
Il Prodotto interno lordo è sceso dello 0,3%: si tratta del primo dato negativo dal 2022. Per il presidente «è l’eredita dei dem, presto prospereremo». In precedenza aveva avvertito i produttori d’auto: «Trasferite le fabbriche qui o sarete massacrati».Donald Trump ha difeso a spada tratta la sua politica commerciale. E lo ha fatto a seguito dei cali registrati ieri da Wall Street. Cali arrivati dopo la pubblicazione dei dati del dipartimento del Commercio, secondo cui, nel primo trimestre del 2025, il Pil americano è sceso dello 0,3%: si tratta del primo dato negativo dal 2022. Sembra, in particolare, che la situazione sia stata causata da un deciso incremento delle importazioni, dovuto all’attesa dei dazi americani.Trump ha rifiutato di farsi addossare la colpa delle turbolenze azionarie e ha rilanciato, attaccando il predecessore, Joe Biden. «Questo è il mercato azionario di Biden, non di Trump. Ho preso il controllo solo il 20 gennaio. I dazi inizieranno presto a entrare in vigore e le aziende stanno iniziando a trasferirsi negli Stati Uniti in numeri record. Il nostro Paese prospererà, ma dobbiamo liberarci dell’eredità di Biden. Ci vorrà un po’, non ha nulla a che vedere con i dazi: è solo che ci ha lasciato con numeri negativi. Tuttavia, quando il boom inizierà, sarà senza pari. Siate pazienti!», ha dichiarato il presidente americano su Truth, per poi rincarare la dose durante il Consiglio dei ministri, tenutosi ieri. «Devo iniziare dicendo che la colpa è di Biden, non di Trump. Perché siamo entrati in carica a gennaio, questi sono dati trimestrali», ha detto.Già martedì, durante un comizio in Michigan, Trump, che deve fare i conti anche con un calo nei sondaggi, aveva difeso la propria politica commerciale, ribadendo la necessità di un «periodo di transizione». A difesa dell’amministrazione, ieri, si è pronunciato anche il consigliere del presidente, Peter Navarro. «I mercati devono guardare oltre la superficie di questa cifra», ha detto, riferendosi ai dati del Pil. «Abbiamo avuto un aumento del 22% negli investimenti nazionali», ha proseguito. «È un dato fuori scala se si escludono le scorte e gli effetti negativi dell’aumento delle importazioni dovuto ai dazi: la crescita è del 3%. Quindi, siamo davvero soddisfatti della situazione attuale», ha continuato.L’obiettivo, ragionano alla Casa Bianca, è quello di usare i dazi come strumento negoziale, per concludere accordi economici vantaggiosi con vari Paesi e, al contempo, cercare di isolare il più possibile la Cina sul piano commerciale. È, per esempio, in quest’ottica che, martedì, Trump aveva espresso ottimismo per un imminente intesa con Nuova Delhi. «Penso che troveremo un accordo con l’India», aveva detto. Al contempo, Washington sta portando avanti negoziati commerciali anche con Giappone, Corea del Sud e Vietnam. Prima o poi, dovrebbero iniziare anche quelli con l’Ue. Non solo. Nella serata italiana di ieri, quando La Verità era già andata in stampa, era atteso un discorso del presidente americano dedicato ad attrarre maggiori investimenti negli Stati Uniti. Del resto, durante il comizio di martedì in Michigan, l’inquilino della Casa Bianca aveva minacciato di «massacrare» di tariffe quei produttori di automobili che non hanno intenzione di spostare le loro attività in territorio statunitense.È quindi su questi punti cruciali che si gioca la scommessa tariffaria di Trump. Sullo sfondo resta poi probabilmente il cosiddetto «Accordo di Mar-a-Lago», sulla cui base il presidente americano potrebbe usare i dazi (anche) come strumento di pressione per costringere i partner commerciali non solo ad agire di concerto per svalutare il dollaro ma anche a scambiare i titoli di Stato americani da loro detenuti con titoli a lunghissima scadenza e senza cedola. La questione del debito, per Trump, è d’altronde di notevole importanza, soprattutto in vista della tanto agognata riforma fiscale. Riforma di cui il presidente ha parlato, non a caso, anche ieri in Consiglio dei ministri, definendola «una proposta di legge grande e meravigliosa».Nel frattempo, sempre ieri, la Cnn, citando dati del governo cinese, ha riferito che «ad aprile, l’attività manifatturiera cinese ha subito la contrazione più rapida degli ultimi 16 mesi, poiché i dazi elevati imposti dagli Stati Uniti hanno avuto un impatto pesante». In questo quadro, di nuovo in Consiglio dei ministri, Trump è sembrato tendere un ramoscello d’ulivo a Xi Jinping. «Troveremo un accordo», ha affermato, ma ha anche ammonito Pechino, precisando: «Non vogliamo i loro prodotti a meno che non siano equi con noi». Ha inoltre sottolineato che i dazi cinesi potrebbero far aumentare il costo delle bambole. «Forse le bambine avranno due bambole invece di 30, e forse le due bambole costeranno un paio di dollari in più». Un Consiglio dei ministri, quello di ieri, che ha visto anche il congedo di Elon Musk, non certo un fan dei dazi, dall’amministrazione. «Vogliamo tutti ringraziarti», gli ha detto Trump. «Ti sei davvero sacrificato. Sei stato trattato ingiustamente», ha aggiunto.In tutto questo, il presidente americano tira dritto con lo spoil system: ha infatti licenziato tutti i nominati da Biden nel board dell’Holocaust Memorial Museum, tra cui il marito di Kamala Harris, Doug Emhoff.
