2021-09-13
Pippo Franco: «Meglio l’arte che la politica. Ma aiuterò Sgarbi e Michetti»
L'attore spiega perché si è candidato a Roma: «Voglio fare il consulente per l'assessore alla Cultura. Calenda m'irride? Pazienza: chi mi lancia i pomodori non mi prende mai...».Dal Bagaglino al Campidoglio il passo è breve. E Francesco Pippo, in arte Pippo Franco, è sceso in campo a sostegno dell'aspirante sindaco della Capitale scelto dal centrodestra, Enrico Michetti. La sua candidatura, com'era prevedibile, ha suscitato i risolini della Roma chic, quella che se uno ha fatto il comico non può fare il politico. Uno degli sfidanti, Carlo Calenda, aveva twittato: «Amici, qui abbiamo Viperetta con la Raggi, Pippo Franco con Michetti. O Michetti con Pippo Franco. Suggerimenti per una o più candidature di contrasto a cotanto fulgore?».Le ha dato fastidio essere trattato da guitto sciocco?«Assolutamente no, perché non ho letto queste cose, non le seguo».No?«Guardi, le faccio l'esempio degli spettacoli che facevo con Gabriella Ferri: c'era un pubblico che ci osannava e uno per cui eravamo troppo “avanti"».È abituato al lancio dei pomodori, quindi?«No no. Non mi toccano proprio. Se me tirano er pomodoro non m'hanno preso…».Chi l'ha convinta a candidarsi?«Michetti».In persona?«Sì sì, ci conoscevamo già dai tempi di Radio Radio. Ci siamo visti, me l'ha chiesto e io ho accettato».Per lei non è la prima volta, vero?«È successo un'altra volta, ma fu una cosa di carattere strumentale».In che senso?«Don Pierino Gelmini, che aiutavo nelle straordinarie cose che ha fatto per salvare tante vite, mi suggerì di candidarmi in questo improbabilissimo partito...».La Democrazia cristiana per le autonomie. Era il 2006.«Il partito era nato tre mesi prima, era un'unione tra socialisti e democristiani. Io, naturalmente, mi candidavo per la parte democristiana».Si capisce.«Poi Gianfranco Rotondi mi disse che, con i miei voti, erano riusciti a far eleggere Massimo Nardi».Si definirebbe ancora un democristiano?«Democratico sicuramente. Difensore della democrazia, cioè dell'ascolto di tutti».Trova che la democrazia così intesa sia in pericolo?«Be', mi pare evidente. Le spiego la mia posizione, che è frutto di una certa chiarezza interiore».Siamo qui apposta.«La storia si divide in storia vera, storia per come viene raccontata e ciò che si lascia volutamente fuori dalla storia. Ho l'impressione che di storia per come viene raccontata e di ciò che si lascia volutamente fuori dalla storia siamo fin troppo pieni. Oggi assistiamo a una contraddizione esplodente: tutti pensano di avere ragione. O almeno, quelli che vanno in televisione».Nella prima Repubblica, come poteva fare il comico, cioè il fustigatore del potere, restando un democristiano?«Sono sempre stato un uomo libero. Ho sempre difeso il senso democratico dell'esistenza. Sono vissuto decidendo per chi votare nel momento in cui andavo a votare. Certo, alla fine la mia “zona" era quella, ma nel quadro di una visione fondata sull'apertura e l'ascolto di tutti».Nell'ultima intervista che concesse alla Verità - aprile 2019 - aveva definito Virginia Raggi «eroica», perché, nonostante tutti i guai di Roma, «è rimasta lì. Indiscutibilmente ha un grande carattere». Immaginiamo abbia cambiato idea.«No. È che fu il titolista a travisare la mia idea dal titolista. Mi avete fatto dire: “Stimo la Raggi"».Ahia. Abbiamo sbagliato?«Io intendevo un'altra cosa: stimo la Raggi perché malgrado non abbia una squadra, malgrado le buche, malgrado tutto quello che è successo, sta ancora là… Ma come fa a stare ancora là?».Ah, era un paradosso?«Certamente!».Un'ironia sottile che non abbia colto…(Risata) «Sì, a volte bisogna essere ironicamente molto più espliciti».In che quartiere abita?«Roma Nord».Dove ogni tanto compaiono i cinghiali?«Anche. Però i cinghiali sono il male minore. Tutto sommato, ci siamo abituati».Che guai avete?«Tendenzialmente, ce ne sono meno che a Roma Sud. Pure le strade si sono sfasciate di meno, forse perché questa zona si è sviluppata più di recente».Con tutti i problemi che ha Roma, due mandati non basterebbero per risolverli. Non è meglio prendersi un solo, solenne impegno con gli elettori - per esempio, eliminare la piaga della monnezza - e portalo a termine entro i primi cinque anni?«Sì. Sì. E infatti la mia candidatura si è limitata a una sola area d'azione: l'assessorato alla Cultura».È un candidato di scopo?«A me interessa soltanto quell'aspetto, non la politica in quanto tale. Stiamo parlando di arte e, alla fin fine, l'arte non ha colori, non ha ideologie. Infatti sono felice dell'ironia di Calenda: ci ha fatto capire che è pure in grado di ridere».Quindi, punta a fare l'assessore?