2025-08-09
Quando il telefono diventa un’arma che ci trasforma in assassini ignari
Il camionista che ha travolto l’ambulanza sull’A1 aveva registrato un video. Il 71% degli incidenti è per distrazione.La nostra vita è ormai conservata in pochi pixel che teniamo gelosamente in tasca ed estraiamo con orgoglio. L’oggetto del desiderio, il nostro tesoro, è lo smartphone, che è molto di più di un telefono. È connesso alla rete e ci permette di sapere tutto in qualsiasi momento. Fa foto e video che registriamo non per conservarli nella nostra memoria visiva o del cuore, ma per darli in pasto ai nostri follower. Ai pochi che abbiamo e ai tanti che vorremmo avere perché oggi, almeno questo è quello che ci piace credere, siamo tutti un po’ influencer.E così non riusciamo mai a staccarci dai nostri telefonini iper tecnologici. Ogni momento è buono per scattare una foto da caricare su Instagram o per fare una diretta su Twitch o su YouTube. Come il camionista che, qualche giorno fa, si è schiantato sull’A1, invadendo la corsia opposta e mandando al Creatore tre persone che si trovavano su un’ambulanza: i due operatori (Gianni Trappolini di 56 anni e Giulia Santoni di 23) e il paziente che stavano trasportando, Fabio Lovari, di 75 anni. Tre vite scomparse nel giro di un secondo. Poco prima dell’incidente, il camionista stava registrando un video che è stato poi caricato su Youtube (le tempistiche e le modalità sono ancora da chiarire): musica dance anni Novanta e occhi che guardano in diagonale verso il basso, ben lontano dalla strada. Un video come tanti per quell’autista, visto che ne ha caricati oltre 900, molti dei quali registrati mentre si trovava proprio alla guida del camion. O come Francesco Pagano, l’autista del pullman che, il 19 maggio scorso a Lomazzo, in provincia di Como, ha tamponato un camion provocando la morte sul colpo di una maestra che si trovava sul mezzo e mettendo in pericolo la vita di 30 bambini. Anche lui, come dimostrano le immagini registrate delle telecamere autostradali, al telefono. Questa volta, però, per rispondere a un messaggio su Whatsapp, utilizzando entrambe le mani, tolte così dal volante.Oppure come don Nicola D’Onghia che, il 2 aprile scorso, sulla provinciale 172 tra Turi e Putignano, ha investito una motociclista, Fabiana Chiarappa, senza rendersi conto che la sua auto era passata sopra un corpo, schiacciandogli gli organi vitali. Il sacerdote ha sentito un rumore, ma non si è fermato. È andato avanti per la sua strada salvo poi sostare, qualche chilometro più avanti, per controllare eventuali danni alla macchina. Per la Procura, al momento dell’impatto, il sacerdote stava utilizzando il proprio smartphone sia per «una conversazione» con una persona, sia per «provare a contattarne ripetutamente» un’altra. Secondo gli inquirenti, queste azioni avrebbero ridotto «la sua soglia di attenzione verso la strada» e lo avrebbe costretto «a tenere lontane le mani dal volante».L’elenco si potrebbe allungare a dismisura, con i tanti casi di cronaca più o meno gravi, che non finiscono sui giornali ma che raccontano di incidenti sempre più frequenti perché chi guida deve rispondere al telefono, ostinandosi a impugnarlo quando ormai la gran parte delle auto è dotata di sistemi vocali proprio per evitare questo tipo di distrazioni. O di chi, peggio ancora, guarda le serie tv che più preferisce mentre è alla guida oppure condivide le proprie storie sui social.Perché proprio il non avere la mente concentrata su ciò che si sta facendo è una delle cause più frequenti di incidenti. Secondo i dati recentemente pubblicati da Istat-Aci, infatti, in Italia il 71% dei sinistri stradali ha come concausa la distrazione che, nella maggior parte dei casi, è dovuta all’uso del telefono, dal quale proprio non riusciamo a staccarci.La chiamano Fomo, acronimo inglese che può essere tradotto con «paura di essere tagliati fuori». Si tratta di una particolare ansia dovuta al timore di perdersi qualcosa, di non essere sempre sul pezzo, di non rispondere prontamente a chi ci chiama o ci scrive, di non essere sempre aggiornati sull’ultimo trend. È quello stimolo, quasi inconscio, che muove la mano alla ricerca del nostro telefono o di qualsiasi altro device che possa ricollegarci al mondo virtuale. Perché oggi la vita è lì. È online. Almeno questo è quello che pensiamo ed è il motivo per cui ci allontaniamo dalla realtà che è attorno a noi. Persino quando stiamo guidando. Persino quando le ruote delle nostre macchine macinano chilometri in pochissimo tempo e una frenata non fatta oppure in ritardo può essere fatale. È quell’ansia che ci distrae da ciò che c’è, la realtà, per portarci a ciò che non c’è, il virtuale. E che a volte, come nei recenti casi di cronaca, può essere fatale.
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