Partito da Lisbona il tour di propaganda di Ursula von der Leyen sul Recovery: sarà a Roma il 22 giugno. Sui media fanfara per la prima emissione di obbligazioni dedicate ai Pnrr dei vari Paesi. Ma è uno strumento che fa poco, arriva tardi e non è neppure conveniente.
Partito da Lisbona il tour di propaganda di Ursula von der Leyen sul Recovery: sarà a Roma il 22 giugno. Sui media fanfara per la prima emissione di obbligazioni dedicate ai Pnrr dei vari Paesi. Ma è uno strumento che fa poco, arriva tardi e non è neppure conveniente.È partito ieri pomeriggio da Lisbona lo tsunami di propaganda che raggiungerà Roma il prossimo 22 giugno. È il presidente dalla Commissione in persona, Ursula Von der Leyen, che ha cominciato il tour delle capitali degli Stati i cui piani per la ripresa sono stati valutati positivamente dalla Commissione. Seguiranno Madrid, Atene, Copenaghen e Lussemburgo. Ma la Von der Leyen non arriverà a mani vuote. Porterà in dote il successo della prima emissione di obbligazioni per finanziare le spese previste dai quei piani.L'incontro di Lisbona ha avuto toni da documentario del Ventennio a cura dell'Istituto Luce. Non osiamo immaginare cosa potrebbe accadere a Roma. «Ti aspetta un bel po' di lavoro», ha commentato la presidente brandendo il testo della proposta di approvazione da parte della Commissione; «Ora posso andare in banca?», ha chiesto il premier lusitano Antonio Costa; «Puoi andare in banca», ha risposto la tedesca. Dove potrebbe trovare il conto bloccato, perché il Consiglio ha ancora quattro settimane di tempo per adottare, con una apposita decisione, la proposta della Commissione.Il Portogallo riceverà sussidi per 13,9 miliardi e prestiti per 2,7, e risulta aver conseguito, nelle ben 11 «materie» secondo le quali si valuta il piano, 10 «A» e una «B». Una griglia di selezione che non lascia scampo e che non ammette voti «C» in materie qualificanti come il rispetto delle raccomandazioni Paese (quelle che ci impongono di tassare gli immobili, per intenderci).Esaminando i documenti del piano portoghese, lascia esterrefatti la minuziosità con cui si valuta ogni singolo progetto. Un enorme sforzo pianificatorio, condensato in oltre 300 pagine, davanti al quale impallidirebbero i piani quinquennali dell'economia di staliniana memoria. Il piano portoghese è utile perché contiene, in nuce, tutto quanto si sta preparando per l'Italia: task force, unità di missione, un elefantiaco sforzo burocratico. Tutto e solo per dimostrare che l'Ue esiste e consentirle di interporsi tra il mercato finanziario e gli Stati membri per fare ciò che questi ultimi, da soli, fanno da secoli: emettere debito per finanziare investimenti.A questo fine, martedì la Commissione ha emesso titoli a 10 anni per 20 miliardi al tasso dello 0,086%, 32 punti base al di sopra del titolo tedesco con pari durata, con domanda pari a circa 7 volte l'offerta. Abbiamo appreso da fonti qualificate che la Banca Centrale cinese è risultato il maggior sottoscrittore, con circa 1,8 miliardi assegnati. Si tratta del collocamento più consistente nella storia dell'Ue, che trova un precedente comparabile nella prima emissione per finanziare lo strumento Sure, avvenuta il 20 ottobre 2020 piazzando 17 miliardi con tassi pari al -0,24% a 10 anni e 0,13% a 20 anni. Nonostante il tasso sia aumentato da -0,24% a 0,09%, il differenziale rispetto all'equivalente titolo tedesco è sostanzialmente invariato (37 punti base allora, 32 oggi). Altre due importanti emissioni seguiranno a luglio, fino a raggiungere 100 miliardi entro l'anno, tra titoli a breve e medio/lungo termine. Ieri la grancassa mediatica ha usato toni trionfalistici, anziché vergognarsi per uno strumento che fa poco e tardi, arrivando nelle casse degli Stati Ue molti mesi dopo il verificarsi di una recessione senza precedenti in tempo di pace. Negli Usa i tempi si sono misurati in settimane. Tra Corriere della Sera e Sole 24 Ore è stata una gara a esaltare il momento storico e sottolineare la convenienza per l'Italia di questi finanziamenti rispetto alla normale emissione di Btp a 10 anni. Per tacere delle malcelate speranze che questi titoli - che non sono eurobond perché non c'è responsabilità in solido, ma solo pro-quota da parte degli Stati - diventino permanenti.Premesso che anche il decennale italiano ha ricevuto domanda pari a circa 7 volte l'offerta proprio qualche giorno fa, la comparazione tra il tasso 0,77% di quest'ultimo e lo 0,09% del bond Ue è un esercizio che porterebbe alla bocciatura qualsiasi malcapitato studente del primo anno