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2019-12-15
Per salvare Popolare di Bari il Mef prepara un decreto con un miliardo a Invitalia
Ansa
Al di là delle beghe politiche stasera il Consiglio dei ministri dovrà tirare le fila e prendere una decisione definitiva su Pop Bari. Ieri, i tecnici del Mef, hanno lavorato al decreto parallelo necessario al salvataggio dell'istituto. Il governo dovrà infatti iniettare almeno un miliardo nelle casse di Invitalia, che ne girerà contestualmente più o meno 600 al Mediocredito centrale, controllato al 100% dall'agenzia di promozione pubblica. I contenuti del testo si apprenderanno solo stasera. A gestirle è direttamente il Mef che su questa partita si muove in diretto contatto con Bankitalia e con l'intento di fornire il pacchetto già completo al premier. Uno modo per evitare intromissioni politiche di lunga storia. Basti ricordare le scintille sugli istituti pugliesi tra Matteo Renzi e Massimo D'Alema ai tempi della commissione banche. I Ds sono sempre stati molto attenti al ruolo di banca 121 ma è anche risaputo il legame tra D'Alema e Vincenzo De Bustis attuale ad di Pop Bari. Il Mef vuole concentrarsi sui buchi da tappare ed evitare il più possibile scontri tra partiti.
Alla base del commissariamento della Banca Popolare di Bari c'è infatti una storia iniziata nel 2010, quando la magistratura di Bari iniziò ad indagare su pratiche poco corrette: elargizione di crediti alla clientela senza badare troppo alle garanzie. Così, in un decennio, la banca è arrivata ad avere il 26% di crediti deteriorati. In pratica, un finanziamento su quattro tra quelli elargiti non è mai stato restituito. Nel corso degli ultimi anni, la Procura ha aperto cinque inchieste sulla popolare di Corso Cavour 19. L'ultima, ieri dopo la lettera inviata dalla Consob che ha segnalato il mancato invio delle informazioni richieste alla banca sulla situazione dei conti. La notizia è confermata all'Ansa da fonti vicine agli ambienti giudiziari. L'indagine, coordinata dal procuratore aggiunto Roberto Rossi, dovrà valutare se quanto segnalato dal presidente Consob Paolo Savona configuri ipotesi di reato.
Prima ancora i magistrati hanno voluto vederci chiaro sulla sospetta e mai avvenuta operazione di rafforzamento del capitale, tentata ormai quasi un anno fa (era il dicembre 2018), con una emissione obbligazionaria da 30 milioni di euro voluta da De Bustis da far sottoscrivere ad una società maltese. Continua, poi, l'inchiesta voluta dai magistrati baresi per i reati di false comunicazioni sociali, falso in prospetto e ostacolo alle funzioni di vigilanza inviata a de Bustis e ad altre nove persone tra cui l'ex presidente Marco Jacobini. Il sospetto, insomma, è che la banca abbia comunicato alla Consob bilanci non corrispondenti del tutto al vero, soprattutto per quanto riguarda i crediti e la vicenda dell'acquisizione di Banca Tercas, la banca di Teramo.
L'ultimo decennio è stato dunque oggetto di diversi sospetti da parte della magistratura sulla gestione della banca. Dubbi confermati dai numeri emersi dai conti di giugno: la banca ha chiuso il primo semestre del 2019 con una perdita netta di 73,3 milioni e un Cet1 del 6,22%, sotto il requisito del 9,45% fissato da Bankitalia.
Così Bankitalia, visti i problemi di solidità a livello patrimoniale, ha disposto venerdì lo scioglimento degli organi con funzioni di amministrazione e controllo della banca e ne ha disposto la procedura di amministrazione straordinaria nominando i commissari Enrico Ajello e Antonio Blandini. Insieme a questi due esperti lavoreranno i componenti del comitato di sorveglianza Livia Casale, Francesco Fioretto e Andrea Grosso. Il loro compito sarà sbrogliare alcune grane intrecciate, come le partecipazioni nel fondo Sorgente sgr di Valter Mainetti o il gruppo Fusillo, ormai fallito.
