
La riforma non solo è inutile, ma ci mette anche a rischio. Primo, per ottenere aiuto bisogna seguire diktat esterni. Secondo, le banche con in pancia debito pubblico devono partecipare in perdita ai soccorsi.La toppa è peggiore del buco, recita un vecchio adagio. Il dibattito sulla modifica dello statuto del Fondo salvastati ha preso quota e le rassicurazioni di Giuseppe Conte in merito a una non scontata firma dell'Italia nel Consiglio europeo di dicembre non fanno altro che alimentare e confermare le paure e le ambiguità emerse in questi giorni di discussione. Così come ancor più pericolose appaiono le rassicurazioni di chi afferma che l'ultima parola spetta al Parlamento. Far arrivare in Parlamento un documento così pericoloso già eventualmente approvato dall'esecutivo espone il legislatore a pressioni - anche internazionali - tali che potrebbero ripercuotersi sulla stabilità dei prezzi dei titoli di Stato. Ma andiamo con ordine, sorvolando per ora sul non trascurabile dettaglio - sarcasticamente riportato dall'onorevole Alberto Bagnai - in relazione al quale le modifiche proposte prevedono per i funzionari del Mes ciò che è stato tolto all'Ilva: un particolare status giuridico assimilabile a uno scudo penale. Il Mes ha già sborsato 295 miliardi di finanziamenti «agevolati» di cui hanno usufruito soprattutto Grecia, Spagna, Portogallo, Cipro e Irlanda. Il fondo si finanzia attraverso la contribuzione diretta dei 19 Paesi investitori dell'Eurozona che hanno versato un capitale di 80 miliardi e anche emettendo obbligazioni, che nel 2019 sono state pari a circa 10 miliardi. E sembrano anche piacere questi titoli, dal momento che la domanda di fronte alla prima emissione del 2011 ha superato di oltre nove volte l'offerta. I Paesi finanziati hanno ottenuto risparmi sugli interessi grazie a queste operazioni pari a circa 17 miliardi di euro. La durata dei tanti finanziamenti concessi può arrivare a oltre 40 anni, come nel caso della Grecia, per la quale il Mes copre oltre il 70% del totale dei finanziamenti esteri e oltre il 50% del debito. Il tasso medio pagato al Mes si aggira intorno allo 0,8%. Può sembrare un tasso di favore, ma se confrontato con le lacrime e il sangue dei piani di austerità imposti ai Paesi che hanno accesso a quelle linee di credito, l'entusiasmo muore. Il Fondo è stato particolarmente attivo dal 2011 al 2015 quando, a detta dei suoi esponenti, le risorse sborsate hanno superato i prestiti concessi dal Fmi di ben 2,5 volte. Al Fondo rimane ancora a disposizione una capacità creditizia di circa 400 miliardi, pari al 4% circa dei quasi 10.000 miliardi dell'intero debito pubblico dell'Eurozona. Già questi numeri ci lasciano capire come questo tanto strombazzato strumento di stabilizzazione sembri utile come un mestolo con cui svuotare il lago. Per i lettori della Verità questa non è certo una sorpresa. E neppure per il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri che ha pronunciato queste inequivocabili parole lo scorso 7 ottobre alla Camera: «Ciò che effettivamente ha salvaguardato l'integrità dell'Eurozona è stata la capacità di iniziativa della Bce sintetizzata nella famosa frase di Mario Draghi “whatever it takes", che peraltro - proprio perché potenzialmente illimitata - ha messo in campo una misura che non è neanche stata utilizzata, a dimostrazione del fatto che quando si dispone di una potenziale sovranità monetaria questa è più efficace del conferimento di risorse ai vari Fondi salvastati. Questi sono i fatti». Acclarato quindi che il Mes è sostanzialmente inutile, rimane da capire in quale misura possa essere dannosa la riforma del suo statuto, da cui ora anche Conte sembra prendere le distanze. Di nuovo cadono a fagiolo le parole del governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco che ha detto: «I piccoli e incerti benefici di un meccanismo per la ristrutturazione dei debiti sovrani devono essere soppesati considerando l'enorme rischio che il semplice annuncio della sua introduzione inneschi una reazione a catena di aspettative di default, che può diventare una profezia che si autoavvera». Frasi chiarissime cui hanno fatto seguito le dichiarazioni del presidente dell'Abi Antonio Patuelli: «Smetteremo di acquistare titoli di Stato».Il Fondo salvastati prevede infatti fin dalla sua costituzione il deleterio principio dell'eventuale coinvolgimento del settore privato nel salvataggio di uno Stato. Che tradotto significa più o meno che i detentori di titoli di Stato possono vedere decurtati in tutto o in parte capitale e interessi o procrastinati pagamenti e rimborsi. Prima di questo punto è stata ora inserita la previsione che il supporto del Fondo salvastati potrà essere concesso solo se il debito sarà ritenuto sostenibile dallo stesso Fondo. E come hanno ricordato i turboeurpeisti Giampaolo Galli e Pier Carlo Padoan, è voce comune negli ambienti finanziari e governativi che il debito italiano sia ritenuto insostenibile. In buona sostanza, il Mes è un fondo alimentato dagli Stati dell'Ue (che nel caso dell'Italia hanno determinato un aumento del debito pubblico dal 131% al 135%) che presta i soldi agli Stati Ue in cambio di riforme gradite all'Ue, ovvero cessioni di sovranità. Il tutto per poter ambire a vivere negli Stati Uniti d'Europa guidati dalla Germania, che questo fondo lo vuole per i motivi per cui lo ha messo in piedi nel 2011. Far sì che accollasse i crediti delle banche francesi e tedesche ai Paesi europei in difficoltà. In altre parole, dovremmo pagare pur di venderci.