di economia. Non è un'opinione, come invece ci è capitato di leggere sul Sole. Infatti si omette di considerare:1 il privilegio di fatto (seniority) di cui godono i prestiti Ue rispetto ai Btp, chiaramente affermato nell'accordo di prestito (in parte tuttora segretato) che disciplina lo strumento Sure.2 Il carico di condizioni che grava sui prestiti Ue, sotto diversi aspetti, che non possono non avere un prezzo: il rispetto delle raccomandazioni Paese e del Patto di Stabilità, con il loro effetto recessivo; Il vincolo di ben determinate destinazioni di spesa, a favore della transizione ecologica e ambientale e numerosi altri limiti.3 Il tasso dello 0,09%, ritenuto ingannevolmente conveniente, è solo un regalo agli investitori che si ritrovano a ricevere circa 30/35 punti base in più rispetto al Bund tedesco con un livello di rischio sostanzialmente equivalente. Infatti, il sistema delle garanzie che disciplina queste emissioni è così ampio (0,6% del Pil di ciascuno Stato) che, anche se fallissero tutti gli Stati membri, la sola quota a carico del bilancio della Germania (circa 20 miliardi) sarebbe sufficiente per coprire i rimborsi annuali fino al 2058.Abbiamo appaltato una fetta consistente della gestione delle nostre esigenze di tesoriera pubblica a un'agenzia esterna, di cui subiremo le strategie di finanziamento, speriamo azzeccate, e che ci farà penare se, prima di ogni pagamento semestrale, non avremo fatto tutte le famose riforme. Un ricatto permanente almeno fino al 2026.
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».
Antonio Scoppetta (Ansa)
- Nell’inchiesta spunta Alberto Marchesi, dal passato turbolento e gran frequentatore di sale da gioco con toghe e carabinieri
- Ora i loro legali meditano di denunciare la Procura per possibile falso ideologico.
Lo speciale contiene due articoli
92 giorni di cella insieme con Cleo Stefanescu, nipote di uno dei personaggi tornati di moda intorno all’omicidio di Garlasco: Flavius Savu, il rumeno che avrebbe ricattato il vicerettore del santuario della Bozzola accusato di molestie.
Marchesi ha vissuto in bilico tra l’abisso e la resurrezione, tra campi agricoli e casinò, dove, tra un processo e l’altro, si recava con magistrati e carabinieri. Sostiene di essere in cura per ludopatia dal 1987, ma resta un gran frequentatore di case da gioco, a partire da quella di Campione d’Italia, dove l’ex procuratore aggiunto di Pavia Mario Venditti è stato presidente fino a settembre.
Dopo i problemi con la droga si è reinventato agricoltore, ha creato un’azienda ed è diventato presidente del Consorzio forestale di Pavia, un mondo su cui vegliano i carabinieri della Forestale, quelli da cui provenivano alcuni dei militari finiti sotto inchiesta per svariati reati, come il maresciallo Antonio Scoppetta (Marchesi lo conosce da almeno vent’anni).
Mucche (iStock)
In Danimarca è obbligatorio per legge un additivo al mangime che riduce la CO2. Allevatori furiosi perché si munge di meno, la qualità cala e i capi stanno morendo.
«L’errore? Il delirio di onnipotenza per avere tutto e subito: lo dico mentre a Belém aprono la Cop30, ma gli effetti sul clima partendo dalle stalle non si bloccano per decreto». Chi parla è il professor Giuseppe Pulina, uno dei massimi scienziati sulle produzioni animali, presidente di Carni sostenibili. Il caso scoppia in Danimarca; gli allevatori sono sul piede di guerra - per dirla con la famosissima lettera di Totò e Peppino - «specie quest’anno che c’è stata la grande moria delle vacche». Come voi ben sapete, hanno aggiunto al loro governo (primo al mondo a inventarsi una tassa sui «peti» di bovini e maiali), che gli impone per legge di alimentare le vacche con un additivo, il Bovaer del colosso chimico svizzero-olandese Dsm-Firmenich (13 miliardi di fatturato 30.000 dipendenti), capace di ridurre le flatulenze animali del 40%.
Matteo Bassetti (Imagoeconomica)
L’infettivologo Matteo Bassetti «premiato» dal governo che lui aveva contestato dopo la cancellazione delle multe ai non vaccinati. Presiederà un gruppo che gestirà i bandi sui finanziamenti alla ricerca, supportando il ministro Anna Maria Bernini. Sarà aperto al confronto?
L’avversione per chi non si vaccinava contro il Covid ha dato i suoi frutti. L’infettivologo Matteo Bassetti è stato nominato presidente del nuovo gruppo di lavoro istituito presso il ministero dell’Università e della Ricerca, con la funzione di offrire un supporto nella «individuazione ed elaborazione di procedure di gestione e valutazione dei bandi pubblici di ricerca competitivi».