Soprattutto dovranno portare avanti le trattative con Fitd e Mediocredito centrale. Nel primo caso si tratta di un fondo finanziato da banche private che potrebbe aiutare la popolare barese solo nel caso in cui venga presentato una radicale piano di rilancio. Nel secondo caso, quello di Mediocredito centrale, l'idea è quella che l'esecutivo proceda con una aumento di capitale. La cosiddetta Banca del Mezzogiorno controllata da Invitalia, ovvero dal ministero dell'Economia dovrebbe mettere 250 milioni da investire subito nella popolare barese e gli altri 350 in un secondo momento.
Al momento, va detto, l'operatività della banca continua senza interruzioni. Per i circa 3.000 dipendenti del gruppo che lavorano ai 368 sportelli sparsi in 13 regioni la situazione non è però facile. Resta poi da capire cosa succederà ad azionisti e obbligazionisti. Le quotazioni delle azioni dei 69.000 soci comprate sul comparto Hi-Mtf (quello dove vengono scambiati i titoli delle popolari) sono state sospese. E la possibilità che le azioni da domani valgano qualcosa è rasente lo zero. Potrebbe andare incontro a problemi anche una parte degli obbligazionisti, quelli che detengono i bond subordinati. Al momento ce ne sono tre in circolazione. Un'emissione vale 6 milioni, la seconda 15 e la terza è molto corposa ed è stata utilizzata per coprire l'acquisizione di Tercas. Si tratta di 213 milioni di euro che rendono il 6,5% a scadenza dicembre 2021. A oggi non sono state annunciate operazioni a svantaggio dei piccoli investitori, ma il cdm di stasera dovrà tirare un linea: rassicurare i circa 10.000 sottoscrittori oppure tosarli come è avvenuto in altri salvataggi.
Il caso Tercas, il baratto dell’Ue e gli occhi chiusi sugli aiuti tedeschi
Popolare di Bari è una torta a più strati. Fatti di relazioni intrecciate tra il territorio, Roma, dove ha sede Bankitalia, e Bruxelles, dove ormai c'è la testa della Vigilanza bancaria europea. Le inchieste penali si occuperanno dei fidi sballati, del credito erogato con criteri discutibili, ma è bene guardare anche alle scelte avvenute al di fuori del capoluogo pugliese per comprendere come si sia arrivati al commissariamento. Una scelta che potrebbe scoperchiare un vaso di pandora. Noi, però, usiamo il condizionale perché uno dei problemi principali della mancanza di trasparenza nelle crisi creditizie tricolori (Mps, popolari venete e le quattro piccole saltate nel 2015) sta proprio nel fatto che l'autorità di vigilanza è composta dallo stesso ente che si occupa delle risoluzioni.
Detto in modo più semplice: chi fa lo sceriffo è lo stesso vigile del fuoco chiamato a spegnere l'incendio, rimettere ordine dopo il crac e a raccogliere le prove attorno ai colpevoli. La recente storia italiana non ci ha spinti verso il meglio e purtroppo nella vicenda barese siamo costretti ad aggiungere un problema in più. Che sia chiama Europa.
Nel 2013 Pop Bari acquistò Cassa di Risparmio di Teramo, nota alle cronache come Tercas. Istituto che a sua volta controllava Caripe, la Cassa di Risparmio di Pescara. L'istituto indicò come condizione vincolante la copertura da parte del Fitd, il Fondo interbancario di tutela dei depositi, del deficit della Tercas. Il fondo acconsentì a coprire il buco patrimoniale ma successivamente la Commissione Ue sollevò dubbi sulla compatibilità dell'intervento con le norme in materia di aiuti di Stato, aprendo così un'indagine. L'Ue si è presa due anni (un'infinità per una banca) e con la decisione datata 23 dicembre 2015 l'Antitrust europeo disse che il salvataggio di Tercas costituiva un aiuto di Stato e come tale era illegittimo. Da qui Pop Bari, sostenuta da Bankitalia, ha deciso di fare appello alla Corte del Lussemburgo. Ci sono voluti quasi quattro anni ma alla fine i giudici Ue si sono pronunciati e hanno dato pienamente ragione all'Italia. Non si trattava di aiuti di Stato. Boom. Un parere che se fosse stato contemporaneo ai fatti avrebbe cambiato la storia del panorama creditizio italiano. Innanzitutto nel 2015 le quattro banche saltate per aria (Da Etruria fino a Carife) sarebbero state salvate. Il Paese non avrebbe sperimentato il bail in e non avremmo assistito alla tremenda svalutazione degli asset bancari attraverso il mercato degli Npl.
