2020-03-01
Per scongiurare il suicidio mediatico il governo inventa la serie A in differita
Archiviata l'ipotesi delle porte chiuse, Juve-Inter viene rinviata insieme ad altre quattro partite di questo turno di campionato. Nel rush finale di maggio, i nerazzurri potrebbero giocare nove match, i bianconeri otto. Polemiche sulla Lazio: non vuole spostare la gara con l'Atalanta impegnata a Valencia. Lo speciale contiene due articoli. Ancora una volta il governicchio s'è salvato - è proprio il caso di dirlo - in calcio d'angolo. Con un intervento in zona Cesarini, è stato scongiurato il pericolo che quasi un miliardo di telespettatori nel mondo assistesse a un surreale derby d'Italia giocato in uno stadio vuoto, come se il Paese fosse un lazzaretto, diviso tra i già infetti e gli ancor sani, barricati per l'assedio del coronavirus. Il cilindro dal cappello è la serie A in differita: Juventus-Inter, prevista per stasera ma a porte chiuse, sarà rinviata al 13 maggio, insieme ad altre quattro partite. Sarà posticipata anche la finale di Coppa Italia, che non potrà svolgersi all'Olimpico di Roma, precettato per gli Europei. La decisione è arrivata ieri, concordata tra il presidente del Coni, Giovanni Malagò, quello della Figc, Gabriele Gravina, la Lega di serie A e il ministro dello Sport, Vincenzo Spadafora. Un esponente vicinissimo al premier Giuseppe Conte, il quale è impegnato a rappezzare il danno d'immagine che la sua gestione dilettantesca dell'emergenza ha recato alla nazione - pasticcio che ha profondamente irritato il Colle. È stato proprio Spadafora a spendersi per indorare la pillola, spiegando che l'esecutivo è stato costretto «a prendere decisioni impopolari, ma necessarie». Il titolare del dicastero dello Sport ha quindi sottolineato che la linea del rinvio è stata adottata tenendo conto «delle ripercussioni a livello di immagine sul nostro Paese» di uno stadio vuoto e nonostante le «difficoltà nella programmazione di turni supplementari». E questo è un tasto dolente. La scelta del rinvio, in effetti, ha creato qualche malumore. Il presidente della Juventus, Andrea Agnelli, ha fatto di tutto per evitare che un match cruciale si tenesse senza pubblico, peraltro in un momento delicato per i bianconeri. Viceversa, dagli ambienti interisti è trapelata una certa irritazione. C'è chi parla di «campionato falsato», con la sfida scudetto rimandata a un momento della stagione in cui potrebbe non essere più decisiva. A pesare, soprattutto, è il fitto calendario che aspetterebbe, comunque, entrambe le squadre, se dovessero proseguire il loro cammino nei tornei europei e nel trofeo federale. In chiave puramente strategica, potrebbe trarne vantaggio l'altra pretendente al titolo tricolore, la Lazio, che invece è già fuori da Coppa Italia ed Europa League. Al netto di tutte le considerazioni e dei legittimi interessi delle società calcistiche, è però evidente che ci trovavamo di fronte a una strada obbligata. Nella vulgata planetaria, il nostro Paese ha ormai preso il posto della Cina come untore del mondo. Juventus-Inter disputata in un silenzio tombale, davanti agli appassionati di 200 Stati diversi, sarebbe stata il colpo di grazia sulla reputazione italiana. È l'ennesima giravolta del governicchio, ma stavolta non si poteva che arrischiare il testacoda. Piuttosto che umiliare ancora la patria sul palcoscenico globale, si è optato per condizionare l'andamento della competizione sportiva. I guai, certo, sono dietro l'angolo. Perché scongiurata la Caporetto della nostra nomea, rimane un'altra ipotesi che per il Conte bis sarebbe esiziale. La serie A potrebbe saltare del tutto, infatti, se ad esempio l'Inter arrivasse in finale di Europa League e si trovasse pertanto nell'impossibilità di recuperare anche l'altra gara saltata la settimana scorsa, quella contro la Sampdoria. E se è vero che da noi puoi toccare tutto, ma non il campionato, un governo che mette in pericolo l'assegnazione dello scudetto potrebbe veramente essere deposto da un moto di popolo... Per di più, pure in quest'ultima circostanza non sono mancati i segnali contraddittori. La semifinale di ritorno di Coppa Italia, tra Juve e Milan, si giocherà la prossima settimana e sarà a porte aperte, nella stessa sede cui era destinata la gara contro l'Inter. E nondimeno, all'Allianz Stadium di Torino dovrebbero essere accolti solamente i piemontesi. È molto probabile, difatti, che ai tifosi provenienti dalle Regioni Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna siano proibite le trasferte. I casi di coronavrius, però, sono stati registrati anche nella città della Mole. Stadio pieno altresì per il ritorno degli ottavi di Champions, contro il Lione, che già mercoledì scorso aveva dato il via libera alla trasferta francese per i fan dei bianconeri. È evidente che le dimensioni dell'epidemia in Piemonte e Lombardia non sono paragonabili, ma c'è da giurare che le asimmetrie saranno argomento di discussione per chi vede nel club degli Agnelli il «potere forte» che riesce a volgere a proprio vantaggio persino le circostanze più complicate. D'altro canto, pur avendo evitato l'ennesimo autogol mediatico, l'Italia difficilmente potrà vendere all'estero l'idea di un «ritorno alla normalità». Abbiamo superato la soglia dei 1.000 contagiati dal virus, le vittime sono 29, di cui 8 sono morte nella sola giornata di ieri. Le tre Regioni più colpite terranno le scuole chiuse fino all'8 marzo, mentre vengono imposte restrizioni e altre misure preventive, a macchia d'olio, anche in territori lontanissimi dai focolai. E sebbene le buone notizie non manchino (come i 50 guariti), sebbene i media si siano prontamente allineati al diktat dell'ottimismo, ogni sorriso, inevitabilmente, sembra posticcio. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/per-scongiurare-il-suicidio-mediatico-il-governo-inventa-la-serie-a-in-differita-2645344786.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="ma-ora-i-calendari-sono-nel-caos" data-post-id="2645344786" data-published-at="1762782125" data-use-pagination="False"> Ma ora i calendari sono nel caos
(Guardia di Finanza)
I peluches, originariamente disegnati da un artista di Hong Kong e venduti in tutto il mondo dal colosso nella produzione e vendita di giocattoli Pop Mart, sono diventati in poco tempo un vero trend, che ha generato una corsa frenetica all’acquisto dopo essere stati indossati sui social da star internazionali della musica e del cinema.
