2022-02-17
Per ora il vino si salva dall’Ue, ma scoppia la pandemia dei costi
Bloccata l’idea che faccia venire il cancro, in agguato ci sono ancora Oms, Nutriscore e crisi energetica e delle materie prime.L’antica saggezza contadina recita: piuttosto che niente è meglio piuttosto. E così è andata per il vino al plenum del Parlamento europeo di Strasburgo. Non ci saranno etichette terroristiche sulle bottiglie, né il vino sarà indicato come sostanza cancerogena. Ma finisce lì perché resta in piedi l’idea di bollarlo con la F nera dell’infamia attraverso il Nutriscore (l’etichetta a semaforo che piace tanto alle multinazionali). Soprattutto resta in piedi l’azione dell’Oms che molto coccolato dalle multinazionali - e a corto di quattrini a detta sul suo segretario generale Tedros Adhanom Ghebreyesus - ce l’ha su col vino. Il clima peraltro non è favorevole. C’è chi ormai - dopo due anni di terrore sul Covid - è convinto che si debba passare dallo stato etico a quello dietetico e questa tendenza, che per l’Italia è mortale perché mette in discussione un settore che vale 150 miliardi di cui 50 dall’export (il vero bersaglio da colpire), è diventata trasversale. Anche il caso vino (per noi sono quasi 15 miliardi di fatturato di cui una metà dall’export) mette in rilievo questa ideologia sanitaria. Nel gruppo degli eurodeputati Pd c’è chi si è battuto per il vino e chi come Alessandra Moretti difende più volentieri l’Europa. Per buona sorte sono stati approvati ad ampia maggioranza gli emendamenti presentati da Herbert Dorfmann e Paolo De Castro (Pd) al testo elaborato dalla commissione cosiddetta Beca che si occupa delle linee guida nel contrasto al cancro. In sostanza si voleva che il vino fosse messo al bando come sostanza cancerogena, sulle etichette ci fossero messaggi «dissuasivi» come quelli delle sigarette, fosse applicata una super tassazione oltre a proibire la pubblicità. Contro questa relazione si sono schierate l’Italia, in parte la Francia, la Spagna che hanno battuto soprattutto su un dato: nello studio e nella formulazione del documento europeo non c’è distinzione tra uso e abuso di alcol e non c’è alcuna attenzione al consumo consapevole e moderato caratteristico di chi beve vino. Partendo da qui si sono costruiti gli emendamenti ed è stata respinta l’offensiva anti-vino. Commenta Paolo De Castro: «C’è un consenso molto forte sulla distinzione tra consumo moderato e consapevole e abuso di alcol. È un buon risultato che salvaguarda anche il lavoro fatto dai colleghi della commissione Beca». Più o meno sulla linea di De Castro quasi tutti gli altri, compreso Silvio Berlusconi che ha dichiarato (rara avis quando si tratta di agricoltura) «Vittoria! Abbiamo votato al Parlamento europeo per difendere la produzione vinicola, un’eccellenza italiana. Va promosso il consumo responsabile, senza criminalizzare il vino o favorire i nostri competitor». Gian Marco Centinaio, sottosegretario leghista all’Agricoltura, parla di «vittoria del buon senso. Combattere il cancro è senza dubbio una priorità di tutti, ma la salute non si tutela demonizzando un settore o un singolo prodotto che è legato alla cultura e allo stile di vita dell’Italia così come di altri paesi europei». A tirare un sospiro di sollievo sono tutte le varie sigle del mondo del vino per avere evitato il peggio. Ma è solo il primo tempo. Basta leggere una dichiarazione dell’eurodeputata del Pd Alessandra Moretti relatrice della commissione anticancro: «Si corre il rischio che un’innovazione straordinaria come il piano europeo per la lotta al cancro sia ridotto, per fini politici, a un tentativo da parte di Bruxelles di attaccare un settore specifico. Alla luce della pandemia è emersa l’importanza di una regia europea sulla salute e per questo mi sto battendo«. Ecco spiegati i timori del mondo del vino, che ci sia un regime sanitario a governarci. Lo ha bene avvertito il direttore dell’Unione Vini, Federico Castelletti : «Bisogna continuare ad affermare il concetto di moderazione che è proprio del vino, a partire dai piani dell’Organizzazione mondiale della Sanità - al voto a maggio - che prevedono anche avvisi in etichetta, fino al Nutriscore, che minaccia di essere proposto entro l’anno». Federvini, con la presidente Micaela Pallini, insiste: «Guardia alta: serve un pool con i ministeri Agricoltura, Esteri e della Salute per seguire con attenzione le proposte legislative che arriveranno dalla Commissione europea.» Anche perché il vero pericolo ora è il Nutriscore che andrebbe a colpire un settore entrato in pesantissima difficoltà a causa degli aumenti. Il vino quest’anno rischia di pagare tra energia e aumento del costo dei materiali una bolletta da oltre due miliardi. Sandro Bottega, uno dei più importanti produttori di Prosecco, denuncia: «Abbiamo aumenti di energia elettrica del 700%, le materie prime in un solo mese sono aumentate del 30%, l’impatto del Covid ci ha fatto lievitare i costi di un altro 10% così rischiamo di andare fuori mercato». Wine-net, che riunisce sette delle maggiori cantine cooperative, nota: «Con un rincaro medio del 10% nei listini delle aziende se la Gdo mantiene inalterati i suoi margini si avrà in un aumento del prezzo dal 10 al 30%. Molti vini si riposizioneranno su fasce di prezzo dove non hanno mercato». La situazione è drammatica per le piccole cantine, sono l’85% delle nostre 6.500 aziende vitivinicole. Dice Mosè Ambrosi (Cantina Fontezoppa): «Abbiamo incrementi medi dal vetro ai tappi ai trasporti del 30%, i costi energetici sono raddoppiati. Così andiamo fuori mercato». Il vino si è (forse) salvato dall’ingiustificato allarme per la salute, ma è in piena pandemia: quella dei costi.
Il Tempio di Esculapio, all’interno del parco di Villa Borghese (IStock)
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Gianrico Carofiglio (Ansa)