Lirio Abbata (Ansa)
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(Stellantis)
Nel 2026 il marchio tornerà a competere nella massima categoria rally, dopo oltre 30 anni di assenza, con la Ypsilon Rally2 HF. La storia dei trionfi del passato dalla Fulvia Coupé alla Stratos alla Delta.
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Lo ha annunciato uno dei protagonisti degli anni d'oro della casa di Chivasso, Miki Biasion, assieme al ceo Luca Napolitano e al direttore sportivo Eugenio Franzetti: la Lancia, assente dal 1992 dalla massima categoria rallystica, tornerà protagonista nel campionato Wrc con la Ypsilon Rally2 HF. La gara d'esordio sarà il mitico rally di Monte Carlo, in programma dal 22 al 26 gennaio 2026.
Lancia è stata per oltre quarant’anni sinonimo di vittoria nei mondiali di Rally. Un dominio quasi senza rivali, partito all’inizio degli anni Cinquanta e terminato con il ritiro dalle competizioni all’inizio degli anni Novanta.
Nel primo dopoguerra, la casa di Chivasso era presente praticamente in tutte le competizioni nelle diverse specialità: Formula 1, Targa Florio, Mille Miglia e Carrera. All’inizio degli anni ’50 la Lancia cominciò l’avventura nel circo dei Rally con l’Aurelia B20, che nel 1954 vinse il rally dell’Acropoli con il pilota francese Louis Chiron, successo replicato quattro anni più tardi a Monte Carlo, dove al volante dell’Aurelia trionfò l’ex pilota di formula 1 Gigi Villoresi.
I successi portarono alla costituzione della squadra corse dedicata ai rally, fondata da Cesare Fiorio nel 1960 e caratterizzata dalla sigla HF (High Fidelity, dove «Fidelity» stava alla fedeltà al marchio), il cui logo era un elefantino stilizzato. Alla fine degli anni ’60 iniziarono i grandi successi con la Fulvia Coupè HF guidata da Sandro Munari, che nel 1967 ottenne la prima vittoria al Tour de Corse. Nato ufficialmente nel 1970, il Mondiale rally vide da subito la Lancia come una delle marche protagoniste. Il trionfo arrivò sempre con la Fulvia 1.6 Coupé HF grazie al trio Munari-Lampinen-Ballestrieri nel Mondiale 1972.
L’anno successivo fu presentata la Lancia Stratos, pensata specificamente per i rallye, la prima non derivata da vetture di serie con la Lancia entrata nel gruppo Fiat, sotto il cui cofano posteriore ruggiva un motore 6 cilindri derivato da quello della Ferrari Dino. Dopo un esordio difficile, la nuova Lancia esplose, tanto da essere definita la «bestia da battere» dagli avversari. Vinse tre mondiali di fila nel 1974, 1975 e 1976 con Munari ancora protagonista assieme ai navigatori Mannucci e Maiga.
A cavallo tra i due decenni ’70 e ’80 la dirigenza sportiva Fiat decise per un momentaneo disimpegno di Lancia nei Rally, la cui vettura di punta del gruppo era all’epoca la 131 Abarth Rally.
Nel 1982 fu la volta di una vettura nuova con il marchio dell’elefantino, la 037, con la quale Lancia tornò a trionfare dopo il ritiro della casa madre Fiat dalle corse. Con Walter Röhrl e Markku Alèn la 037 vinse il Mondiale marche del 1983 contro le più potenti Audi Quattro a trazione integrale.
Ma la Lancia che in assoluto vinse di più fu la Delta, che esordì nel 1985 nella versione speciale S4 sovralimentata (S) a trazione integrale (4) pilotata dalle coppie Toivonen-Wilson e Alen-Kivimaki. Proprio durante quella stagione, la S4 fu protagonista di un drammatico incidente dove morì Henri Toivonen assieme al navigatore Sergio Cresto durante il Tour de Corse. Per una questione di giustizia sportiva il titolo piloti fu tolto alla Lancia alla fine della stagione a favore di Peugeot, che era stata accusata di aver modificato irregolarmente le sue 205 Gti.
L’anno successivo esordì la Delta HF 4WD, che non ebbe rivali con le nuove regole del gruppo A: fu un dominio assoluto anche per gli anni successivi, dove la Delta, poi diventata HF Integrale, conquistò 6 mondiali di fila dal 1987 al 1992 con Juha Kankkunen e Miki Biasion. Lancia si ritirò ufficialmente dal mondo dei rally nel 1991 L’ultimo mondiale fu vinto l’anno successivo dal Jolly Club, una scuderia privata appoggiata dalla casa di Chivasso.
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