2025-08-23
«Più occupati grazie allo stop al Reddito»
Gabriele Fava (Imagoeconomica)
Il presidente dell’Inps Gabriele Fava: «Nel 2024, 400.000 assicurati in più, il 30% degli ex percettori ha trovato lavoro. C’è un problema di salari per i giovani e di denatalità. Serve un’immigrazione qualificata e governata che risponda ai bisogni del sistema produttivo».Presidente Fava partiamo dall’attualità. Nel grande cantiere della manovra uno dei dossier caldi è quello previdenziale. Lei non ha ovviamente ruoli legislativi, ma le chiedo dal punto di vista tecnico, l’annullamento o il congelamento dell’innalzamento dell’età lavorativa (da 67 anni a 67 e 3 mesi per la pensione di vecchiaia) è possibile?«L’adeguamento automatico dell’età pensionabile all’aspettativa di vita è uno dei meccanismi che il legislatore ha previsto per garantire la sostenibilità del sistema. Si tratta dunque di una scelta che appartiene al Parlamento e al Governo. L’Inps, come è naturale, fornisce le valutazioni tecniche quando queste ci vengono richieste ma non ha titolo per pronunciarsi preventivamente su decisioni che rientrano nella sfera legislativa».Insisto. Il link pensioni-aspettativa di vita è ineludibile? Si può rivedere il meccanismo della Fornero?«L’aggiornamento dei requisiti alle variazioni dell’aspettativa di vita consente di tenere sotto controllo la spesa pensionistica e l’equilibrio di sistema minato dalla transizione demografica. Questo non esclude che sia possibile un intervento per modificarne modalità applicative e tempistiche. Ma come giustamente sottolineava nella precedente domanda, è una scelta che compete al legislatore, e l’Inps, su richiesta, può svolgere un ruolo di consulenza tecnica». «Il governo punta sulla previdenza complementare. Vuol spingere il Tfr nei fondi pensioni per aiutare l’economia reale: meccanismi obbligatori sono pensabili? È d’accordo con il silenzio assenso?«Si sono d'accordo. La previdenza complementare è una risorsa importante, perché integra la pensione pubblica e può rafforzare l’economia reale. Le modalità di adesione, siano esse incentivi o silenzio-assenso, appartengono comunque al perimetro legislativo». La spesa per le pensioni è di circa 340 miliardi all’anno (15% del Pil), il sistema regge con una natalità così bassa?«Oggi il sistema regge, e l’Inps è un salvadanaio sicuro: restituisce i contributi e garantisce 470 prestazioni tra previdenza, assistenza e welfare, un unicum internazionale. Ma la sfida demografica è il nodo cruciale del nostro tempo. Senza più giovani e senza politiche inclusive per donne e nuove famiglie, la base contributiva si restringe». L’Inps può fare da sprone?«L’Inps non può fare politica, ma ha il dovere di accendere la luce: fornire numeri, modelli, previsioni. Perché senza una risposta al declino demografico, ogni riforma resta fragile. È una sfida di sostenibilità, ma anche di equità tra generazioni e di coesione sociale».Il bonus Giorgetti (chi resta al lavoro riceve in busta paga i contributi) è rischioso per i giovani)? «Quella norma è una scelta politica precisa, che all’Inps spetta solo applicare. I dati europei mostrano che nei Paesi in cui cresce la partecipazione degli over 60 cresce anche l’occupazione giovanile. Non c’è un destino di conflitto tra generazioni: c’è la possibilità di un nuovo patto, in cui ciascuna età diventa risorsa». L’aumento dell’occupazione che tesoretto vi ha portato in dote? «Nel 2024 l’Inps ha registrato un saldo positivo di 15 miliardi, patrimonio netto in crescita e contributi a +5,5%. Abbiamo raggiunto 27 milioni di assicurati, di cui 7 milioni under 35, e 400.000 in più rispetto all’anno precedente. Numeri che rafforzano fiducia nel sistema e mostrano vitalità del lavoro, pur dentro un quadro demografico complesso. Non parliamo di una sfida solo italiana, ma europea». Quanto ha pesato la sterilizzazione del reddito di cittadinanza? «I dati