La storia non si fa con i se. Ma lo scorso marzo, a seguito della sentenza della Corte Ue, l'Abi, l'associazione bancaria italiana, ha fatto a sua volta causa chiedendo all'Ue di rimborsare tutti i risparmiatori coinvolti in Etruria, Cari Chieti, Banca Marche e Cari Ferrara. Non solo. Dal momento che la causa riguarda Tercas, anche Bari si è sentita di alzare la posta. Se il fondo interbancario fosse entrato nella popolare di Teramo forse avremmo assistito a un altro film e il patrimonio di Pop Bari sarebbe a livelli più alti. A maggio però la Commissione Ue si è appellata. La sentenza di secondo grado sarà fondamentale per capire il futuro delle prossime crisi bancarie. Compresa quella appena scoppiata che riguarda Pop Bari, la salvatrice di Tercas.
Se i giudici confermassero il primo grado, per l'Ue sarebbe una sberla tremenda. Sarebbe una grave perdita di credibilità: sarebbe costretta ad ammettere di aver sbagliato su tutta la linea a partire da Cipro, fino ai salvataggi delle banche tedesche da parte dello Stato (non sanzionati).
Solo che oggi siamo di nuovo al punto di partenza. Prima che i giudici di secondo grado si pronuncino, il nostro sistema è di nuovo in crisi e si trova a bussare a Bruxelles. Pop Bari dovrà essere salvata con il Fondo interbancario e con l'inserimento di un player più o meno privato, come Mediocredito. Potrà la commissione Ue dire no anche in questa occasione?
Al di là del conflitto giuridico in corso (Pop Bari ha fatto causa per risarcimento alla Commissione Ue, e la seconda decide delle sorti della prima) prevale il tema politico. Non è un caso se da Bruxelles sono arrivati numerosi segnali di pace armata. Come dire, ritirate la causa e noi diamo semaforo verde ai progetti di salvataggio che il Conte bis deciderà di avviare. L'Ue non vuole assistere a una sentenza di secondo grado che potrebbe impattare sull'intero procedimento dell'Unione bancaria. E preferirebbe subito chiudere la partita della Bari promettendo un sì silenzioso. Con che coraggio faccia intendere tale baratto non lo comprendiamo visto che meno di due settimane fa NordLb, una delle più grandi banche pubbliche commerciali della Germania, ha ricevuto un finanziamento diretto di 2,8 miliardi di euro. In totale, verranno stanziati 3,6 miliardi di euro, soprattutto da parte della Bassa Sassonia, della Sassonia-Anhalt e delle casse di risparmio. Marghrete Vestager, la commissaria anti concorrenza, non ha battuto ciglio. Ha detto sì ai soldi pubblici ritenendo che in futuro saranno remunerati secondo i criteri del mercato. Chi lo dice a tutti gli sbancati italiani che bastava un bigliettino con scritto «pagherò»?