In particolare, i Baschi Verdi del Gruppo Pronto Impiego, attraverso un’analisi sulla distribuzione e vendita di giocattoli a Palermo nonché in virtù del costante monitoraggio dei profili social creati dagli operatori del settore, hanno individuato sette esercizi commerciali che disponevano anche degli iconici Labubu, focalizzando l’attenzione soprattutto sul prezzo di vendita, considerando che gli originali, a seconda della tipologia e della dimensione vengono venduti con un prezzo di partenza di circa 35 euro fino ad arrivare a diverse migliaia di euro per i pezzi meno diffusi o a tiratura limitata.
A seguito dei preliminari sopralluoghi effettuati all’interno dei negozi di giocattoli individuati, i finanzieri ne hanno selezionati sette, i quali, per prezzi praticati, fattura e packaging dei prodotti destavano particolari sospetti circa la loro originalità e provenienza.
I controlli eseguiti presso i sette esercizi commerciali hanno fatto emergere come nella quasi totalità dei casi i Labubu fossero imitazioni perfette degli originali, realizzati con materiali di qualità inferiore ma riprodotti con una cura tale da rendere difficile per un comune acquirente distinguere gli esemplari autentici da quelli falsi. I prodotti, acquistati senza fattura da canali non ufficiali o da piattaforme e-commerce, perlopiù facenti parte della grande distribuzione, venivano venduti a prezzi di poco inferiori a quelli praticati per gli originali e riportavano loghi, colori e confezioni del tutto simili a questi ultimi, spesso corredati da etichette e codici identificativi non conformi o totalmente falsificati.
Questi elementi, oltre al fatto che in alcuni casi i negozi che li ponevano in vendita fossero specializzati in giocattoli originali di ogni tipo e delle più note marche, potevano indurre il potenziale acquirente a pensare che si trattasse di prodotti originali venduti a prezzi concorrenziali.
In particolare, in un caso, l’intervento dei Baschi Verdi è stato effettuato in un negozio di giocattoli appartenente a una nota catena di distribuzione all’interno di un centro commerciale cittadino. Proprio in questo negozio è stato rinvenuto il maggior numero di pupazzetti falsi, ben 3.000 tra esercizio e magazzino, dove sono stati trovati molti cartoni pieni sia di Labubu imbustati che di scatole per il confezionamento, segno evidente che gli addetti al negozio provvedevano anche a creare i pacchetti sorpresa, diventati molto popolari proprio grazie alla loro distribuzione tramite blind box, ossia scatole a sorpresa, che hanno creato una vera e propria dipendenza dall’acquisto per i collezionisti di tutto il mondo. Tra gli esemplari sequestrati anche alcune copie più piccole di un modello, in teoria introvabile, venduto nel mese di giugno a un’asta di Pechino per 130.000 euro.
Soprattutto in questo caso la collocazione all’interno di un punto vendita regolare e inserito in un contesto commerciale di fiducia, unita alla cura nella realizzazione delle confezioni, avrebbe potuto facilmente indurre in errore i consumatori convinti di acquistare un prodotto ufficiale.
I sette titolari degli esercizi commerciali ispezionati e destinatari dei sequestri degli oltre 10.000 Labubu falsi che, se immessi sul mercato avrebbero potuto fruttare oltre 500.000 euro, sono stati denunciati all’Autorità Giudiziaria per vendita di prodotti recanti marchi contraffatti.
L’attività s’inquadra nel quotidiano contrasto delle Fiamme Gialle al dilagante fenomeno della contraffazione a tutela dei consumatori e delle aziende che si collocano sul mercato in maniera corretta e che, solo nell’ultimo anno, ha portato i Baschi Verdi del Gruppo P.I. di Palermo a denunciare 37 titolari di esercizi commerciali e a sequestrare oltre 500.000 articoli contraffatti, tra pelletteria, capi d’abbigliamento e profumi recanti marchi delle più note griffe italiane e internazionali.
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