«Più che altro, vorrei essere un consulente, un esperto al servizio dell'assessore. Verrei subito dopo Vittorio Sgarbi».Che consigli darebbe?«Ho fatto il direttore artistico a Fiuggi per un lungo periodo. Siamo arrivati a organizzare fino a tre manifestazioni al giorno, fra lirica, sport, conferenze, spettacoli di vario tipo. Ed era tutto multidisciplinare. Proporrei quel modello».Parla da artista impegnato. Stupirebbe Calenda.«Calenda è rimasto a Mi scappa la pipì, papà. È la storia per come viene raccontata...».Lei, comunque, mica rinnega i lavori che le hanno garantito tanta popolarità.«Niente affatto. La popolarità è venuta da una creatività esplosiva». Ci racconta la sua carriera?«Io nasco come pittore e musicista. Ho studiato al liceo artistico - attenzione: con Giulio Turcato e, soprattutto, con il grande Renato Guttuso, con i quali avevo un legame profondo. Mi riconoscevano come artista. Ho dipinto fino a 23 anni e, contemporaneamente, suonavo la chitarra nei locali notturni, con un gruppo fondato da me».Dopo?«Ho disegnato fumetti per tre anni. Poi ho fatto il cantautore, ho cominciato a scrivere canzoni - fra le quali anche Mi scappa la pipì, ma non solo quella. Alla fine, è venuto fuori l'attore».In che modo?«La presentazione delle canzoni aveva iniziato ad avere la preminenza sulle canzoni stesse. Ma tutto quello che ho fatto mi appartiene. E aver conosciuto la storia dell'arte ha fatto la differenza».Le piace il governo Draghi?«Mmm… Me faccia la domanda di riserva…».Va bene. Lei è sempre stato credente. Cosa ha portato in più la fede nella sua vita?«È stata determinante. Rispondo con un'affermazione di Benedetto XVI».Quale?«Alla domanda “Che cos'è la vita?" - che ciascuno di noi si dovrebbe porre - spiegò che per lui la vita è “la conoscenza della tristezza, la conoscenza dell'amore e la conoscenza del divino". ».Che insegnamento ne ha tratto per sé?«Gli artisti, tendenzialmente, sono proiettati verso l'infinito. Le domande se le pongono. E io ho trovato anche le risposte, avendo vissuto a contatto con mistici e veggenti: ho conosciuto padre Gabriele Amorth, con Natuzza Evolo ho vissuto 34 anni di vita interessantissima. Ho fatto esperienza».Ha aperto, già in vita, una finestra sull'aldilà?«La conoscenza è esattamente questo. Lo dice San Francesco d'Assisi, che era contentissimo: “Laudato si', mi' Signore", persino “per nostra sora morte". Lui, d'ironia, ne usava moltissima. Ci ha insegnato l'allegrezza francescana, che è l'allegrezza della vita».Di questi tempi, farsi una risata anche di fronte alla morte non è male, no?«L'ultimo libro che ho scritto s'intitola La morte non esiste. E il sottotitolo è: La mia vita oltre i confini della vita. Le ho già risposto».Lei ha festeggiato gli 81 anni.«I 18, per la verità: guardiamoli dall'altro lato...».Ahahah. Si è vaccinato?«Domanda di riserva...».Ancora?«Eh mi spiace. Sono vantaggi che non do a nessuno: se dici sì c'hai dei nemici, se dici no ce n'hai altri…».Porsi domande e dubbi, anche sui vaccini, è lecito?«Torno a dire che amo la democrazia. La quale include la democrazia del pensiero. Qui uno dice una cosa, un altro ne dice un'altra. Le contraddizioni sono esplodenti e viviamo soltanto di emergenze. Oggi è tutta un'emergenza».Ma vive con angoscia la pandemia, visto che rientra in una categoria «a rischio»?«L'angoscia è uno di quei sentimenti dai quali sono sempre stato lontano. Ai problemi c'è sempre una soluzione».Quindi, non è vero che i comici nella realtà sono tristi?«La mia infanzia è stata piuttosto difficile».Conobbe suo padre, tornato dalla prigionia inglese, a sei anni. E dopo pochi mesi, lui morì.«Ecco: i cominci di solito sono persone che hanno conosciuto le difficoltà sociali, familiari, la fame dei tempi di Totò ed Ettore Petrolini. L'ironia era una reazione a questa realtà. Ma bisogna esserci nati, con questo senso dell'ironia». E lei ci nacque.«Sa che scrisse Sigmund Freud in un lavoro bellissimo, del 1905, intitolato Il motto di spirito e la sua relazione con l'inconscio? Consideri che scrisse L'interpretazione dei sogni perché prima si era domandato per quale motivo l'uomo voglia ridere».Che spiegazione si diede?«Il libro si conclude con Freud che dice: “Il nostro desiderio di ridere non è altro che il nostro desiderio di ritornare bambini, quando non avevamo bisogno dell'umorismo per essere felici"».Che ne deduce?«Che in realtà, l'uomo nasce felice. E non esiste nulla che ci possa separare irrimediabilmente dai bambini che eravamo».
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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