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L'agenzia statale girerà 600 milioni a Mediocredito centrale, che li darà in più tranche all'istituto commissariato. Ieri la quinta indagine penale. Paura per gli obbligazionisti.Bruxelles potrebbe non intralciare l'intervento in Puglia in cambio del ritiro delle cause per la Cassa di Teramo. Utilizzando, finalmente, lo stesso metro che applica regolarmente con Berlino.Lo speciale contiene due articoliAl di là delle beghe politiche stasera il Consiglio dei ministri dovrà tirare le fila e prendere una decisione definitiva su Pop Bari. Ieri, i tecnici del Mef, hanno lavorato al decreto parallelo necessario al salvataggio dell'istituto. Il governo dovrà infatti iniettare almeno un miliardo nelle casse di Invitalia, che ne girerà contestualmente più o meno 600 al Mediocredito centrale, controllato al 100% dall'agenzia di promozione pubblica. I contenuti del testo si apprenderanno solo stasera. A gestirle è direttamente il Mef che su questa partita si muove in diretto contatto con Bankitalia e con l'intento di fornire il pacchetto già completo al premier. Uno modo per evitare intromissioni politiche di lunga storia. Basti ricordare le scintille sugli istituti pugliesi tra Matteo Renzi e Massimo D'Alema ai tempi della commissione banche. I Ds sono sempre stati molto attenti al ruolo di banca 121 ma è anche risaputo il legame tra D'Alema e Vincenzo De Bustis attuale ad di Pop Bari. Il Mef vuole concentrarsi sui buchi da tappare ed evitare il più possibile scontri tra partiti. Alla base del commissariamento della Banca Popolare di Bari c'è infatti una storia iniziata nel 2010, quando la magistratura di Bari iniziò ad indagare su pratiche poco corrette: elargizione di crediti alla clientela senza badare troppo alle garanzie. Così, in un decennio, la banca è arrivata ad avere il 26% di crediti deteriorati. In pratica, un finanziamento su quattro tra quelli elargiti non è mai stato restituito. Nel corso degli ultimi anni, la Procura ha aperto cinque inchieste sulla popolare di Corso Cavour 19. L'ultima, ieri dopo la lettera inviata dalla Consob che ha segnalato il mancato invio delle informazioni richieste alla banca sulla situazione dei conti. La notizia è confermata all'Ansa da fonti vicine agli ambienti giudiziari. L'indagine, coordinata dal procuratore aggiunto Roberto Rossi, dovrà valutare se quanto segnalato dal presidente Consob Paolo Savona configuri ipotesi di reato.Prima ancora i magistrati hanno voluto vederci chiaro sulla sospetta e mai avvenuta operazione di rafforzamento del capitale, tentata ormai quasi un anno fa (era il dicembre 2018), con una emissione obbligazionaria da 30 milioni di euro voluta da De Bustis da far sottoscrivere ad una società maltese. Continua, poi, l'inchiesta voluta dai magistrati baresi per i reati di false comunicazioni sociali, falso in prospetto e ostacolo alle funzioni di vigilanza inviata a de Bustis e ad altre nove persone tra cui l'ex presidente Marco Jacobini. Il sospetto, insomma, è che la banca abbia comunicato alla Consob bilanci non corrispondenti del tutto al vero, soprattutto per quanto riguarda i crediti e la vicenda dell'acquisizione di Banca Tercas, la banca di Teramo. L'ultimo decennio è stato dunque oggetto di diversi sospetti da parte della magistratura sulla gestione della banca. Dubbi confermati dai numeri emersi dai conti di giugno: la banca ha chiuso il primo semestre del 2019 con una perdita netta di 73,3 milioni e un Cet1 del 6,22%, sotto il requisito del 9,45% fissato da Bankitalia. Così Bankitalia, visti i problemi di solidità a livello patrimoniale, ha disposto venerdì lo scioglimento degli organi con funzioni di amministrazione e controllo della banca e ne ha disposto la procedura di amministrazione straordinaria nominando i commissari Enrico Ajello e Antonio Blandini. Insieme a questi due esperti lavoreranno i componenti del comitato di sorveglianza Livia Casale, Francesco Fioretto e Andrea Grosso. Il