indicano un aumento dell’occupazione tra gli ex beneficiari. È frutto di più fattori: un ciclo economico positivo, strumenti di attivazione più mirati e controlli più stringenti. Il reddito ha svolto una funzione di protezione, ma ha mostrato anche limiti strutturali. Per questo abbiamo spostato il baricentro: prima verifiche, poi erogazione, interoperabilità delle banche dati, verifiche ex ante e cooperazione con Gdf e Carabinieri, così che le risorse arrivino a chi ne ha realmente diritto. È un principio di equità, che garantisce tutela ai fragili ma responsabilità verso i contribuenti». Può darci qualche numero? «Come emerge dall’ultimo rapporto annuale Inps, tra gli ex percettori di reddito che non hanno chiesto l’Adi (assegno di inclusione ndr) o Sfl (supporto formazione lavoro ndr), l’occupazione è salita dal 18% di fine 2022 al 30% di fine 2024: da circa 100.000 a oltre 161.000 persone nel biennio. Anche tra chi ha fatto domanda ma senza sostegno economico, il tasso è salito dal 18% al 27%. È la prova che politiche di attivazione e controlli mirati producono effetti concreti». Il tallone d’Achille dell’occupazione restano i giovani. E le loro buste paga? «In Italia i giovani entrano nel lavoro più tardi e con retribuzioni più basse rispetto a Francia e Germania. È un divario reale, che riflette differenze strutturali. L’Inps ha scelto di mettere i giovani al centro, con un portale dedicato e oltre 50 servizi su misura. Ma colmare il gap richiede un’azione comune: formazione solida, politiche attive efficaci e imprese che investano sul capitale umano. Senza crescita dell’occupazione giovanile non c’è futuro sostenibile per il Paese». L’immigrazione potrebbe correre in soccorso, ma i dati dicono che chi arriva in Italia spesso non ha qualifiche. «Negli ultimi anni metà della nuova occupazione è stata sostenuta da lavoratori stranieri, che oggi rappresentano quasi il 14% del totale: non un’emergenza, ma una risorsa. Il punto non è se accogliere o no, ma come integrare e formare. Serve un’immigrazione qualificata e governata, capace di rispondere ai bisogni reali del sistema produttivo e del welfare. Così i flussi diventano contributi, competenze e nuova coesione sociale». Lei parla spesso di un nuovo modello di welfare e digitalizzazione dell’Inps che può avere un ruolo chiave. Ci spiega? «Il modello che immaginiamo è un welfare generativo: non si limita a distribuire, ma crea valore, opportunità, fiducia. Con la digitalizzazione possiamo personalizzare i percorsi, prevenire i problemi prima che diventino emergenze. Non più risorse a pioggia, ma investimenti nelle capacità delle persone. È la differenza tra un welfare che pesa e un welfare che genera futuro. È la risposta più profonda alle sfide del nostro tempo: natalità in calo, transizione demografica, nuovi bisogni sociali».Personalizzazione nel concreto cosa vuol dire? «La personalizzazione è la vera svolta. Grazie alla digitalizzazione non aspettiamo più che le persone vengano da noi: siamo noi ad andare da loro. La nuova App Inps ha superato i 6 milioni di utenti stabili e 40 milioni di accessi. Entro l’anno includerà servizi cruciali come la Naspi». L’intelligenza artificiale vi sta aiutando?«L’Ia è già operativa: più di 2 milioni di pensionati hanno usato il consulente digitale, 5 milioni di Pec vengono smistate in automatico, 23 progetti sono attivi. L’obiettivo non è sostituire, ma liberare tempo umano dalle incombenze ripetitive, restituendolo alla consulenza e all’ascolto. È una rivoluzione culturale, oltre che tecnologica: l’Ia non va subita, va governata».
«Murdaugh: Morte in famiglia» (Disney+)
In Murdaugh: Morte in famiglia, Patricia Arquette guida il racconto di una saga reale di potere e tragedia. La serie Disney+ ricostruisce il crollo della famiglia che per generazioni ha dominato la giustizia nel Sud Carolina, fino all’omicidio e al processo mediatico.