Mario Draghi (Ansa)
L’ex premier si accorge soltanto ora che gli obiettivi green sono «irrealizzabili». Poi critica la burocrazia continentale: «Troppo lenta, potrebbe non riuscire a riformarsi». Il suo piano B: alcuni Stati facciano da sé.
Sehrii Kuznietsov (Getty Images)
- La Corte d’appello di Bologna ha disposto la consegna di Sehrii Kuznietsov, l’ucraino accusato di aver danneggiato il gasdotto nel 2022. Crosetto: «Disponibili su Samp-T e aerei radar». M5s e Calenda esortano il governo al confronto in Aula su «Sentinella Est».
- Invasione nazista, Berlino secca: «Soldi alla Polonia? Storia chiusa». Merz: «Ma siamo al fianco di Varsavia». Presto possibile vertice Trump-Zelensky.
Lo speciale contiene due articoli.
Ansa
- Massiccia invasione via terra e raid con droni ed elicotteri. Crosetto: «Decisione sbagliata». Il Papa chiama il parroco Romanelli: «Preoccupato». Ira dei parenti degli ostaggi: «Così Netanyahu li uccide».
- Mobilitazione indetta per venerdì. Liti nella Flotilla, Greta lascia il direttivo e cambia imbarcazione. Il dem Scotto, in navigazione: «Sempre in contatto con la Farnesina».
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13 agosto 2025: un F-35 italiano (a sinistra) affianca un Su-27 russo nei cieli del Baltico (Aeronautica Militare)
Schierati da poco in Estonia, gli F-35 italiani hanno avuto una parte importante nell’intercettazione di velivoli russi e nel pattugliamento in seguito allo sconfinamento dei droni di Mosca in territorio polacco. Da agosto l’Aeronautica italiana è al comando della Baltic Air Policing.
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La mattina del 13 agosto due cacciabombardieri F-35 «Lightning II» dell’Aeronautica Militare italiana erano decollati dalla base di Amari, in Estonia, per attività addestrativa. Durante il volo i piloti italiani hanno ricevuto l’ordine di «scramble» per intercettare velivoli non identificati nello spazio aereo internazionale sotto il controllo della Nato. Intervenuti immediatamente, i due aerei italiani hanno raggiunto i jet russi, due Sukhoi (un Su-27 ed un Su-24), per esercitare l’azione di deterrenza. Per la prima volta dal loro schieramento, le forze aeree italiane hanno risposto ad un allarme del centro di coordinamento Nato CAOC (Combined Air Operations Centre) di Uadem in Germania. Un mese più tardi il segretario della Nato Mark Rutte, anche in seguito all’azione di droni russi in territorio polacco del 10 settembre, ha annunciato l’avvio dell’operazione «Eastern Sentry» (Sentinella dell’Est) per la difesa dello spazio aereo di tutto il fianco orientale dei Paesi europei aderenti all’Alleanza Atlantica di cui l’Aeronautica Militare sarà probabilmente parte attiva.
L’Aeronautica Militare Italiana è da tempo impegnata all’interno della Baltic Air Policing a difesa dei cieli di Lettonia, Estonia e Lituania. La forza aerea italiana partecipa con personale e velivoli provenienti dal 32° Stormo di Amendolara e del 6° Stormo di Ghedi, operanti con F-35 e Eurofighter Typhoon, che verranno schierati dal prossimo mese di ottobre provenienti da altri reparti. Il contingente italiano (di Aeronautica ed Esercito) costituisce in ambito interforze la Task Air Force -32nd Wing e dal 1°agosto 2025 ha assunto il comando della Baltic Air Policing sostituendo l’aeronautica militare portoghese. Attualmente i velivoli italiani sono schierati presso la base aerea di Amari, situata a 37 km a sudovest della capitale Tallinn. L’aeroporto, realizzato nel 1945 al termine della seconda guerra mondiale, fu utilizzato dall’aviazione sovietica per tutti gli anni della Guerra fredda fino al 1996 in seguito all’indipendenza dell’Estonia. Dal 2004, con l’ingresso delle repubbliche baltiche nello spazio aereo occidentale, la base è passata sotto il controllo delle forze aeree dell’Alleanza Atlantica, che hanno provveduto con grandi investimenti alla modernizzazione di un aeroporto rimasto all’era sovietica. Dal 2014, anno dell’invasione russa della Crimea, i velivoli della Nato stazionano in modo continuativo nell’ambito delle operazioni di difesa dello spazio aereo delle repubbliche baltiche. Per quanto riguarda l’Italia, quella del 2025 è la terza missione in Estonia, dopo quelle del 2018 e 2021.
Oltre ai cacciabombardieri F-35 l’Aeronautica Militare ha schierato ad Amari anche un sistema antimissile Samp/T e i velivoli spia Gulfstream E-550 CAEW (come quello decollato da Amari nelle immediate circostanze dell’attacco dei droni in Polonia del 10 settembre) e Beechcraft Super King Air 350ER SPYD-R.
Il contingente italiano dell'Aeronautica Militare è attualmente comandato dal colonnello Gaetano Farina, in passato comandante delle Frecce Tricolori.
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