2025-02-21
Piano pandemico: mai più dpcm per chiuderci in casa e un freno ai vaccini
Le restrizioni potranno essere imposte solo con atti aventi forza di legge. Sieri utili «ma non gli unici strumenti contro i virus».C’è voluto il nuovo piano pandemico per sancire una verità sacrosanta: i vaccini «non possono essere considerati gli unici strumenti per il contrasto agli agenti patogeni». E per assicurare che mai più ci saranno discriminazioni o dpcm (atti amministrativi) intesi a limitare diritti e libertà. «Solo con leggi o atti aventi forza di legge e nel rispetto dei principi costituzionali possono essere previste misure temporanee, straordinarie ed eccezionali in tal senso». Cinque anni dopo la pandemia Covid, il documento elaborato dal ministero della Salute in collaborazione con diverse istituzioni (tra le quali Istituto superiore di sanità, Agenzia italiana del farmaco, Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, Istituto nazionale malattie infettive Spallanzani, dipartimento della Protezione civile), ha l’obiettivo di rafforzare la preparazione a livello nazionale e locale «per affrontare una futura pandemia da agenti patogeni respiratori». La bozza del Piano strategico operativo 2025-2029 è stata inviata alla Conferenza Stato- Regioni, che fornirà il proprio parere. «Saranno tutelate le libertà e saranno tutelati soprattutto i cittadini», assicura il ministro della Salute, Orazio Schillaci, confermando che «c’è la copertura economica, prevista nella Finanziaria e che prima non c’era». Sono stati autorizzati 50 milioni di euro per l’anno 2025, 150 milioni per il 2026 e 300 milioni annui a decorrere dall’anno 2027. Tra i principi enunciati c’è che «ogni persona deve essere informata sulla base di evidenze scientifiche in merito alle misure adottate, in modo da poter comprendere il significato e il valore delle azioni che ciascuno può compiere per la promozione della propria salute e di quella collettiva. È necessario informare debitamente la popolazione in modo che sia pienamente consapevole delle misure di sanità pubblica e degli atti medici individuali per cui è previsto per legge un consenso informato». Ne consegue che «ogni intervento deve essere proporzionato alle condizioni cliniche del paziente, del quale è riconosciuta l’autonomia decisionale e tutelata la dignità […] ogni volta che si assegna una priorità deve essere trasparente e guidata dal principio deontologico e giuridico della uguale dignità di ogni essere umano, dall’assenza di ogni discriminazione e dal principio di equità». Il nuovo piano dalla durata quinquennale insiste sui concetti di tutela della dignità e di non discriminazione, escludendo il ripetersi di situazioni imposte durante l’emergenza sanitaria. «Nel contrasto a un evento pandemico vanno individuati protocolli di cura efficaci», scandisce il documento ora al vaglio delle Regioni. «I vaccini approvati e sperimentati risultano misure preventive efficaci, contraddistinte da un rapporto rischio-beneficio significativamente favorevole; non possono essere considerati gli unici strumenti per il contrasto agli agenti patogeni ma vanno utilizzati insieme ai presidi terapeutici disponibili». Almeno sulla carta, non c’è più solo il dio vaccino come in epoca Covid, atteggiamento che portò a escludere e vietare farmaci, trattamenti che avrebbero curato (spesso salvato) diverse vite umane. Il piano affronta anche la questione della diffusione di notizie: «Risulta assolutamente centrale la sensibilizzazione delle persone attraverso una comunicazione semplice ed efficace dei benefici e dei rischi correlati. In nessun modo la campagna di informazione dovrà utilizzare toni drammatici, generare discriminazioni e stigma sociale». Non si devono più ripetere campagne di odio verso chi si limita ad affermare il diritto di decidere sulla propria salute; non dovrebbe più passare un’informazione ascientifica, che strumentalizza dati e rapporti per fornire conoscenze incomplete o errate. Il condizionale rimane d’obbligo, dopo quanto abbiamo visto accadere durante la pandemia. Il nuovo piano pandemico prende le distanze dalle dittature sanitarie che abbiamo conosciuto. Nel dettaglio, sono previste cinque fasi operative: prevenzione, preparazione e valutazione del rischio (interpandemica); allerta (se il patogeno è rilevato fuori Italia); risposta (contenimento, se il patogeno è sul territorio nazionale); risposta (controllo -soppressione, mitigazione); recupero. Oltre alle strategie in ambito nazionale, sono incluse indicazioni per la pianificazione regionale sottolineando che le Regioni e le Province autonome «e non i Servizi sanitari regionali, accantonano proprie risorse per fronteggiare esclusivamente future esigenze in caso di pandemia.In caso di future epidemie «è necessario assicurare che nel momento in cui si verificherà l’incremento della domanda di servizi sanitari […] sia territoriali sia ospedalieri, il sistema sia in grado di rispondere velocemente e in modo appropriato», quanto a strutture e a personale». E «si dovranno prevedere modalità organizzative che consentano di garantire nella fase emergenziale anche l’erogazione delle prestazioni programmate, sia individuali che di popolazione (screening e chirurgia oncologica in primis), ed il monitoraggio e governo delle liste di attesa». Troppi decessi, troppe patologie trascurate hanno appesantito il conto della passata gestione del Covid.
Jose Mourinho (Getty Images)