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Piazza deserta, la sinistra stecca alla Scala

Piazza deserta, la sinistra stecca alla Scala
Ansa
Effetto Elly Schlein sulle tradizionali proteste davanti al Piermarini in occasione della Prima: pochi i contestatori dei centri sociali con bandiere e fiacchi slogan per la Palestina. Al termine dell’Inno di Mameli un loggionista urla: «Viva l’Italia antifascista».
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Alberto Contri: «Mattarella calpesta i limiti della Carta»
Alberto Contri (Imagoeconomica)
L’esperto di comunicazione: «Nonostante l’eccezione del secondo mandato, il capo dello Stato interviene su tutto, dando indirizzi di politica interna ed estera. Nel frattempo i media mainstream globali crollano perché la verità si trova solo sui social liberi».

Sconfortato per lo stato dell’informazione in Italia e in Europa, stupito di essere tra i pochi ad allarmarsene ma deciso a dar battaglia, già ai vertici di importanti istituzioni della comunicazione, ex consigliere Rai e per 20 anni presidente di Pubblicità Progresso, Alberto Contri ha appena pubblicato La guerra della comunicazione, testo contenuto in Luce (Arca Edizioni), saggio di autori vari, tra i quali lo storico Angelo D’Orsi e la virologa Maria Rita Gismondo.

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Emilia-Romagna contro i proprietari
Michele De Pascale (Ansa)
Creata dalla Regione una destinazione d’uso per inserire oneri aggiuntivi nel caso degli immobili destinati ad affitti brevi, ma la norma è a forte rischio incostituzionalità.

L’Emilia-Romagna bastona i proprietari di casa. È infatti durissima la reazione dei capigruppo di Forza Italia, Fratelli d’Italia, Lega e Rete civica alla legge regionale sugli affitti brevi approvata in Assemblea legislativa. In dettaglio, il progetto di legge proposto dalla giunta introduce nei piani urbanistici comunali una nuova destinazione d’uso, denominata «locazione breve», che ricade nella categoria turistica-ricettiva. L’obiettivo è quello di «distinguere gli immobili destinati a questo tipo di attività dal patrimonio abitativo ordinario».

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Mai dire Blackout | 2035, le illusioni perdute

Trump blocca il petrolio del Venezuela. Domanda elettrica, una questione di sicurezza nazionale. Le strategie della Cina per l’Artico. Auto 2035, l’Ue annacqua ma ormai il danno è fatto.

In Francia e Germania crolla il consenso per gli aiuti. Il 75% dei tedeschi boccia Merz, fautore della «rapina» a Mosca, scongiurata ad alto prezzo. Solo la stampa loda Bruxelles. Che forse smetterà di sabotare il dialogo.

I 90 miliardi di prestito, anzi, di regalo all’Ucraina, poiché sono soldi che non rivedremo mai, rappresentano il prezzo da pagare per aver schivato la masochistica confisca degli asset russi congelati. La cupio dissolvi dell’Europa è una patologia talmente avanzata, da richiedere cure costosissime: 220 euro a testa, compresi i 3 miliardi di euro l’anno di interessi sulle obbligazioni emesse per finanziare Kiev, che inizieranno a gravare sul bilancio dell’Unione dal 2028. Il tutto, infrangendo un tabù - quello del debito comune - che era rimasto intangibile persino di fronte alle esigenze di finanziamento della sanità, delle pensioni e del welfare nel Vecchio continente. Il tutto, al solo scopo di tenere in piedi una nazione che ha perso la guerra e che, comunque, non ha risolto il problema del suo fabbisogno di cassa: nel 2026 le serviranno 71 miliardi, noi gliene garantiamo 45, ossia la metà della somma biennale stanziata dal Consiglio nella notte tra giovedì e venerdì. Volodymyr Zelensky, ieri, è stato chiaro: il denaro sarà restituito «solo se la Russia pagherà le riparazioni necessarie». A Roma direbbero: ciao, core

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