
Governo nel caos, il cdm slitta. Ipotesi di sforbiciata sui bonus fiscali sopra i redditi da 100.000 euro. Spunta la plastic tax.Riunioni su riunioni dentro la maggioranza e il Consiglio dei ministri previsto per ieri sera è slittato a questa sera alle 21. Entro la mezzanotte, poi, il governo dovrà partorire il Dpb, documento programmatico di bilancio e il decreto fiscale. I due testi saranno la base della prossima legge finanziaria. Che cosa conterrà il documento finale è ancora presto per dirlo. Il premier Giuseppe Conte è in forte frizione con il numero uno dei 5 stelle, Luigi Di Maio. Il secondo difende a spada tratta quota 100, il primo ha detto persino apertamente che è in atto un cantiere per ridefinirne alcuni aspetti. Che tradotto vuol dire allungarne i tempi di accesso per i dipendenti pubblici di altri 3 mesi per portare la finestra di attesa a 9 mesi e per il privato trovare il modo di creare una finestra cuscinetto di 6 mesi. In tutto si potrebbe risparmiare 1,5 miliardi in due anni. Cifra che sommata alla minor spesa legata al numero ridotto di domande porterebbe a diminuire il deficit di almeno 3 miliardi. Il che non consentirebbe comunque di spenderli per altre iniziative. I costi di quota 100 sono, infatti, vincolati a quella attività per via di una clausola di salvaguardia. Così, nonostante le tensioni i 5 stelle potrebbero accettare l'escamotage proposto da Conte. Al quale si aggiungerebbe una ulteriore penalizzazione per donne e categorie di lavoratori usurati. Il governo immagina di mettere una scadenza a Opzione donna e Ape social e prorogarla fino alla fine del 2020. Si tratta di incentivi dell'Inps per chi è in stato di disagio economico o per le donne che al 31 dicembre scorso aveva 35 anni di contributi e più di 58 anni. Paradossale per un governo che si nutre dello storytelling della tutela dei più deboli e del sostegno delle fasce da sostenere. Non a caso la scelta verrebbe imboscata dagli stessi 5 stelle che preferiscono concentrarsi su quota 100.Chi invece apertamente non vuol saperne è Italia viva di Matteo Renzi, che ieri ha ingaggiato un dibattito e un richiesta formale di abolire l'intero provvedimento leghista e al tempo stesso di ripristinare in toto la legge Fornero. Tanto che ieri sera a Palazzo Chigi si sono riuniti i ministri del Pd per fronteggiare il nemico e alleato. E pure la fronda interna. Ad esempio il ministro delle politiche agricole, Teresa Bellanova rimasta in sella al dicastero pur essendo una renziana di ferro ha subito dichiarato che quota 100 è una «misura temporanea da rivedere e ristudiare per portare a casa una riforma che agevoli i nostri figli». Insomma, la maggioranza è spaccata in vari fronti e l'unico tema sul quale il ministro Roberto Gualtieri (che a sua volta è favorevole a un mantenimento di quota 100) può lavorare senza subire assalti è la riduzione del cuneo fiscale. Allo stato attuale, però le risorse da destinare all'alleggerimento del prelievo fiscale sulle buste paga non supererebbero i 3 miliardi per il 2020; 6 nel 2021. Poco per realizzare qualcosa che incida sul potere d'acquisto. Tanto che sindacati e gli altri elementi più a sinistra nel governo chiedono di raddoppiare il budget. Strada che sembra impraticabile dal momento che anche solo finanziando il taglio del cuneo per 3 miliardi resterebbero scoperti (per chiudere il cerchio della manovra) altri 5 miliardi di euro. Gli stessi che il Mef sta valutando di ricavare dal taglio delle detrazioni e delle deduzioni fiscali, senza contare i piccoli balzelli che si vuole inserire come la plastic tax, da applicare ai prodotti con imballaggi non riciclabili. La sforbiciata, secondo quanto viene riferito, sarebbe legata al reddito con l'introduzione di una soglia di 100.000 oltre la quale ridurre progressivamente, fino ad azzerare al di sopra dei 120.000, l'aliquota delle spese detraibili. La misura potrebbe riguardare tutte le detrazioni al 19%, dalle spese sanitarie a quelle per l'istruzione dei figli, ma resterebbero escluse le ristrutturazioni edilizie e le voci che in generale sono spalmate su più anni. Il perimetro del taglio dovrebbe così consentire la spremitura di altri 5 miliardi di tasse. Il rischio è che se il governo volesse alzare la voce di spesa (per accontentare chi chiede un cuneo più leggero o altre iniziative di sostegno alla famiglia e alle nascite) lo schema di aggressione alle tax expenditures colpirebbe anche redditi più bassi. L'idea è legare l'accesso alle detrazioni solo nel caso in cui i pagamenti siano tracciati per via telematica. In sostanza, se si paga l'oculista o la farmacia in contanti non si ottiene la certificazione per il rimborso. E così via per le altre voci che finirebbero nel calderone della riorganizzazione. Entro fine settimana dovrebbe essere reso pubblico il rapporto annuale sulle spese fiscali che la Commissione presieduta da Mauro Marè sta ultimando. Nel 2017 le voci erano 468, nel 2018 466 e quest'anno potrebbero essere più 530 per valore complessivo di 62 miliardi. Al di là dello studio in questione a unire i giallorossi è la voglia di alzare le tasse. Devono solo capire chi colpire e con quali modalità, per averne un minor danno elettorale. La volontà di spremere chi guadagna è palese e colpire chi guadagna più di 120.000 euro significa sancire che si vuole azzerare la borghesia per ridistribuire le briciole qua e là (taglio del cuneo fiscale). Ecco perché per arrivare all'obiettivo si cercherà di attivare uno Stato di polizia fiscale. Se poi si uccide anche l'economia e il mercato interno (chi spenderà in futuro?) basterà dare la colpa agli evasori.
(Getty Images)
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