loro compito sarà sbrogliare alcune grane intrecciate, come le partecipazioni nel fondo Sorgente sgr di Valter Mainetti o il gruppo Fusillo, ormai fallito. Soprattutto dovranno portare avanti le trattative con Fitd e Mediocredito centrale. Nel primo caso si tratta di un fondo finanziato da banche private che potrebbe aiutare la popolare barese solo nel caso in cui venga presentato una radicale piano di rilancio. Nel secondo caso, quello di Mediocredito centrale, l'idea è quella che l'esecutivo proceda con una aumento di capitale. La cosiddetta Banca del Mezzogiorno controllata da Invitalia, ovvero dal ministero dell'Economia dovrebbe mettere 250 milioni da investire subito nella popolare barese e gli altri 350 in un secondo momento. Al momento, va detto, l'operatività della banca continua senza interruzioni. Per i circa 3.000 dipendenti del gruppo che lavorano ai 368 sportelli sparsi in 13 regioni la situazione non è però facile. Resta poi da capire cosa succederà ad azionisti e obbligazionisti. Le quotazioni delle azioni dei 69.000 soci comprate sul comparto Hi-Mtf (quello dove vengono scambiati i titoli delle popolari) sono state sospese. E la possibilità che le azioni da domani valgano qualcosa è rasente lo zero. Potrebbe andare incontro a problemi anche una parte degli obbligazionisti, quelli che detengono i bond subordinati. Al momento ce ne sono tre in circolazione. Un'emissione vale 6 milioni, la seconda 15 e la terza è molto corposa ed è stata utilizzata per coprire l'acquisizione di Tercas. Si tratta di 213 milioni di euro che rendono il 6,5% a scadenza dicembre 2021. A oggi non sono state annunciate operazioni a svantaggio dei piccoli investitori, ma il cdm di stasera dovrà tirare un linea: rassicurare i circa 10.000 sottoscrittori oppure tosarli come è avvenuto in altri salvataggi.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/per-salvare-popolare-di-bari-il-mef-prepara-un-decreto-con-un-miliardo-a-invitalia-2641599918.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="il-caso-tercas-il-baratto-dellue-e-gli-occhi-chiusi-sugli-aiuti-tedeschi" data-post-id="2641599918" data-published-at="1765818948" data-use-pagination="False"> Il caso Tercas, il baratto dell’Ue e gli occhi chiusi sugli aiuti tedeschi Popolare di Bari è una torta a più strati. Fatti di relazioni intrecciate tra il territorio, Roma, dove ha sede Bankitalia, e Bruxelles, dove ormai c'è la testa della Vigilanza bancaria europea. Le inchieste penali si occuperanno dei fidi sballati, del credito erogato con criteri discutibili, ma è bene guardare anche alle scelte avvenute al di fuori del capoluogo pugliese per comprendere come si sia arrivati al commissariamento. Una scelta che potrebbe scoperchiare un vaso di pandora. Noi, però, usiamo il condizionale perché uno dei problemi principali della mancanza di trasparenza nelle crisi creditizie tricolori (Mps, popolari venete e le quattro piccole saltate nel 2015) sta proprio nel fatto che l'autorità di vigilanza è composta dallo stesso ente che si occupa delle risoluzioni. Detto in modo più semplice: chi fa lo sceriffo è lo stesso vigile del fuoco chiamato a spegnere l'incendio, rimettere ordine dopo il crac e a raccogliere le prove attorno ai colpevoli. La recente storia italiana non ci ha spinti verso il meglio e purtroppo nella vicenda barese siamo costretti ad aggiungere un problema in più. Che sia chiama Europa. Nel 2013 Pop Bari acquistò Cassa di Risparmio di Teramo, nota alle cronache come Tercas. Istituto che a sua volta controllava Caripe, la Cassa di Risparmio di Pescara. L'istituto indicò come condizione vincolante la copertura da parte del Fitd, il Fondo interbancario di tutela dei depositi, del deficit della Tercas. Il fondo acconsentì a coprire il buco patrimoniale ma successivamente la Commissione Ue sollevò dubbi sulla compatibilità dell'intervento con le norme in materia di aiuti di Stato, aprendo così un'indagine. L'Ue si è presa due anni (un'infinità per una banca) e