Per il gip, i familiari delle vittime di Bergamo sono parte offesa. Fissata un’udienza a giugno sulle vicende del documento mai aggiornato, delle autovalutazioni gonfiate sulle capacità dell’Italia di gestire le emergenze e sui tamponi acquistati dall’Iss.
Per il gip, i familiari delle vittime di Bergamo sono parte offesa. Fissata un’udienza a giugno sulle vicende del documento mai aggiornato, delle autovalutazioni gonfiate sulle capacità dell’Italia di gestire le emergenze e sui tamponi acquistati dall’Iss.Sulla gestione della pandemia c’è ancora parecchio da chiarire. In sede politica, con la commissione parlamentare d’inchiesta. Ma anche in sede giudiziaria. L’ultima notizia è che, almeno per ora, non si ferma il procedimento che riguarda il mancato adeguamento del piano pandemico, la mancata adozione di quello esistente a gennaio 2020 (benché fermo al 2006), le sgangherate autoattestazioni che l’Italia, negli anni, aveva tramesso all’Oms, attribuendosi pieni voti nelle capacità di prevenzione e controllo di un’emergenza sanitaria, oltre che il presunto acquisto di tamponi a prezzi gonfiati, che sarebbe stato disposto dall’allora direttore dell’Iss, Silvio Brusaferro.Lo scorso novembre, il sostituto procuratore di Roma, Claudia Terracina, aveva chiesto l’archiviazione per tutti gli indagati. Nel dettaglio: i funzionari Ranieri Guerra, Giuseppe Ruocco, Maria Grazia Pompa, Francesco Maraglino, accusati di rifiuto di atti d’ufficio, per la vicenda del piano pandemico; Claudio D’Amario, Mauro Dionisio, Loredana Vellucci e di nuovo Guerra e Maraglino, ai quali veniva contestato il reato di falso in atto pubblico, per i questionari con le autovalutazioni trasmessi all’agenzia Onu, nonché alla Commissione Ue; Brusaferro, nei guai per truffa e, insieme a D’Amario e all’ex capo della Protezione civile, Angelo Borrelli, per rifiuto di atti d’ufficio.I familiari delle vittime del Covid a Bergamo - il fascicolo è parte di quell’inchiesta ed è stato trasferito nella Capitale per competenza - riuniti nell’associazione #Sereniesempreuniti, avevano presentato opposizione. Adesso il gip, Anna Maria Gavoni, ricevuta la loro memoria depositata a dicembre, ha deciso di non archiviare la posizione degli indagati e di fissare un’udienza per il prossimo 20 giugno. Il magistrato, ribaltando la posizione della Procura, ha stabilito che i parenti di chi perse la vita per il coronavirus sono persone offese. «I delitti contro la fede pubblica», annota infatti la dottoressa Gavoni, «tutelano direttamente non solo l’interesse pubblico alla genuinità materiale e alla veridicità ideologica di determina atti, ma anche quello del soggetto privato sulla cui sfera giuridica l’atto sia destinato a incidere concretamente e, in quanto tale, è legittimato a proporre opposizione alla richiesta d’archiviazione».Secondo le carte della Procura, non è mai esistito un obbligo «normativamente previsto, specifico e urgente», di revisionare il piano pandemico del 2006. In realtà, nel 2013, il Parlamento europeo emanò una decisione, resa vincolante dall’esecutivo comunitario, che prevedeva che gli Stati membri dell’Unione rivedessero «le pianificazioni nazionali in materia di rischi emergenziali, incluse quelle di tipo biologico» (citiamo quanto dichiarato da Ruocco, tecnico del dicastero). Il provvedimento, per il sostituto procuratore, non era né «specifico» né «individuato», sebbene la stessa Terracina abbia ricordato che, in base alla decisione dell’Eurocamera, i Paesi erano tenuti a comunicare «ogni tre anni un aggiornamento sullo stato di avanzamento della loro pianificazione». Difficile immaginare una richiesta più specifica e individuata di questa… Eppure, al ministero - lo ha confermato la relazione del senatore piddino, Andrea Crisanti - non è mai stata «intrapresa una singola attività o progetto che avesse l’obiettivo di valutare lo stato di attuazione del piano pandemico nazionale e/o di verificare lo stato di preparazione dell’Italia nei confronti del rischio pandemico».Come rileva giustamente la memoria consegnata al gip di Roma, in primis gli esperti e i politici sentiti dalle toghe hanno ammesso che, alla decisione del Parlamento Ue, non fu data esecuzione. Ecco Donato Greco, ex Cts: «A me non risulta che ci siano stati aggiornamenti [del piano pandemico, ndr] in base alle direttive europee e internazionali». Gianni Rezza: «Certo che il piano pandemico andava aggiornato. Noi avremmo dovuto aggiornare il piano ma non è stato fatto». Meno male... Sono stati ascoltati pure due ex ministri, Beatrice Lorenzin e Giulia Grillo. L’esponente dem ha detto che, quando è scoppiato il Covid, credeva «che già ci fosse il nuovo piano pandemico». La pentastellata ha sostenuto di aver interpretato come «aggiornamento» un semplice «addendum del 2010». Ce n’è abbastanza per auspicare approfondimenti.È il caso di andare a fondo pure sulla storia dei voti altissimi che Roma si dava, compilando i formulari di Oms ed Ecdc sulla preparazione alle emergenze sanitarie. La Procura ha ritenuto che le risposte non costituiscano un atto pubblico (dunque, andrebbe esclusa la fattispecie del falso) e ha osservato che «gli indagati, interrogati», hanno mostrato «buona fede». Non hanno consapevolmente alterato i dati. Fatto sta che - rilevano i parenti delle vittime di Bergamo - nel 2022 e nel 2023, le autovalutazioni dell’Italia sono crollate: ad esempio, quella concernente «esigenze amministrative o altri strumenti governativi per l’implementazione delle capacità richieste dal Regolamento sanitario internazionale» è passata dal 100% al 20%. Curioso, no? Ci sarà stata buona fede, ma c’è stata anche un po’ di incompetenza.Certo, l’incapacità di per sé non è reato. Per questo, oltre agli eventuali risvolti penali, sarà importante esaminare le responsabilità politiche e amministrative del disastroso «modello italiano». Così, giusto per evitare che Roberto Speranza possa sostenere, a cuor leggero, che quella della (mala) gestione del Covid sia «una storia da rivendicare».
Leone XIV (Ansa)
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