2025-08-09
I pm fanno ricorso per le accuse a Sala
Il sindaco di Milano Giuseppe Sala (Imagoeconomica)
La Procura del capoluogo lombardo insiste davanti al Riesame con l’ipotesi di induzione indebita nei confronti del sindaco per il Pirellino. Torna sotto i riflettori il patto di integrità della commissione Paesaggio del Comune, che valutava i progettiLa nuova partita giudiziaria della Procura di Milano si gioca su un tema specifico: l’induzione indebita legata al progetto del Pirellino. E parte da un particolare che il gip Mattia Fiorentini, a leggere le parole dei pubblici ministeri, quando ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare per i sei indagati non deve aver messo a fuoco. La questione è tecnica ma anche politica. Secondo il procuratore aggiunto Tiziana Siciliano e il pm Marina Petruzzella, Giuseppe Marinoni, ex presidente della commissione Paesaggio e perno dell’ipotesi di induzione indebita, avrebbe ceduto alle pressioni politiche per salvaguardare la sua posizione di potere nella commissione Paesaggio. In cambio sarebbe scattata la sua riconferma. «L’acquiescenza di Marinoni alle richieste indebite dell’assessore», argomentano i magistrati, sarebbe stato un «suo interesse» per «perpetuare la posizione di potere che aveva all’interno della commissione per il Paesaggio». Ecco l’utilità. Che il gip aveva liquidato spiegando di avrebbe Marinoni, a suo avviso, aveva semplicemente ceduto a pressioni arrivate dall’alto, «in quanto indegno a ricoprire un incarico pubblico che lo avrebbe voluto terzo eimparziale». E avrebbe accettato come un qualsiasi passacarte, «supinamente», le «ingerenze di colleghi e superiori», in un contesto in cui i funzionari pubblici sarebbero stati «a loro volta incalzati dai privati e da loro latamente minacciati di, quantomeno, azioni legali (poi effettivamente e con successo intraprese)», non per utilità personali. E quindi niente reato. Ma come si spiegherebbe, allora, ipotizza l’accusa, che «alla scadenza del suo mandato» la «sua fedeltà alla superiore linea politica ha fatto si che venisse nuovamente confermato?». Il provvedimento, ricostruiscono i pm, sarebbe stato ufficializzato dal sindaco Beppe Sala su proposta dell’assessore alla Rigenerazione urbana Giancarlo Tancredi. Il tutto, «pur essendo Marinoni», evidenziano i pm, «già stato raggiunto il 7 novembre 2024 da un provvedimento di sequestro del telefono in quanto indagato per questa indagine». Una «circostanza», secondo l’accusa, nota «all’Amministrazione comunale». E con il ricorso depositato ieri mattina al Tribunale del Riesame la Procura chiede di riconoscere che a quel comportamento venga affibbiato un nome preciso: «Induzione indebita». Con un cast stellare che, oltre a Marinoni, vede iscritti sul registro degli indagati Manfredi Catella, amministratore della Coima, l’archi-star Stefano Boeri, l’ex assessore Tancredi e il sindaco Sala. In pratica Marinoni, nel ragionamento della Procura, avrebbe piegato il suo giudizio sull’ex Pirellino perché gli conveniva mantenere intatti i rapporti con chi gli ha confermato la carica. Ma chi pensa che la faccenda sia già abbastanza intricata non deve aver considerato un altro aspetto tutto da chiarire: quello che ruota attorno al «Patto d’integrità» sbagliato. Al momento non si sa con certezza se fu un errore o un tassello di un piano per bypassare le regole. La commissione Paesaggio, nella quale i membri non sono pagati e, da regolamento, possono continuare a fare i loro lavori di architetti, docenti e quant’altro senza alcun divieto, non ha adottato alcuna policy concreta sui conflitti d’interesse. Se qualcuno nella Commissione omette di dichiarare un conflitto legato ai propri incarichi professionali, tecnicamente sarebbe un abuso d’ufficio, reato che non esiste più. La responsabilità, però, dovrebbe ricadere su chi avrebbe dovuto scrivere un regolamento chiaro, controllare che fosse rispettato e formare chi ne fa parte. E la Commissione è regolata dal Comune, il suo presidente lo nomina il sindaco e la giunta comunale ne approva i membri. Ma a quanto pare proprio Sala sembra essersene dimenticato. Lo scivolone è saltato fuori grazie a un blitz della Guardia di finanza e a un’attenta analisi delle carte. Il patto, introdotto da Palazzo Marino alla fine del 2021, doveva mettere in chiaro i progetti edilizi realizzati o avviati in città, ma anche i rapporti di lavoro e le collaborazioni con gli studi professionali firmatari dei progetti, senza tralasciare la posizione di coniugi, conviventi e parenti. Peccato che il modulo firmato dai commissari, compreso l’ex presidente Alessandro Scandurra, fosse una versione obsoleta, una specie di copia e incolla dagli anni precedenti. La spiegazione fornita dagli uffici? «Da un approfondimento ex post (…)», il documento «non» sarebbe «stato adottato per un mero errore di qualcuno». Scandurra, in una memoria depositata durante l’interrogatorio, aveva difeso la posizione, sostenendo di aver «applicato le indicazioni che provenivano dagli uffici comunali che, come riconosce pure la Procura, celano un’ambiguità di fondo». Il punto, per Scandurra, è questo: l’ambiguità «non può ricadere sulla commissione e men che meno su di lui che si è sempre attenuto a quanto indicato, e, fino al giugno 2023, si è sempre astenuto quando venivano trattati i propri progetti». Proprio ieri Scandurra ha varcato la soglia del palazzo di giustizia per il suo Riesame. Il suo avvocato, Giacomo Lunghini, al termine dell’udienza, rimarcando il passaggio sulle astensioni in commissione, ha detto ai cronisti di «aver dimostrato in modo documentale l’assenza di corruzione». La seconda posizione trattata ieri, però, è quella più importante dell’inchiesta: Andrea Bazziccheri, ex patron della Bluestone, l’unico detenuto in carcere. «Non ci sono né sistema corruttivo né alcun illecito urbanistico nelle operazioni che l’imprenditore ha portato avanti», ha sostenuto il suo legale, l’avvocato Andrea Soliani. La decisione sul destino cautelare dei due è attesa a breve.
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