2022-07-03
Piantare a caso in nome del green. Il modello Milano contagia il Paese
Con la scusa della «rigenerazione urbana», il capoluogo lombardo fa scuola. E sulla scia del Bosco verticale è guidato dalla smania di piazzare alberi in ogni dove. Il futuro è una città senza macchine, ma solo per ricchi.Milano è una città avanti. Per vedere quel che domani accadrà in tutte le altre parti d’Italia, o quasi, si guarda a quel che accade ora a Milano. Milano è l’unica vera città internazionale del nostro Paese. Milano non dorme mai. Milano City. La Borsa di Milano. La moda di Milano. L’arte di Milano. Il calcio di Milano. Il teatro di Milano. Lo stile di Milano. Il design di Milano. Il fumetto all’italiana di Milano. L’editoria di Milano. Il giornalismo di Milano. I grattacieli di Milano. Il basket di Milano. La società civile di Milano. Milano Milano. Il milanese imbruttito. Milan l’è semper Milan!Uno dei temi che si è imposto negli ultimi tempi tra le alte sfere dell’intellighenzia cittadina è la rigenerazione urbana, questa bella formuletta facile facile che piace assai a politici, assessori, tecnici, docenti universitari, conferenzieri, giornalisti à la page, addirittura poeti, animatori, vescovi, attori e aspiranti alla beatificazione. Ma che cosa vuol dire rigenerazione urbana? Ad esempio piantare alberi ovunque, coloro che la teorizzano e ne fanno ampio utilizzo parlano di edifici ricoperti di vegetazione, di boschi verticali moltiplicati e applicati a tutti i tipi o quasi di edificio, e pensa alla disciplina che ci vorrà per obbligare tutti i futuri cittadini green de Milan che debbono coltivare forzosamente piccoli lecci, piccoli eucalipti, siepi di tasso, carpino, bosso, photinia e lautoceraso. Ulivi sul tetto? Il minimo che ti puoi aspettare e, visto che già c’è chi coltiva le arnie e vende o regala ai vicini, agli amici, ai colleghi o ai malcapitati conoscenti deliziosi barattolini di miele fatto in casa, a domestic production, produzione propria, con arnie piazzate vicino ai filari di tiglio, o nei giardini di rose e di altre infiorescenze, magari anche al settimo piano del centro città, e dunque cosa impedirà in futuro a questi audaci coltivatori diretti di vendere le olive dei tetti di Milano 2, o di Porta Ticinese, di Porta Nuova, dei Navigli o di Porta Romana? Olio di Milano, lo chiameranno, e chissà che retrogusti di ferrovia, di scappamento, quali metalli pesanti e polveri sottili potranno renderlo così amabile e unico e indescrivibile? Ma che ne sanno i contadini delle Puglie, del Salento, del Ponente ligure o del lago di Garda? Il vero olio lo coltivi a Milano…E già che ci siamo piantiamo alberi ovunque, sempre più giardini, tra i palazzi, sopra i cavalcavia, creiamo boschetti ovunque ci sia spazio, tra campi e campi, tra campi di pannelli fotovoltaici e campi di cereali, tra campi da tennis e campi da padel, lungo la tangenziale, e lungo le ferrovie dismesse, e poi attorno ai campi sportivi, via i parcheggi che intanto di qui a 20 anni saranno tutti sotterranei, come le grandi arterie di comunicazione e di spostamento dei veicoli, tutto sotto i palazzi, tutto al buio, tutto nascosto, e così le strade diventeranno giardini e prati, orti botanici e spazi per il jogging, il walking, la mindfulness, il shinrin yoku urbano, il birdwatching - inutile dirlo, tutto questo nuovo spazio ospiterà molti più uccelli, e finalmente i cinghiali e le volpi potranno scorrazzare anche in via Montenapoleone o ai piedi delle scale del Duomo, in Piazza Borsa a fissare curiosamente quel dito che punta chissà dove. E ovviamente anche allo stadio, lì i parenti prossimi non mancano.Tutto verrà riconvertito e rigenerato: le aree industriali dismesse che sono già cosa rara diventeranno un vago ricordo da storia dell’edilizia postindustriale, i quartieri dormitorio nell’hinterland così come li conosciamo oggi spariranno, camuffati da migliaia di nuove piantumazioni, e pace se chi vive non arriva a fine mese perché gli stipendi sono sempre più bassi e gli imprenditori amici del sindaco con la poltroncina numerata alla Scala invece sempre più in cerca di agili lavoratori dei tempi moderni, svincolati da tutela sindacale, da pregiudizi tipo un orario fisso di lavoro a fronte di una paga mensile, cose dell’altro secolo, di prima, di quando la gente andava a lavorare soltanto per mettere qualcosa in pancia, no, ora il futuro è tutto diverso e qualsiasi lavoro lo si fa soltanto per fare la storia, per essere unici e protagonisti, per essere originali a tutti i costi. E molto green, va beh, questo è inutile aggiungerlo, come dicono i linguisti, gli amanti del lessico, evenemenziale, iperbolico, pleonastico. L’uomo, la donna, il transessuale, il transgender del futuro saranno necessariamente green. E di fatti vivranno in città foresta, in città tutte da guardare, da fotografare, da respirare, da meditare!Le malattie saranno poche e quasi tutte si cureranno con una pillola, o un intervento correttivo al proprio dna. E alla fine, quando saranno tutti felici, bellissimi, più nessuno farà fatica e potrà permettersi il lusso di coltivare ansie, preoccupazioni, insoddisfazioni, frustrazioni, delusioni, e quando la tecnologia sarà buona, non come quella di oggi che a noi ovviamente piace ma inquina i suoli di mezzo mondo, sfrutta la manodopera dei lavoratori sottopagati di Cina, Sudest asiatico, India, Brasile, e coloro che estraggono, anche a costo della propria salute, i metalli preziosi che servono dalle profondità rocciose delle lande sudamericane e africane. No, in futuro questo dumping sociale non sarà tollerato, tutto arriverà forse addirittura dalla Luna dove lavoreranno androidi e macchine pensanti adibite al raggiungimento dello scopo. Blade Runner insomma, per intenderci. La terra rimasta sarà tutta ricoperta di vegetazione, di felice vegetazione, e chissà che cosa leggeranno questi milanesi del futuro, chissà quali poeti reciteranno a memoria, questi milanesi del futuro; quali canzoni, quale musica, quale cultura sonora praticheranno questi milanesi del futuro, eco-rap, green rock, root folk, leaf-dub, stump music. Noi non ci saremo, non lo sapremo mai, forse possiamo soltanto immaginarlo. Ma tutto parte adesso, con questa crescente mania di amore per gli alberi, le piante, i fiori, i giardini pensili, le pareti ricoperte di piante tropicali, i palazzi arborei, le vetrine delle librerie tutte colme di pubblicazioni di professori in arboricoltura, biologi vegetali, neuroscienziati, giardinieri, potatori, architetti del paesaggio, narratori arborei, romanzi forestali, poeti radicali, favole profumate e racconti da bonsaisti d’eccellenza. I partiti politici avranno tutti leader fotogenici e loghi con riferimenti vegetali e animali, il francescanesimo e il buddismo si saranno fusi in un’unica religione universale.