
Frequenti i segnali di insofferenza per un Pnrr troppo rigido. E pure il tema della ratifica del Mes è spigoloso.Chi non legge La Verità sta scoprendo in quale infernale ginepraio il nostro Paese si è cacciato aderendo al piano di investimenti «per la ripresa e la resilienza» concepito dalla Commissione.Nell’ultima settimana si sono fatti sempre più frequenti i segnali di insofferenza per un abito troppo rigido e costruito secondo linee guida comuni a tutti i 27 Paesi, senza tenere conto delle singole specificità. C’è addirittura chi ha scoperto che si tratta di debito e, per tale motivo, si tratta di somme che dovrebbero essere concentrate su capitoli di spesa ad elevato moltiplicatore.Ribadiamo ancora una volta che qui non si contesta l’opportunità di fare investimenti pubblici, ma del metodo utilizzato che comporta costi palesi e occulti, capaci di depotenziarne l’efficacia per l’Italia. Infatti, gli investimenti finanziati dai 69 miliardi di sussidi e 121 miliardi di prestiti saranno appena sufficienti a far ritornare la loro incidenza rispetto al Pil pari a quella che il nostro Paese aveva già prima della crisi del 2009. Quindi niente di trascendentale: dopo la fallimentare stagione 2012-2019 fatta di austerità, tagli e crescita asfittica, c’è voluto il Covid per realizzare che il Paese stava cadendo a pezzi. Ma, come ribadito più volte, sono le condizioni a cui dobbiamo sottostare che ne mettono in forte dubbio la convenienza.Il diavolo si nasconde nei dettagli. Si tratta di una minuziosa tabella di marcia fatta di poco più di 500 obiettivi e traguardi intermedi, adottati con decisione dal Consiglio Ue a luglio 2021, poi trasferiti in un decreto ministeriale firmato dal ministro Daniele Franco ad agosto ed infine cristallizzati in un accordo operativo (operational arrangement) firmato il 22 dicembre scorso tra quest’ultimo, per conto della Repubblica italiana, e la Commissione Ue, nella persona del Commissario Paolo Gentiloni.Qui sono minuziosamente riproposti tutti gli obiettivi ed i traguardi, distinti per semestre di previsto conseguimento (dal secondo del 2021 fino al primo del 2026). Adempiere a quegli impegni significa per l’Italia sbloccare il rimborso di circa 46 miliardi per il 2022 (23 sussidi e 23 prestiti) e così via fino a metà 2026. Si tratta del sigillo finale sulla camicia di forza stretta intorno al nostro Paese per assicurarsi che faccia presto e bene tutto ciò che è stato previsto. È infatti disciplinato uno rigoroso e puntuale meccanismo di consultazione tra i servizi della Commissione e l’organo istituito presso il Mef per il coordinamento del Pnrr. Incontri trimestrali per verificare l’avanzamento dei progetti ed eventuali problemi nella loro attuazione, tavoli tecnici che la Commissione potrà richiedere, con frequenze molto ravvicinate, per interloquire direttamente con i diversi enti italiani incaricati dell’attuazione delle misure, un flusso di informazioni costante da Roma a Bruxelles con pieno accesso della Commissione a tutta la base dati che attesti l’esecuzione degli investimenti.Per essere certi di aver serrato bene le catene, nell’accordo c’è pure la disciplina della imponente reportistica che deve fluire costantemente verso la Commissione. Nell’ambito del Semestre europeo, l’Italia deve rendicontare lo stato di avanzamento dell’esecuzione degli accordi il 30 aprile ed il 15 ottobre di ogni anno. Ma non finisce qui. Ogni 28 febbraio e 31 agosto devono essere valorizzati ben 14 indicatori relativi ai sei pilastri del Pnrr (green, digitale, coesione, salute, ecc.). Si spazia dalle nuove strutture sanitarie, alla nuova capacità installata di energie rinnovabili.Ammesso e non concesso di riuscire a passare indenni da queste forche caudine, l’accordo di dicembre prevede che, man mano che si avanza nel conseguimento di obiettivi e traguardi semestrali, i pagamenti restano condizionati all’assenza di passi indietro sugli obiettivi già rendicontati in passato. Per cui un ipotetico nuovo governo in carica dal 2023 che volesse cambiare idea, per esempio, sulla riforma della giustizia