2021-11-10
La Polonia ferma i bielorussi e il Muro va benissimo perché lo vuole la Germania
Bielorussi al confine con la Polonia (Getty Images)
Minsk mette l'Ue sotto pressione come ritorsione dopo le sanzioni di Bruxelles. Duemila migranti a ridosso del confine. Lo strabismo tedesco: «Aiutiamo Varsavia».Sud Italia: nessuna tregua agli sbarchi, malgrado le condizioni meteo non favorevoli. Le carrette del mare abbandonate in aree protette delle coste crotonesi. Con ulteriore danno ambientale.Lo speciale contiene due articoli.La crisi al confine bielorusso non accenna a placarsi. Ieri, il governo della Lituania ha proposto l'introduzione dello stato d'emergenza, mentre la Polonia ha chiuso il proprio valico di frontiera con la Bielorussia a Kuznica. Ricordiamo che lunedì svariate centinaia di migranti si erano dirette dalla Bielorussia verso i confini dell'Unione europea: uno spostamento che, secondo le autorità di Varsavia, sarebbe stato strumentalmente innescato da Minsk, per mettere l'Unione europea sotto pressione. Si tratterebbe, in particolare, di una ritorsione per le sanzioni imposte da Bruxelles alla Bielorussia, accusata dall'Occidente di condotta antidemocratica e violazione dei diritti umani. Deutsche Welle, in particolare, ha pubblicato un'inchiesta che mostra come Alexander Lukashenko abbia messo in piedi un autentico sistema per il traffico di migranti, proponendo pacchetti di viaggio dal costo di circa 12.000 euro e affidando la gestione dei visti principalmente al consolato bielorusso di Erbil. In tutto questo, ieri sera erano almeno 2.000 i migranti stanziati a ridosso della frontiera polacca. Condanne alla Bielorussia sono arrivate dal Dipartimento di Stato americano e dalla Nato, mentre i Paesi europei hanno parzialmente sospeso l'accordo con Minsk, per facilitare l'ottenimento dei visti da parte dei funzionari bielorussi. «Il regime bielorusso sta attaccando il confine polacco, l'Ue, in un modo senza precedenti», ha detto il presidente polacco, Andrzej Duda. È tuttavia forse la Germania ad aver espresso la posizione più significativa dal punto di vista politico. Parlando alla Bild, il ministro dell'Interno tedesco, Horst Seehofer, ha dichiarato: «Finora i polacchi hanno reagito correttamente. Non possiamo criticarli per aver messo in sicurezza il confine esterno dell'Ue con mezzi ammissibili. I polacchi stanno svolgendo un servizio molto importante per tutta l'Europa […] Lukashenko sta usando il destino delle persone con il sostegno di Vladimir Putin per destabilizzare l'Occidente». «La Polonia o la Germania», ha proseguito, «non possono farcela da sole. Dobbiamo aiutare il governo polacco a proteggere le sue frontiere esterne. Questo sarebbe effettivamente il compito della Commissione europea. Ora sto chiedendo loro di agire». Non solo: il vice del ministro, Stephan Mayer, ha fatto sapere che «la Germania potrebbe inviare la polizia molto prontamente per sostenere la Polonia, se la Polonia lo desidera». Ora, presa in sé stessa, la tesi di Seehofer è condivisibile. È infatti giusto sottolineare che quello migratorio sia un problema di carattere europeo: un problema che non può quindi essere scaricato sulle spalle dei singoli Stati membri. Tuttavia, se entriamo nel concreto, le parole del ministro tedesco lasciano un po' perplessi. La Germania non ha infatti mai finora dato un aiuto tangibile all'Italia per quanto riguarda la gestione dei flussi migratori provenienti dal Nord Africa. Anzi, in alcuni casi - come nel novembre del 2019 - Angela Merkel ebbe anche in parte da ridire sul fatto che Roma collaborasse con la guardia costiera libica, per arginare quegli stessi flussi. Eppure, se le ondate migratorie che vengono da Est sono un problema, logica vorrebbe che lo fossero anche quelle provenienti da Sud. E invece si assiste a una sorta di strabismo. Evidentemente Berlino è preoccupata dal fatto che, l'altro ieri, le frotte di migranti ammassatesi al confine polacco gridavano «Germania! Germania!», lasciando chiaramente intendere che proprio la Germania fosse la loro meta: i tedeschi temono, in altre parole, che possa profilarsi all'orizzonte un'ondata migratoria simile a quella del 2015. D'altronde, questo strabismo non è nuovo. Non si capirebbe altrimenti per quale motivo collaborare con la guardia costiera libica implichi problemi per i diritti umani e, invece, foraggiare finanziariamente un leader come Erdogan per bloccare i flussi migratori dalla Siria sia legittimo (si veda, a tal proposito, l'accordo del 2016 tra Bruxelles e Ankara, ampiamente sponsorizzato proprio da Berlino). È quindi forse proprio l'interessamento della Germania che ha portato le alte sfere dell'Ue ad assumere una retorica particolarmente dura verso Minsk, con la Commissione europea che ha accusato il presidente bielorusso di ricorrere a un «approccio da gangster». Sono inoltre allo studio nuove sanzioni che i ministri degli Esteri europei dovrebbero varare lunedì prossimo. Del resto, che la Bielorussia punti di fatto al ricatto è stato esplicitato