2022-01-07
Poliziotto decapitato nella rivolta kazaka. I russi sono arrivati e sparano sulla folla
Più di 1.000 feriti negli scontri per il caro energia e 13 agenti ammazzati. Vladimir Putin manda i soldati per soffocare la ribellione. Si complica sempre di più la situazione in Kazakistan dove le violenze sono continuate la scorsa notte con il bilancio dei disordini che si fa sempre più pesante: sono già più di 1.000 le persone rimaste ferite negli scontri, di cui almeno 400 ricoverate in ospedale e 62 in terapia intensiva, stando ai dati diffusi dal viceministro della Sanità kazako, Azhar Guiniyat, all’emittente tv Khabar-24; così come sono 13 i morti e più di 100 i feriti tra le forze di sicurezza che dall’alba di ieri sono supportate dalle truppe inviate da Mosca con il preciso ordine di stroncare la rivolta con qualsiasi mezzo. Mistero invece sul poliziotto che è stato decapitato, ma la modalità con la quale è stato ucciso fa pensare agli estremisti islamici che nelle ultime ore hanno condiviso sui loro canali Telegram filmati e immagini provenienti dal Kazakistan, da sempre fucina di terroristi tanto che secondo le cifre ufficiali più di 800 cittadini kazaki sono partiti per il Siraq, molti di loro (circa 400) sono stati poi rimpatriati nel paese d’origine dove le autorità hanno preso provvedimenti per tentare di reintegrarli nella società. Mentre è altissimo il numero di coloro che sono stati fermati dai servizi di sicurezza in vista della partenza per il Medio Oriente. Poco si parla invece delle migliaia di estremisti kazaki che negli anni si sono uniti ai talebani. Un afflusso che è ricominciato quest’estate ed è una circostanza che è alla base della sfiducia sempre più manifesta che Vladimir Putin nutre verso il governo talebano, che gli aveva promesso che questo (come altro) non sarebbe più accaduto. A proposito dell’attivismo degli islamisti vicini all’Isis, secondo l’analista strategico Franco Iacch non bisogna stupirsi: «Le organizzazioni terroristiche interpretano gli eventi internazionali che rispettano determinati parametri in chiave jihadista. L’obiettivo è quello di creare profonde distorsioni cognitive in un target di riferimento, abbagliato da una distorta reinterpretazione dei testi sacri, incapace di discernere il vero dal falso. Distorsioni cognitive che si riflettono, inevitabilmente, nella comprensione degli eventi nel mondo reale. Le calamità naturali come i tornado che lo scorso dicembre si abbatterono su parte degli Stati Uniti ad esempio: la propaganda jihadista ha reinterpretato quegli eventi come l’ennesima punizione divina scagliata contro gli Stati Uniti. Punizione che a sua volta dimostrerebbe, inequivocabilmente, il sostegno divino alla causa jihadista». Ma come analizzare l’interessamento della propaganda jihadista alle rivolte in Kazakistan? «Sono da interpretare sotto un duplice aspetto: il primo è quello di mostrare le conseguenze di qualsiasi forma di governo non guidato dalla rigida osservanza della sharia (qualcosa che al Qaeda ha rilevato spesso negli ultimi messaggi rivolti ai Talebani), il secondo è suggerire contesti potenzialmente sfruttabili per compiere attentati (diverse guide consigliano proprio di sfruttare le proteste di piazza). Soltanto comprendendo la valenza e la profondità degli attacchi cognitivi, a qualsiasi livello, si potranno calibrare controffensive efficaci. Stato islamico ed al Qaeda continuano ad hackerare la percezione della rispettiva utenza di riferimento nel tentativo di ottenere effetti tangibili nel mondo reale. Con il terrorismo sarà sempre una guerra di contenuti».Per tornare sul terreno degli scontri, il vicepresidente della commissione Difesa della Duma ha spiegato che la missione in Kazakistan dell’Organizzazione del trattato per la sicurezza collettiva (Csto), composta da sei ex repubbliche sovietiche guidate dalla Russia, dovrebbe «richiedere circa un mese», periodo nel quale «il compito delle truppe sarà contribuire a neutralizzare gli istigatori della violenza e mettere in sicurezza le infrastrutture strategiche». È possibile che i russi siano riusciti a inviare in così poche ore tanti uomini e mezzi? Secondo il generale Giuseppe Morabito, membro del Nato Defence College Foundation, la circostanza è sospetta: «Rilevo che solo mercoledì sera il presidente Tokayev ha chiesto alla Csto di aiutarlo a riprendere il controllo del paese e la rapidità con cui sono arrivate le forze in supporto indica che i russi non si sono fatti cogliere di sorpresa. Per Mosca quanto avviene in Kazakistan è importante soprattutto per la protezione delle infrastrutture strategiche che sono legate principalmente all’uranio e al petrolio». Le prossime ore saranno molto importanti per capire se, come e a quale prezzo in termini di vite umane gli uomini di Putin riusciranno a stroncare la rivolta. Un fatto che ha una valenza strategica molto importante, come ci conferma il generale Morabito: «Se la Russia riesce a controllare la rivolta kazaka, lancia un chiaro segnale alle altre repubbliche dimostrando di avere ancora il controllo della regione e di poterlo mantenere. Inoltre se Mosca aiuta il Kazakistan a uscire dalla crisi mette un’ulteriore ipoteca sul controllo delle fonti energetiche mondiali, potendo dire la sua con maggiore forza su come distribuire quasi la metà della produzione di uranio e sulle esportazioni di greggio». Intanto mentre noi scriviamo si spara ad altezza d’uomo.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)