2023-02-13
Pier Paolo Frigotto: «Un libro scritto nelle classi per dire la verità sulle foibe»
Il preside del Parise di Arzignano: «Questo romanzo collettivo rompe colpevoli silenzi Per decenni sui testi scolastici nemmeno un cenno oppure soltanto nozioni fuorvianti».Erano in 250 a Kočevski Rog, in Slovenia. Ragazzi per lo più, strappati alla vita dalla polizia segreta del regime comunista, agli ordini del maresciallo Tito. Ci sono voluti tre giorni per recuperare tutti i corpi, trascinati sull’orlo della foiba prima della fine. Uccisi, a colpi di fucile. C’erano ancora pettini, immagini sacre, un rosario, come raccontano gli archeologi che hanno condotto gli scavi. L’idea di un romanzo per ragazzi, scritto dai ragazzi, nasce da qui: 500 alunni dell’Istituto Goffredo Parise di Arzignano e Montorso Vicentino hanno lavorato alla stesura di un racconto collettivo (La foiba dei ragazzi, Loescher Editore, Torino 2023) per provare a restituire il giusto valore a un pezzo della storia italiana a lungo rimossa dalla memoria collettiva e ancora poco insegnata tra i banchi.Pier Paolo Frigotto, dirigente scolastico del Parise, ci vuole coraggio a parlare delle foibe. E ci vuole ancora più coraggio a far entrare nelle scuole un argomento che per troppo tempo è rimasto tabù. «Anche a scuola, c’è sempre stata una certa difficoltà a trattare il tema delle foibe, a parlare degli eccidi che insanguinarono l’ex Jugoslavia e che hanno costretto centinaia di migliaia di nostri connazionali dell’Istria e della Dalmazia a lasciare le loro case. Il ritrovamento di Kočevski Rog ci ha fatto capire come il dramma di una storia vera possa servire ai ragazzi per aprire gli occhi su una tragedia che meriterebbe uno spazio diverso nei programmi scolastici».Martina, la protagonista del romanzo, è la rappresentazione di una parte d’Italia che per anni è stata lasciata all’oscuro, lontana dalla verità: «Non potete più escludermi, anche io ho il diritto di sapere», dice ai suoi familiari. Da quel momento, inizia il suo viaggio nei luoghi degli eccidi e si alza finalmente il velo su una storia che provoca stupore, dolore e incredulità.«Attualmente, in Italia non c’è un romanzo per ragazzi che parli del martirio delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata, ciò la dice lunga sul colpevole silenzio imposto fino a qualche anno fa. Per intere generazioni di italiani, cresciuti nella seconda metà del secolo scorso, le foibe erano solamente delle attrazioni paesaggistiche».Ancora oggi c’è chi le mette in discussione: «Le foibe sono un’invenzione fascista», ha scritto in una nota il segretario di Rifondazione comunista, Maurizio Acerbo, proprio nel Giorno del ricordo. «Tante persone si sono girate dall’altra rispetto alla verità: basti pensare che per molto tempo l’argomento non è apparso nemmeno sui libri di storia e questo è tristissimo. Quando hanno iniziato a parlarne, lo hanno fatto in maniera del tutto fuorviante».Che cosa intende?«In un testo che ci è stato proposto lo scorso anno, si riportava chiaramente che il fascismo ha avuto come conseguenze il dramma delle foibe e l’esodo. Non è accettabile una tale banalizzazione della storia, soprattutto perché questi testi finiscono nelle mani di giovanissimi, il cui spirito critico non è ancora adeguatamente formato».Nelle foibe e nelle sepolture dell’entroterra giuliano, istriano e dalmata giacciono i resti di ragazzini che erano coetanei degli autori. Che cosa hanno pensato gli studenti nel corso della stesura del romanzo?«I ragazzi sono stati profondamente toccati dagli eventi che hanno raccontato. In qualche modo, si sono immedesimati nei protagonisti: come loro hanno dovuto immergersi in un dramma e lo hanno fatto con trasporto e partecipazione emotiva. Martina è un personaggio inventato, ma i fatti indagati sono tremendamente reali e documentati».Uno degli aspetti più apprezzati del progetto è proprio la cura con cui è stata condotta la ricerca documentale, tenuta lontana da qualsiasi aspetto ideologico. «Abbiamo deciso di ricostruire i fatti attraverso una bibliografia bipartisan, se possiamo applicare al romanzo un termine politico. Abbiamo cercato fonti a 360 gradi: video, testimonianze dirette, libri. È stato importante aiutare i ragazzi a comprendere il corretto utilizzo delle fonti, a capire la differenza tra la storia e la storiografia. Riuscire ad ascoltare i racconti di chi ha vissuto la tragedia in prima persona ha restituito ai nostri studenti il senso del dolore, della sofferenza. Per la stesura abbiamo potuto contare sul lavoro di 15 insegnanti di lettere e sull’aiuto dello scrittore Daniele Nicastro, che ha fornito indicazioni sulle caratteristiche dei personaggi principali. Abbiamo scelto di raccontare una storia al presente, che parlasse direttamente dei ragazzi di oggi e ai ragazzi di oggi».