2019-08-16
«Per salvare Roma non servono archistar ma una sfida politica e culturale»
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La moderna visione di come deve essere una città di Giulio Carlo Argan è raccontata in un libro che ripercorre, in modo non autobiografico, il pensiero del primo sindaco romano non democristiano.Giulio Carlo Argan, primo sindaco non democristiano di Roma, a vedere le condizioni attuali della Capitale avrebbe la conferma di quanto sosteneva con 40 anni di anticipo: la progettualità basata sul consumo non ha sviluppo, non può avere un orizzonte positivo. Secondo lo studioso, nato 110 anni fa a Torino e scomparso nel 1992, il progetto di una città deve avere come fondamento il valore identitario, così come la città contemporanea non può essere gestita con vecchi strumenti o comunque soltanto con tecnica e politica, ma deve essere l'espressione emblematica della cultura. Roma, dunque, deve salvaguardare la sua parte storica, fondamentale e ineguagliabile nel mondo, ma deve saperla coniugare con le periferie, con una realtà urbana oggi sempre più degradata. Non basta pensare al decoro urbano o risolvere l'emergenza rifiuti, dunque, per tutelare e rispettare l'Urbe, non bastano i progetti firmati da archistar, ma serve una sfida politica e culturale. Portavoce del pensiero di Argan è l'architetto, saggista e critico Fernando Miglietta che in Diariotre Con Giulio Carlo Argan - La città, le arti e il progetto (libro curato dall'Archivio Miglietta) racconta la sua esperienza umana e professionale con il docente, intellettuale, politico, tra i più importanti storici e critici d'arte del Novecento, in un confronto illuminante nell'arco di un decennio (1977-1988) tra interrogativi, progetti e utopie. «Il tema arte-città, quel rapporto tra le arti e il progetto, in grado di esprimere forme identitarie di una cultura» scrive Miglietta «era l'orizzonte primario del pensiero critico di Giulio Carlo Argan, speciale compagno di viaggio nei complessi rapporti tra politica e cultura e illuminato testimone critico della mia ricerca in arte e in architettura. In più occasioni abbiamo dialogato, confrontandoci sull'idea di futuro e di memoria, di arte e città, consapevoli della necessità di un progetto, azione e forma politica. Il centro della nostra riflessione ruotava spesso attorno ad un nuovo rapporto tra immaginazione e progetto. Siamo tutti debitori di Argan, testimone critico della mia ricerca in arte e in architettura». Il progetto dunque, per Argan, come «cuore del collegamento delle arti, delle arti con la città, delle arti con la società» evidenzia lo storico dell'arte Claudio Gamba nella presentazione, «ma anche del dialogo con il futuro, della saldatura tra utopia e concretezza pratica del fare».Diariotre non una biografia, dunque, ma un dialogo diretto ed epistolare inedito con l'architetto Miglietta che diventa eredità del famoso critico d'arte testimoniandone ancora la vivace attualità. «Le arti» diceva Argan «sono costitutive della città. Il solo luogo a cui tutte convergono e in cui fanno sintesi è la città. Per studiare l'arte bisogna partire dalla città…». «Al centro della sua visione delle arti» scrive l'architetto Franco Purini nella postfazione, «c'è l'idea del progetto come forma simbolica della modernità. Una forma che si sdoppia generando una straordinaria energia trasformatrice». E ancora, nella visione moderna di Argan, sottolinea l'architetto Miglietta «centrale era il rapporto tra cultura e politica: I partiti, le classi dirigenti, gli intellettuali. Argan su questi temi però non è mai stato tenero, ha sempre denunciato la mancanza di impegno civile, di carenza di progettualità: in alcuni casi un vero e proprio processo al Novecento». E sui rapporti tra Nord e Sud, la sua riflessione (1982) è dirompente: «L'unità del Paese è a rischio. Non avendo risolto nessuno dei problemi economici del mezzogiorno, l'Italia sta rischiando addirittura l'unità, non forse quella amministrativa o politica, ma l'unità come complesso di culture diverse che interagiscono positivamente». Chiara, secondo lui, l'azione politica necessaria a favore della cultura del Sud: «Il problema non è tanto di portare al Sud strutture o apparati culturali come quelli esistenti al Nord, quanto quello di preservare l'originalità culturale del meridione, seriamente in pericolo in quanto legata ad una minore potenzialità economica». «Per chi ama l'arte e la sua storia ed ha condiviso la necessità dell'impegno politico come partecipazione alla responsabilità del cambiamento» osserva Paolo Portoghesi nell'introduzione, «Argan rimane una testimonianza indimenticabile. Per lui la storia dell'Arte non era cronaca filologica di ciò che è stato, ma un modo per indagare criticamente il presente e le prospettive del futuro».
Siska De Ruysscher @Instagram
(Esercito Italiano)
Si è conclusa nei giorni scorsi in Slovenia l’esercitazione internazionale «Triglav Star 2025», che per circa tre settimane ha visto impegnato un plotone del 5° Reggimento Alpini al fianco di unità spagnole, slovene e ungheresi.
L'esercitazione si è articolata in due moduli: il primo dedicato alla mobilità in ambiente montano, finalizzato ad affinare le capacità tecniche di movimento su terreni impervi e difficilmente accessibili; il secondo focalizzato sulla condotta di operazioni offensive tra unità contrapposte. L’area delle esercitazioni ha compreso l’altopiano della Jelovica, nella regione di Gorenjska, e il massiccio del Ratitovec, tra i 900 e i 1.700 metri di altitudine.
La «Triglav Star 2025» è culminata in un’esercitazione continuativa durata 72 ore, durante la quale i militari hanno affrontato condizioni meteorologiche avverse – con terreno innevato e fangoso e intense raffiche di vento in quota. Nella fase finale, il plotone italiano è stato integrato in un complesso minore multinazionale a guida spagnola. La partecipazione di numerosi Paesi dell’Alleanza Atlantica ha rappresentato un’importante occasione di confronto, favorendo lo scambio di esperienze e competenze.
La «Triglav Star 2025» si è rivelata ottima occasione di crescita, contribuendo in modo significativo a rafforzare l’integrazione e l’interoperabilità tra le forze armate dei Paesi partecipanti.
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Richard Gere con il direttore di Open Arms Oscar Camps (Getty Images)