civile o penale, avrà le mani legate. Una delle prime occasioni di inciampo è stata l’aumento della soglia massima per pagamenti in contante da 1000 euro a 2000 euro, avvenuta la settimana scorsa con un emendamento al Milleproroghe. L’incentivo al cashless viene ritenuto - nonostante le evidenze empiriche siano abbastanza controverse - il cavallo di battaglia per la lotta all’evasione fiscale. Su questo fronte il Pnrr prevede che a fine 2025 si debba rendicontare che nel 2023 ci sia stato un taglio del 5% della propensione all’evasione rispetto al 2019 e che, entro giugno 2026, il calo misurato nel 2024 sia almeno del 15%. Si dovrà scendere dal 18,5% del 2019 al 15,7% del 2024. Un traguardo così sfidante, che difficilmente sarà messo a rischio solo dalla microevasione favorita dall’uso del contante.Nel frattempo sono ormai cariche di pioggia le nubi da tempo all’orizzonte relative alla ratifica del Trattato del Mes. Dall’Eurogruppo sono già partiti i richiami ufficiali al ministro Franco e il 10 marzo Mario Draghi dovrà delle spiegazioni ai suoi colleghi europei.A Bruxelles vogliono essere certi che l’Italia resti saldamente a bordo della barca europea e l’eventuale salvagente deve essere quello progettato da loro, con adeguate garanzie.
Stéphane Séjourné (Getty)
La Commissione vuole vincolare i fondi di Pechino all’uso di fornitori e lavoratori europei: «È la stessa agenda di Donald Trump». Obiettivo: evitare che il Dragone investa nascondendo il suo know how, come accade in Spagna.
Mai più un caso Saragozza. Sembra che quanto successo nella città spagnola, capoluogo dell’Aragona, rappresenti una sorta di spartiacque nella strategia masochistica europea verso la Cina. Il suicidio chiamato Green deal che sta sottomettendo Bruxelles a Pechino sia nella filiera di prodotto sia nella catena delle conoscenze tecnologiche si è concretizzato a pieno con il progetto per la realizzazione della nuova fabbrica di batterie per auto elettriche, che Stellantis in collaborazione con la cinese Catl costruirà in Spagna.
La Cop30 di Belém, Brasile (Ansa)
Il vertice ospitato da Luiz Inácio Lula da Silva nel caldo soffocante di Belém si chiude con impegni generici. Respinti i tentativi del commissario Wopke Hoekstra di forzare la mano per imporre più vincoli.
Dopo due settimane di acquazzoni, impianti di aria condizionata assenti e infuocati dibattiti sull’uso della cravatta, ha chiuso i battenti sabato scorso il caravanserraglio della Cop30. Il presidente del Brasile Luiz Inácio da Silva detto Lula ha voluto che l’adunata di 50.000 convenuti si tenesse nella poco ridente località di Belém, alle porte della foresta amazzonica, a un passo dall’Equatore. Si tratta di una città con 18.000 posti letto alberghieri mal contati, dove le piogge torrenziali sono la norma e dove il caldo umido è soffocante. Doveva essere un messaggio ai delegati: il mondo si scalda, provate l’esperienza. Insomma, le premesse non erano buone. E infatti la montagnola ha partorito uno squittìo, più che un topolino.
Ansa
Il ministero dell’Istruzione cassa uno dei rilievi con cui il Tribunale dei minorenni ha allontanato i tre figli dai genitori: «Fanno educazione domiciliare, sono in regola». Nordio, intanto, dà il via agli accertamenti.
Se c’è un colpevole già accertato nella vicenda della «famiglia del bosco», che ha visto i tre figli di Catherine Birmingham e Nathan Trevallion affidati dal Tribunale dei minori dell’Aquila a una struttura, è al massimo l’ingenuità dei genitori, che hanno affrontato le contestazioni da parte dei servizi sociali prima e del tribunale poi. Forse pensando che la loro buona fede bastasse a chiarire i fatti, senza affidarsi al supporto di un professionista che indicasse loro quale documentazione produrre. Del resto, in procedimenti come quello in cui sono stati coinvolti non è obbligatorio avere il sostegno di un legale e risulta che il sindaco del loro Comune, Palmoli in provincia di Chieti, li avesse rassicurati sul fatto che tutto si sarebbe risolto velocemente e senza traumi. Ma i fatti sono andati molto diversamente.