con la decisione datata 23 dicembre 2015 l'Antitrust europeo disse che il salvataggio di Tercas costituiva un aiuto di Stato e come tale era illegittimo. Da qui Pop Bari, sostenuta da Bankitalia, ha deciso di fare appello alla Corte del Lussemburgo. Ci sono voluti quasi quattro anni ma alla fine i giudici Ue si sono pronunciati e hanno dato pienamente ragione all'Italia. Non si trattava di aiuti di Stato. Boom. Un parere che se fosse stato contemporaneo ai fatti avrebbe cambiato la storia del panorama creditizio italiano. Innanzitutto nel 2015 le quattro banche saltate per aria (Da Etruria fino a Carife) sarebbero state salvate. Il Paese non avrebbe sperimentato il bail in e non avremmo assistito alla tremenda svalutazione degli asset bancari attraverso il mercato degli Npl. La storia non si fa con i se. Ma lo scorso marzo, a seguito della sentenza della Corte Ue, l'Abi, l'associazione bancaria italiana, ha fatto a sua volta causa chiedendo all'Ue di rimborsare tutti i risparmiatori coinvolti in Etruria, Cari Chieti, Banca Marche e Cari Ferrara. Non solo. Dal momento che la causa riguarda Tercas, anche Bari si è sentita di alzare la posta. Se il fondo interbancario fosse entrato nella popolare di Teramo forse avremmo assistito a un altro film e il patrimonio di Pop Bari sarebbe a livelli più alti. A maggio però la Commissione Ue si è appellata. La sentenza di secondo grado sarà fondamentale per capire il futuro delle prossime crisi bancarie. Compresa quella appena scoppiata che riguarda Pop Bari, la salvatrice di Tercas. Se i giudici confermassero il primo grado, per l'Ue sarebbe una sberla tremenda. Sarebbe una grave perdita di credibilità: sarebbe costretta ad ammettere di aver sbagliato su tutta la linea a partire da Cipro, fino ai salvataggi delle banche tedesche da parte dello Stato (non sanzionati). Solo che oggi siamo di nuovo al punto di partenza. Prima che i giudici di secondo grado si pronuncino, il nostro sistema è di nuovo in crisi e si trova a bussare a Bruxelles. Pop Bari dovrà essere salvata con il Fondo interbancario e con l'inserimento di un player più o meno privato, come Mediocredito. Potrà la commissione Ue dire no anche in questa occasione? Al di là del conflitto giuridico in corso (Pop Bari ha fatto causa per risarcimento alla Commissione Ue, e la seconda decide delle sorti della prima) prevale il tema politico. Non è un caso se da Bruxelles sono arrivati numerosi segnali di pace armata. Come dire, ritirate la causa e noi diamo semaforo verde ai progetti di salvataggio che il Conte bis deciderà di avviare. L'Ue non vuole assistere a una sentenza di secondo grado che potrebbe impattare sull'intero procedimento dell'Unione bancaria. E preferirebbe subito chiudere la partita della Bari promettendo un sì silenzioso. Con che coraggio faccia intendere tale baratto non lo comprendiamo visto che meno di due settimane fa NordLb, una delle più grandi banche pubbliche commerciali della Germania, ha ricevuto un finanziamento diretto di 2,8 miliardi di euro. In totale, verranno stanziati 3,6 miliardi di euro, soprattutto da parte della Bassa Sassonia, della Sassonia-Anhalt e delle casse di risparmio. Marghrete Vestager, la commissaria anti concorrenza, non ha battuto ciglio. Ha detto sì ai soldi pubblici ritenendo che in futuro saranno remunerati secondo i criteri del mercato. Chi lo dice a tutti gli sbancati italiani che bastava un bigliettino con scritto «pagherò»?
La risposta alla scoppiettante Atreju è stata una grigia assemblea piddina
Il tema di quest’anno, Angeli e Demoni, ha guidato il percorso visivo e narrativo dell’evento. Il manifesto ufficiale, firmato dal torinese Antonio Lapone, omaggia la Torino magica ed esoterica e il fumetto franco-belga. Nel visual, una cosplayer attraversa il confine tra luce e oscurità, tra bene e male, tra simboli antichi e cultura pop moderna, sfogliando un fumetto da cui si sprigiona luce bianca: un ponte tra tradizione e innovazione, tra arte e narrazione.
