è una manleva per tutti, tranne che per il vaccinando. Si scarica sui ristoratori e sugli operatori economici, sotto pena di sanzione, la responsabilità dei controlli e si tollerano con parzialità gli assembramenti. Il ministro dell'Interno, Luciana Lamorgese, tuona contro i cortei anti passaporto vaccinale: non erano autorizzati. Era autorizzato quello dei marocchini a Voghera? Quello Lgbt? E i raduni dei tifosi (a proposito che fine hanno fatto le denunce del prefetto di Roma?) erano autorizzati? E lo sono anche i clandestini che bighellonano senza permesso: né vaccinale né di soggiorno? C'è una profonda asimmetria - in spregio all'articolo 3 della Carta - che Letta ha amplificato. D'accordo che essere segretari del Partito soi disant democratico non necessariamente vuol dire avere dimestichezza con la democrazia, però non si può invocare l'elezione solo di chi rappresenta il pensiero unico dell'antivirus (e domani magari il pensiero unico sulle tasse, o sul gender: farebbe comodo, giusto?) perché est modus in legibus e si dà il caso che questo Paese abbia una Costituzione. Che ha un fastidiosissimo articolo 51: «Tutti i cittadini dell'uno o dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza». Non esiste un vincolo all'elettorato passivo se non in casi ben definiti: gli ambiti ristretti della legge Severino e quelli del decreto 267 sugli enti territoriali. Perdurando il virus cinese, Enrico Letta forse chiederà che il presidente della Repubblica giuri sulla Costituzione e sul suo certificato sierologico? In quest'ansia da immunizzazione che ha preso pure il generale Francesco Paolo Figliuolo che evoca nostalgici «imperativi categorici» - l'avesse detto Giorgia Meloni l'avrebbero fatta più nera di quel che è - per riaprire le scuole a costo di vaccinare coattivamente bidelli, professori e ragazzi, il segretario del Pd non si rende conto di aver aggredito, affermando che un non vaccinato deve votare un vaccinato, un diritto indisponibile; l'articolo 48 della Costituzione: «Il diritto di voto non può essere limitato se non per incapacità civile o per effetto di sentenza penale irrevocabile o nei casi di indegnità morale indicati dalla legge». Tra qualche settimana oltre dieci milioni di cittadini eleggono un migliaio di sindaci tra cui quello della Capitale d'Italia, oltre a rinnovare la Regione Calabria. Il 30 per cento di questi elettori potrebbe non avere il passaporto vaccinale. Se un elettore si presenta al seggio sprovvisto vota sì o no? Gli si richiede il tampone? E se si rifiuta? Da elettore non gli può essere opposto alcun vincolo, ma da cittadino ha compressi i suoi diritti fondamentali - dal lavoro alla mobilità fino alla patria potestà se s'imporrà il passaporto vaccinale per l'accesso dei figli a scuola - in nome di un bene superiore che lo Stato dichiara, ma non persegue, altrimenti porrebbe l'obbligatorietà vaccinale. Perdurante il ministro Roberto Speranza, si opera più per tenere lo Stato immune da responsabilità, che per la salute visto che sui protocolli terapeutici è nebbia fitta. Questioni troppo sottili? Può darsi, ma la democrazia, come dimostra l'infelice uscita di Enrico Letta, corre lungo un confine esile: separa la condizione di cittadino da quella di suddito.