
Il vicepremier punta all'ok delle parti sociali: sforbiciate al fisco e spesa per investimenti. Questo consenso sarà utile a Bruxelles.Ottobre si profila come un mese da percorrere sul filo del rasoio. In equilibrio tra la rottura del governo e il successo nel braccio di ferro con l'Unione europea. Un apparente remake del ping pong avvenuto tra fine ottobre e dicembre del 2018. Il piano targato Lega è spingere il piede sull'acceleratore del taglio delle tasse e al tempo stesso dell'aumento del deficit. Ma quest'anno rispetto allo scorso anno sono cambiate almeno quattro cose fondamentali. La prima è che la Lega continua a farsi forte del voto delle europee mentre i 5 stelle si muovono in difesa. Per cui il Carroccio alzerà la voce e vorrà bocciare tutte quelle misure che dovrebbero allargare lo schema del reddito di cittadinanza: spostare la manovra sul versante fiscale renderà non necessario accettare compromessi sul salario minimo. Secondo aspetto: la Commissione Ue è uscente. Jean-Claude Juncker non avrà la medesima forza e la capacità di fare pressioni, tanto più che la mancata procedura d'infrazione - pur avendo visto l'intervento risolutivo di Sergio Mattarella - ha lasciato aperte alcune vie d'uscita. In pratica, sarà meno arduo mettere sul tavolo un piano di investimenti da 20 miliardi per le infrastrutture al di fuori del computo del deficit. E questa terza novità apre al quarto punto su cui i vertici della Lega stanno lavorando. Si tratterebbe di portare a casa il sostegno delle parti sociali per stilare una sorta di «patto per la crescita» sottoscritto dalle 46 associazioni che ieri (ed era la seconda volta) si sono sedute al tavolo del Viminale, assieme a Matteo Salvini, Giancarlo Giorgetti, Massimo Garavaglia, Armando Siri, Claudio Durigon e altri rappresentanti del Carroccio. Se la Lega riuscisse a trovare punti in comune tra Confindustria, Confartigianato, Confcommercio, le sigle sindacali e le altre associazioni di categoria su investimenti a deficit e su un taglio delle tasse che garbi sia ai lavoratori sia alle aziende, a ottobre Salvini potrebbe andare in Europa e annunciare il piano di alleggerimento fiscale con il sostegno delle parti civili, il cosiddetto choc fiscale. Nonostante ieri Maurizio Landini abbia fatto uscire un'agenzia per comunicare alla sua base che la Cgil riconosce come tavolo di trattativa quello di Palazzo Chigi, nei fatti ha inviato al Viminale la numero due, Gianna Fracassi. Così come era presente la delegazione della Cisl e pure Vincenzo Boccia, presidente di Confindustria, che si è dimostrato aperturista. Che cosa hanno in comune Cgil e Confindustria? Che fino a poco tempo fa hanno sperato che il governo cadesse, e di non dover avere Salvini come interlocutore. Adesso cominciano a fare i conti con l'ipotesi di un governo a trazione leghista. Non possono permettersi di restare fuori dai giochi. A Confindustria e ai sindacati potrà piacere tantissimo il Pd, ma se il cuore a sinistra li dovesse condannare alla nullità o a rimanere fuori da ogni trattativa, allora il cambio di passo avverrà in una notte. Al tempo stesso, avendo sparato a pallettoni contro Salvini, per non perdere la faccia sanno che, per avviare un dialogo devono stare in gruppo. Coperti e allineati. Un «patto per la crescita» sarebbe il documento ideale per salvare la faccia. Su questo la Lega vorrebbe fare leva, e portarsi a casa il mantello da mettersi a ottobre in vista della battaglia con Bruxelles. Se Salvini riuscisse nell'intento, potrebbe usare la stessa copertura anche nei confronti del Colle, dimostrando di non essere uno scappato di casa, e che le parti sociali sono con lui. Difficile, inoltre, che su questo il premier Giuseppe Conte riesca a fare ostruzionismo. Le stesse sigle sindacali hanno notato che Palazzo Chigi ha organizzato tre diversi tavoli, che non comunicano tra di loro. Salvini ha lanciato la provocazione del Viminale per distrarre l'attenzione dei media e della politica. Nel frattempo, però, ha messo assieme tutte le associazioni che ieri a loro volta hanno piantato alcuni paletti e aperto altri sentieri. Hanno ascoltato una proposta di massima sulla tasse. L'idea è tagliare un pezzo di cuneo fiscale (circa 5 miliardi) sotto i 25.000 euro di reddito, rimodulare l'Irpef tra i 25.000 e i 55.000 di reddito familiare e al tempo stesso ridefinire l'uso degli 80 euro di Matteo Renzi, spostandoli sulla componente contributiva. Aggiungere un mini taglio dell'Imu e Tasi (vedi sotto). Ieri. la Lega non si è spinta in là. Non esiste un documento scritto che delinei un perimetro di taglio fiscale (che si dovrebbe comunque aggirare sui 15 miliardi in deficit). In sostanza, ci sarà una battaglia per portare il rapporto deficit/Pil al 2,7%. Altro che l'1,8 dichiarato da Giovanni Tria. E senza industria e sindacati Salvini non potrà portare a casa il piano. Dovesse saltare, salterà anche il governo. Ma, al contrario, se il leghista andasse a Bruxelles così «protetto», in un sol colpo aprirebbe il dialogo con il Colle e azzererebbe la voce del Pd, dei «competenti» e dei Forza spread.