Fumettisti e illustratori sono stati il cuore pulsante dell’Oval: oltre 40 autori, tra cui il cinese Liang Azha e Lorenzo Pastrovicchio della scuderia Disney, hanno accolto il pubblico tra sketch e disegni personalizzati, conferenze e presentazioni. Primo Nero, fenomeno virale del web con oltre 400.000 follower, ha presentato il suo debutto editoriale con L’Inkredibile Primo Nero Show, mentre Sbam! e altre case editrici hanno ospitato esposizioni, reading e performance di autori come Giorgio Sommacal, Claudio Taurisano e Vince Ricotta, che ha anche suonato dal vivo.
Il cosplay ha confermato la sua centralità: più di 120 partecipanti si sono sfidati nella tappa italiana del Nordic Cosplay Championship, con Carlo Visintini vincitore e qualificato per la finale in Svezia. Parallelamente, il propmaking ha permesso di scoprire il lavoro artigianale dietro armi, elmi e oggetti scenici, rivelando la complessità della costruzione dei personaggi.
La musica ha attraversato generazioni e stili. La Battle of the Bands ha offerto uno spazio alle band emergenti, mentre le icone delle sigle tv, Giorgio Vanni e Cristina D’Avena, hanno trasformato l’Oval in un grande palco popolare, richiamando migliaia di fan. Non è mancato il K-pop, con workshop, esibizioni e karaoke coreano, che ha coinvolto i più giovani in una dimensione interattiva e partecipativa. La manifestazione ha integrato anche dimensioni educative e culturali. Il Dipartimento di Matematica dell’Università di Torino ha esplorato il ruolo della matematica nei fumetti, mostrando come concetti scientifici possano dialogare con la narrazione visiva. Lo chef Carlo Mele, alias Ojisan, ha illustrato la relazione tra cibo e animazione giapponese, trasformando piatti iconici degli anime in esperienze reali. Il pubblico ha potuto immergersi nella magia del Villaggio di Natale, quest’anno allestito nella Casa del Grinch, tra laboratori creativi, truccabimbi e la Christmas Elf Dance, mentre l’area games e l’area videogames hanno offerto tornei, postazioni libere e spazi dedicati a giochi indipendenti, modellismo e miniature, garantendo una partecipazione attiva e immersiva a tutte le età.
Con 28.000 visitatori in due giorni, Xmas Comics & Games conferma la propria crescita come festival della cultura pop, capace di unire creatività, spettacolo e narrazione, senza dimenticare la componente sociale e educativa. Tra fumetti, cosplay, musica e gioco, Torino è diventata il punto d’incontro per chi vuole vivere in prima persona il racconto pop contemporaneo, dove ogni linguaggio si intreccia e dialoga con gli altri, trasformando la fiera in una grande esperienza culturale condivisa.
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i,Hamza Abdi Barre (Getty Images)
La Somalia è intrappolata in una spirale di instabilità sempre più profonda: un’insurrezione jihadista in crescita, un apparato di sicurezza inefficiente, una leadership politica divisa e la competizione tra potenze vicine che alimenta rivalità interne. Il controllo effettivo del governo federale si riduce ormai alla capitale e a poche località satelliti, una sorta di isola amministrativa circondata da gruppi armati e clan in competizione. L’esercito nazionale, logorato, frammentato e privo di una catena di comando solida, non è in grado di garantire la sicurezza nemmeno sulle principali rotte commerciali che costeggiano il Paese. In queste condizioni, il collasso dell’autorità centrale e la caduta di Mogadiscio nelle mani di gruppi ostili rappresentano scenari sempre meno remoti, con ripercussioni dirette sulla navigazione internazionale e sulla sicurezza regionale.