È anche per questo che siete riusciti a coinvolgere i vostri studenti a tal punto? «Per poterli condurre in un mondo lontanissimo, era necessario agganciarli alla realtà che vivono tutti i giorni: Martina è un’adolescente come loro, che vive un rapporto conflittuale con la famiglia, esattamente come spesso capita a quell’età».Non è la prima volta che il vostro istituto porta avanti progetti del genere: prima della Foiba dei ragazzi, avete pubblicato altri tre romanzi con importanti case editrici. Tutti realizzati attraverso la tecnica della scrittura collettiva. «La scrittura collettiva ci permette di raggiungere un coinvolgimento totale dei ragazzi. Se la scrittura è condivisa, si crea più entusiasmo. Quello che abbiamo da poco dato alle stampe è stato sicuramente il progetto più impegnativo: la storia è stata lo sfondo e al tempo stesso il motore della trama, anche se alcuni aspetti risulterebbero complicati per chiunque».A cosa si riferisce?«Quanti studenti, anche universitari, conoscono la strage di Vergarolla, citata nel romanzo? Fu il primo attentato terroristico della Repubblica italiana, nell’agosto 1946, che causò la morte di più di cento persone. Eppure, quasi la totalità dei libri scolastici su cui i nostri ragazzi si formano non le dedicano neppure una riga. La storia va raccontata tutta, fino in fondo. Senza alcuna forma di strabismo».Quanto ancora c’è da fare per conoscere la verità? E che ruolo immagina per la scuola?«Per la maggior parte dei ragazzi, la storia del Novecento si studia solo negli ultimi anni del ciclo scolastico, in terza media o in quinta superiore. Certi temi vengono lasciati a un trattamento superficiale. Le Linee guida per la didattica della frontiera adriatica, emanate dal ministero dell’Istruzione lo scorso ottobre, sono certamente un passo in avanti rispetto al passato, ma quanti istituti, quanti professori le hanno lette? In quanti le metteranno in pratica? E, soprattutto, chi controllerà che ci sia la giusta attenzione su un tema di straordinaria importanza per la nostra collettività? Il più delle volte, il massimo che si fa è l’emanazione di una circolare per rievocare il Giorno del ricordo, quasi per pulirsi la coscienza. È davvero troppo poco, bisogna fare di più. Sono convinto che ci sia ancora tanto da conoscere e da scrivere».Dopo le riesumazioni di Castua e di Ossero, la Federazione degli esuli chiede al ministero degli Esteri di attivarsi presso gli omologhi croati e sloveni affinché sempre più sepolture vengano esplorate. «Non ho sufficienti elementi per capire se esistano altre sepolture ancora inesplorate. È certo che, in questi ultimi anni, Slovenia e Croazia hanno cominciato a collaborare in maniera molto più incisiva rispetto al passato e ciò fa ben sperare». Come giudica l’ipotesi che il Parlamento italiano possa istituire una Commissione d’inchiesta per indagare sui silenzi che ci sono stati sul tema delle foibe? «A cosa sono servite le commissioni d’inchiesta in Italia? Ce n’è stata una che sia riuscita a fare davvero luce sui tanti misteri della nostra storia? Se è capitato, la cosa mi è sfuggita. Ecco, io credo di più all’intraprendenza dei singoli - presidi, professori, uomini di cultura - che alle commissioni. Nel nostro Paese ci sono tante persone in gamba, che danno il loro contributo in modo serio e continuo, senza limiti di tempo».Cosa pensa del dietrofront sulle foibe andato in scena a Sanremo? Alla fine il ricordo sul palco dell’Ariston c’è stato. «È sempre importante parlarne, ma auspico che si inizi a trattare con maggior forza il tema nei luoghi consoni, cioè quelli in cui si formano gli italiani del futuro. A Sanremo si è parlato di tutto e di più, a volte in maniera piuttosto scomposta. Anche se il Festival ha un seguito enorme, lascerei stare le canzonette: il modo migliore per ricordare il dramma delle foibe resta la scuola, l’universo della cultura. Nell’epoca dei social media, c’è la pia illusione che tutto possa essere affidato all’immagine, ai simboli effimeri. Argomenti come questi sono troppo importanti per essere trattati con superficialità».
(Totaleu)
Lo ha detto l'eurodeputata della Lega Anna Maria Cisint, dopo la votazione alla commissione sulla pesca a Bruxelles, riguardo la vittoria sulla deroga delle dimensioni delle vongole, importante aspetto per l'impatto sul settore ittico.
L'Alto rappresentante dell'Unione europea per gli affari esteri Kaja Kallas (Ansa)