2025-11-06
Un anno di Trump: qualcosa già scricchiola
Luci e ombre nel primo anniversario della rielezione alla Casa Bianca: promosso in Medio Oriente, rimandato sull’Ucraina. Borsa ai massimi ma «sopravvalutata». L’inflazione cresce e la Fed mantiene i tassi alti. Stallo record sulla legge di bilancio.Gli elettori della Virginia chiamati a scegliere il nuovo governatore si sono espressi: «Trump you are fired! (sei licenziato, ndr). In uno stato però tendenzialmente blu, che nel 2024 aveva scelto Kamala Harris. E confermando il trend, ha optato per la democratica Spanberger. Sebbene il governatore uscente fosse repubblicano. Colpa dello shutdown a detta di molti. Cosa sia lo vedremo alla fine. E comunque negli ultimi 20 anni i democratici alla guida della Virginia sono stati scelti cinque volte su sette. Ma al netto delle elezioni in Virginia, e dando per scontato che la città di New York e lo Stato del New Jersey votassero democratico (per intendersi sono un po’ come Bologna e la Toscana per il Pd), a un anno esatto dalla sua rielezione alla Casa Bianca qual è il bilancio della seconda presidenza Trump?In politica estera ha messo Hamas e l’Iran spalle al muro. Siamo sulla buona strada per la stabilizzazione della situazione in Medio Oriente. In Ucraina, invece, nonostante le ampie aperture di credito concesse a Putin, «zeru titoli», per dirla alla Mourinho. Stallo anche nei rapporti con la Cina. Che, a differenza dell’Unione europea, può fare la voce grossa su molti dossier visto il peso geostrategico e il pieno controllo della filiera mondiale nell’estrazione e raffinazione delle terre rare. I Paesi alleati Nato devono invece ingoiare l’aumento delle spese militari imposte da Trump. Venezuela e Nigeria sono sotto tiro. Rispettivamente per il ruolo attivo nel traffico degli stupefacenti e per le uccisioni di cristiani. Una scusa, a detta dei critici, per propiziare un cambio di regime. Una cosa molto poco trumpiana. E molto più «neocon». A detta loro.La Borsa è ai massimi storici. E questa è una buona notizia in un Paese dove, secondo Ubs, un americano ogni 14 ha un patrimonio finanziario netto investito in asset finanziari superiore al milione di dollari. Ma c’è pure il rovescio della medaglia. Secondo l’indice prediletto dal più famoso investitore al mondo, Warren Buffet, la borsa americana sembrerebbe molto sopravvalutata. E forse la frenesia per l’Intelligenza artificiale ci sta mettendo del suo. La capitalizzazione totale è intorno al 220% del Pil. Mai così in alto. Neppure poco prima della grande crisi delle Dot.com (nel 2000) quando arrivò a superare il 140%. Per non parlare del valore poco sopra al 100% prima della grande crisi finanziaria del 2007. Un valore così alto potrebbe quindi essere visto come il classico bicchiere mezzo vuoto. Una vistosa correzione al ribasso potrebbe pesare tanto sulle tasche degli americani. Si consideri però che negli ultimi 15 anni i valori di borsa hanno strutturalmente perso il loro aggancio con l’economia reale. Grandi quantità di denaro immesse in circolazione dalle banche centrali - fra cui la Fed - prima per rispondere alla crisi Lehman subprime e poi alla pandemia, si sono rovesciate sui mercati finanziari. Il tutto alimentando una spettacolare corsa al rialzo. Ma anche confrontando il valore della capitalizzazione della borsa americana rispetto al totale attivo del bilancio Fed (la misura più idonea a farci capire quanto una Banca centrale si stia dando da fare nell’emettere moneta), si scopre che questo valore è aumentato. Da oltre otto volte a quasi undici. Buona notizia? O l’avvicinarsi di una brutta correzione al ribasso?Già la Fed. Guidata da Jerome «mai troppo tardi» Powell. Trump vuole la sua testa e a breve la avrà. Troppo pigro e restio - a detta del tycoon - nell’abbassare i tassi di interesse che sui mutui ipotecari sono mediamente pari al 6,2%. Seppur in discesa, sono ancora a livelli che non si toccavano dal 2007. L’equazione è semplice da comprendere. Tassi più bassi, investimenti maggiori. Più benzina dentro l’economia. Già la benzina. Da quasi 2,1 dollari al gallone ora veleggia intorno a 1,9. Al momento dello scoppio della crisi in Ucraina era arrivata a oltre quattro dollari. Tutto sembrerebbe concorrere - teoricamente - a una riduzione strutturale dell’inflazione. Teoricamente, appunto. Anche perché ad oggi l’inflazione annua si attesta intorno al 3% contro il 2,4% di un anno fa. E infatti Powell aspetta indomito la fine del proprio mandato senza allentare di troppo la politica monetaria. Tanto qualunque cosa faccia il suo destino è comunque segnato. È tutta una questione maledettamente americana. Di politica interna.Già, la politica interna. Per la prima volta nella sua storia plurisecolare, gli Stati Uniti hanno superato i 35 giorni di shutdown. Vale a dire «chiusura». Se il Congresso non autorizza lo sforamento del debito stabilendo una nuova soglia invalicabile, fino alla successiva delibera, il Tesoro non può emettere titoli di Stato se non per sostituire quelli in scadenza. E avendo comunque cura di non superare il limite dei 38.000 miliardi di dollari. Oltre dieci volte quello italiano pari al 135% del Pil contro il 120% del livello americano. E durante lo shutdown l’amministrazione americana che non può indebitarsi cosa fa? Licenzia e chiude tutto ciò che può essere chiuso. Teoricamente potrebbe anche non rimborsare i titoli in scadenza. Con Trump alla Casa Bianca si sono registrati i più lunghi periodi di shutdown. Dopo quello attuale, il precedente record fu infatti toccato nel suo primo mandato. Dal 21 dicembre 2018 al 5 novembre al 25 gennaio 2019: 34 giorni. È evidente che Trump ha vita dura ogni volta che deve vedersela col Congresso secondo cui la sua amministrazione è andata ben oltre le sue prerogative. Ad esempio nell’applicazione de dazi. E Trump finisce dritto alla Corte Suprema dove tira comunque una brutta aria per lui. Donald ha vinto due volte. Contro tutto e contro tutti. Ma governare contro tutto e contro tutti non è altrettanto semplice.
Antonella Sberna (Totaleu)
Lo ha dichiarato la vicepresidente del Parlamento Ue Antonella Sberna, in un'intervista a margine dell'evento «Facing the Talent Gap, creating the conditions for every talent to shine», in occasione della Gender Equality Week svoltasi al Parlamento europeo di Bruxelles.