La pirateria somala, un tempo contenuta da pattugliamenti congiunti e operazioni navali multilaterali, è oggi alimentata anche dal radicamento di milizie jihadiste che controllano vaste aree dell’entroterra. Questi gruppi, dopo anni di scontri contro il governo federale e di brevi avanzate respinte con l’aiuto delle forze speciali straniere, hanno recuperato terreno e consolidato le proprie basi logistiche proprio lungo i corridoi costieri. Da qui hanno intensificato sequestri, assalti e sabotaggi, colpendo infrastrutture critiche e perfino centri governativi di intelligence. L’attacco del 2025 contro una sede dei servizi somali, che portò alla liberazione di decine di detenuti, diede il segnale dell’audacia crescente di questi movimenti.
Le debolezze dell’apparato statale restano uno dei fattori decisivi. Nonostante due decenni di aiuti, investimenti e programmi di addestramento militare, le forze somale non riescono a condurre operazioni continuative contro reti criminali e gruppi jihadisti. Il consumo interno di risorse, la corruzione diffusa, i legami di fedeltà clanici e la dipendenza dall’Agenzia dell’Unione africana per il supporto alla sicurezza hanno sgretolato ogni tentativo di riforma. Nel frattempo, l’interferenza politica nella gestione della missione internazionale ha sfiancato i donatori, ridotto il coordinamento e lasciato presagire un imminente disimpegno. A questo si aggiungono le tensioni istituzionali: modifiche costituzionali controverse, una mappa federale contestata e tentativi percepiti come manovre per prolungare la permanenza al potere della leadership attuale hanno spaccato la classe politica e paralizzato qualsiasi risposta comune alla minaccia emergente. Mentre i vertici si dividono, le bande armate osservano, consolidano il controllo del territorio e preparano nuovi colpi contro la navigazione e le città costiere. Sul piano internazionale cresce il numero di governi che, temendo un collasso definitivo del sistema federale, sondano discretamente la possibilità di una trattativa con i gruppi armati. Ma l’ipotesi di una Mogadiscio conquistata da milizie che già controllano ampie aree della costa solleva timori concreti: un ritorno alla pirateria sistemica, attacchi oltre confine e una spirale di conflitti locali che coinvolgerebbe l’intero Corno d’Africa.
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Il presidente eletto del Cile José Antonio Kast e sua moglie Maria Pia Adriasola (Ansa)
Un elemento significativo di queste elezioni presidenziali è stata l’elevata affluenza alle urne, che si è rivelata in aumento del 38% rispetto al 2021. Quelle di ieri sono infatti state le prime elezioni tenute dopo che, nel 2022, è stato introdotto il voto obbligatorio. La vittoria di Kast ha fatto da contraltare alla crisi della sinistra cilena. Il presidente uscente, Gabriel Boric, aveva vinto quattro anni fa, facendo leva soprattutto sull’impopolarità dell’amministrazione di centrodestra, guidata da Sebastián Piñera. Tuttavia, a partire dal 2023, gli indici di gradimento di Boric sono iniziati a crollare. E questo ha danneggiato senza dubbio la Jara, che è stata ministro del Lavoro fino allo scorso aprile. Certo, Kast si accinge a governare a fronte di un Congresso diviso: il che potrebbe rappresentare un problema per alcune delle sue proposte più incisive. Resta tuttavia il fatto che la sua vittoria ha avuto dei numeri assai significativi.
«La vittoria di Kast in Cile segue una serie di elezioni in America Latina che negli ultimi anni hanno spostato la regione verso destra, tra cui quelle in Argentina, Ecuador, Costa Rica ed El Salvador», ha riferito la Bbc. Lo spostamento a destra dell’America Latina è una buona notizia per la Casa Bianca. Ricordiamo che, alcuni giorni fa, Washington a pubblicato la sua nuova strategia di sicurezza nazionale: un documento alla cui base si registra il rilancio della Dottrina Monroe. Per Trump, l’obiettivo, da questo punto di vista, è duplice. Innanzitutto, punta a contrastare il fenomeno dell’immigrazione irregolare. In secondo luogo, mira ad arginare l’influenza geopolitica della Cina sull’Emisfero occidentale. Vale a tal proposito la pena di ricordare che Boric, negli ultimi anni, ha notevolmente avvicinato Santiago a Pechino. Una linea che, di certo, a Washington non è stata apprezzata.
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