John Grisham (Ansa)
John Grisham, come sempre, tiene incollati alle pagine. Il protagonista del suo nuovo romanzo, un avvocato di provincia, ha tra le mani il caso più grosso della sua vita. Che, però, lo trascinerà sul banco degli imputati.
Fernando Napolitano, amministratore delegato di Irg
Alla conferenza internazionale, economisti e manager da tutto il mondo hanno discusso gli equilibri tra Europa e Stati Uniti. Lo studio rivela un deficit globale di forza settoriale, potere mediatico e leadership di pensiero, elementi chiave che costituiscono il dialogo tra imprese e decisori pubblici.
Stamani, presso l’università Bocconi di Milano, si è svolta la conferenza internazionale Influence, Relevance & Growth 2025, che ha riunito economisti, manager, analisti e rappresentanti istituzionali da tutto il mondo per discutere i nuovi equilibri tra Europa e Stati Uniti. Geopolitica, energia, mercati finanziari e sicurezza sono stati i temi al centro di un dibattito che riflette la crescente complessità degli scenari globali e la difficoltà delle imprese nel far sentire la propria voce nei processi decisionali pubblici.
Particolarmente attesa la presentazione del Global 200 Irg, la prima ricerca che misura in modo sistematico la capacità delle imprese di trasferire conoscenza tecnica e industriale ai legislatori e agli stakeholder, contribuendo così a politiche più efficaci e fondate su dati concreti. Lo studio, basato sull’analisi di oltre due milioni di documenti pubblici elaborati con algoritmi di Intelligenza artificiale tra gennaio e settembre 2025, ha restituito un quadro rilevante: solo il 2% delle aziende globali supera la soglia minima di «fitness di influenza», fissata a 20 punti su una scala da 0 a 30. La media mondiale si ferma a 13,6, segno di un deficit strutturale soprattutto in tre dimensioni chiave (forza settoriale, potere mediatico e leadership di pensiero) che determinano la capacità reale di incidere sul contesto regolatorio e anticipare i rischi geopolitici.
Dai lavori è emerso come la crisi di influenza non riguardi soltanto le singole imprese, ma l’intero ecosistema economico e politico. Un tema tanto più urgente in una fase segnata da tensioni commerciali, transizioni energetiche accelerate e carenze di competenze nel policy making.
Tra gli interventi più significativi, quello di Ken Hersh, presidente del George W. Bush Presidential Center, che ha analizzato i limiti strutturali delle energie rinnovabili e le prospettive della transizione energetica. Sir William Browder, fondatore di Hermitage Capital, ha messo in guardia sui nuovi rischi della guerra economica tra Occidente e Russia, mentre William E. Mayer, chairman emerito dell’Aspen Institute, ha illustrato le ricadute della geopolitica sui mercati finanziari. Dal fronte italiano, Alessandro Varaldo ha sottolineato che, dati alla mano, non ci sono bolle all’orizzonte e l’Europa ha tutti gli ingredienti a patto che si cominci un processo per convincere i risparmiatori a investire nelle economia reale. Davide Serra ha analizzato la realtà Usa e come Donald Trump abbia contribuito a risvegliarla dal suo torpore. Il dollaro è molto probabilmente ancora sopravvalutato. Thomas G.J. Tugendhat, già ministro britannico per la Sicurezza, ha offerto infine una prospettiva preziosa sul futuro della cooperazione tra Regno Unito e Unione Europea.
Un messaggio trasversale ha attraversato tutti gli interventi: l’influenza non si costruisce in un solo ambito, ma nasce dall’integrazione tra governance, innovazione, responsabilità sociale e capacità di comunicazione. Migliorare un singolo aspetto non basta. La ricerca mostra una correlazione forte tra innovazione e leadership di pensiero, così come tra responsabilità sociale e cittadinanza globale: competenze che, insieme, definiscono la solidità e la credibilità di un’impresa nel lungo periodo.
Per Stefano Caselli, rettore della Bocconi, la sfida formativa è proprio questa: «Creare leader capaci di tradurre la competenza tecnica in strumenti utili per chi governa».
«L’Irg non è un nuovo indice di reputazione, ma un sistema operativo che consente alle imprese di aumentare la protezione del valore dell’azionista e degli stakeholder», afferma Fernando Napolitano, ad di Irg. «Oggi le imprese operano in contesti dove i legislatori non hanno più la competenza tecnica necessaria a comprendere la complessità delle industrie e dei mercati. Serve un trasferimento strutturato di conoscenza per evitare policy inefficaci che distruggono valore».
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