ieri anche da una stretta alleata di Lukashenko come Mosca. Citando il suddetto accordo finanziario con la Turchia in materia migratoria, il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, ha infatti dichiarato: «Perché non possono aiutare la Bielorussia in questo modo? La Bielorussia ha anche bisogno di soldi per garantire condizioni normali ai rifugiati che Lituania e Polonia sono riluttanti a far entrare». A questo si aggiunga la posizione dello stesso Lukashenko che ha tuonato: «Non mi piegherò davanti all'Europa!». Alla fine, i nodi strutturali dell'Unione europea restano sempre i soliti. In primis, è chiaro che l'agenda continua di fatto a essere dettata dagli Stati che detengono potere maggiore (a partire dalla Germania). In secondo luogo, si sconta l'assenza di una politica estera comune e di un approccio geopolitico ai problemi. Nel momento in cui ha deciso di comminare delle sanzioni a Minsk, l'Ue avrebbe dovuto studiare la messa a punto delle misure necessarie per arginare eventuali ritorsioni: a partire proprio dal rafforzamento dei confini. Ma questo purtroppo non è avvenuto. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/polonia-bielorussia-migranti-2655531078.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="ondata-lunga-320-sbarcano-al-sud" data-post-id="2655531078" data-published-at="1636544964" data-use-pagination="False"> Ondata lunga: 320 sbarcano al Sud I tre varchi tramite i quali gli scafisti trafficanti di esseri umani riescono a portare a termine le operazioni di consegna sulle coste italiane, nonostante le condizioni meteo non favorevoli, non registrano tregue. Tra Calabria, Sicilia e Puglia, nelle ultime 24 ore gli ingressi sono stati 320. In 49, 28 iraniani, 20 iracheni e un afghano, sono sbarcati ieri mattina a Bianco, in provincia di Reggio Calabria, dopo aver viaggiato a bordo di un veliero di 12 metri che con molta probabilità è partito dalla Turchia. Il piccolo Comune della Calabria, poco più di 4.000 abitanti, non ha disponibilità di strutture d'accoglienza ed è stato costretto a creare una sistemazione temporanea nella sala del Consiglio comunale. Dalla Prefettura sono arrivate rassicurazioni sul trasferimento verso un centro di prima accoglienza. Mentre sulle coste della provincia di Crotone ci sono ancora i relitti delle imbarcazioni approdate nei giorni scorsi. Abbandonati in aree protette, come la Riserva marina di Capo Rizzuto. Le cosiddette carrette del mare, dopo aver trasportato il loro carico di disperati in cerca di futuro, una volta giunte in prossimità della riva restano abbandonate per anni a pochi passi dalla battigia, incagliate tra gli scogli o insabbiate nei bassi fondali. Il danno, oltre che paesaggistico, è ambientale, dal momento che le imbarcazioni disperdono in mare oli, carburanti, plastiche e altri materiali inquinanti. E che va avanti nel silenzio generale. Al momento, secondo una ricognizione della testata locale Il Crotonese, i relitti abbandonati fra Crotone e Isola Capo Rizzuto sarebbero una decina: a Capo Cimiti è presente da oltre dieci anni una barca a vela ormai distrutta dalle intemperie, ma i cui resti inquinano la zona A della Riserva marina. Un'altra imbarcazione si trova in località Campione da oltre quattro anni. A Capo Cimiti di imbarcazioni ce ne sono addirittura due: un motopeschereccio arrivato il 3 novembre e una barca a vela. Approdi anche sul fronte siciliano: a Lampedusa in mattinata sono arrivati 82 tunisini, avvistati e soccorsi al largo dell'isola. Altri 66 tunisini sono arrivati nel pomeriggio. L'imbarcazione sulla quale viaggiavano è stata intercettata a 14 miglia dalla costa. Con il terzo approdo di giornata sono sbarcati 58 subsahariani. Il quarto barchino soccorso al largo dell'isola ha condotto sulla più grande delle Pelagie 49 passeggeri, tutti uomini. E si è arrivati a un totale di 255. Sono finiti tutti stipati nell'hotspot di contrada Imbriacola, dove ora ci sono 758 ospiti, a fronte di una capienza massima di 250 posti disponibili. Tre clandestini tunisini sono stati invece arrestati a Trapani. Due di loro erano stati già espulsi dal territorio nazionale ed erano rientrati in Italia a bordo di piccole imbarcazioni sperando di confondersi con gli altri migranti. Il terzo tunisino portava in dote un ordine di carcerazione per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina a seguito di una condanna a quattro anni di reclusione. Intanto la Ocean Viking attende ancora davanti alle coste italiane. Ha chiesto per nove volte un porto sicuro in una settimana. In passato qualche Procura avrebbe già aperto un fascicolo. Nel frattempo il pressing continua: «Come in ogni situazione di stallo», fanno sapere dalla nave Ong, «le condizioni psicologiche e fisiche dei sopravvissuti peggiorano di ora in ora». Giornata più tranquilla, infine, in Salento: l'ultimo sbarco risale alla tarda serata di lunedì: in 16 con un piccolo veliero sono approdati tra Santa Maria di Leuca e Otranto.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)