2018-08-29
Per non rispondere alle accuse del vescovo Viganò adesso si inventano il complotto
I difensori d'ufficio di Bergoglio cercano di screditare il monsignore che ha diffuso sulla Verità lo sconvolgente dossier sugli scandali omosessuali nella Chiesa. Ma questo documento, che ripubblichiamo oggi, pretende risposte, non squallide insinuazioni. E solo il Papa può darle.L'ultimo argomento per cercare di non rispondere alle accuse al Papa contenute nel dossier che La Verità ripubblica oggi, per i lettori che hanno perso l'edizione di domenica, è la tesi del complotto. C'è un piano per far fuori il Pontefice e costringerlo alle dimissioni, è ciò che scrivono alcuni giornali. Il diabolico disegno sarebbe stato orchestrato fin nei minimi dettagli, inclusa la coincidenza del viaggio che Bergoglio ha fatto in Irlanda, dove ha chiesto scusa per gli abusi commessi da pedofili che si nascondono dietro l'abito talare.Della tesi della cospirazione si è fatto interprete in maniera chiara Fabio Marchese Ragona sul Giornale. Monsignor Carlo Maria Viganò, l'autore del dossier, ha deciso di affidarlo alla Verità e poi è sparito, cambiando perfino numero di telefono. L'ex nunzio apostolico avrebbe acquistato un biglietto aereo con una destinazione estera segreta. Che il vescovo abbia scelto di non rispondere ai giornalisti e di non farsi trovare, secondo Ragona sarebbe la prova regina della macchinazione, perché chi, dopo aver fatto scoppiare una bomba del genere, non si consegna alla stampa per essere messo sotto torchio, evidentemente ha qualcosa da nascondere. Non contento di aver sostenuto la tesi della congiura contro Bergoglio, Ragona si spinge a smontare le accuse di Viganò contro il Pontefice. E per farlo chi usa? Una fonte anonima. La quale consegna al vaticanista una dichiarazione fondamentale a sostegno della tesi complottista: «Penso che molte cose raccontate in quel memorandum possano essere vere, ma altre sono totalmente false. Ad esempio», svela la gola profonda di Ragona, «durante il mio servizio in Segreteria di Stato mai mi è capitato di sentir parlare del caso McCarrick. Viganò ogni tanto presentava dei rapporti su altre questioni, ma erano semplicemente frutto di sue supposizioni e per questo venivano poi cestinate». Insomma, l'ex nunzio apostolico è un mitomane, uno che si inventa le cose.Così, dopo aver sostenuto che Viganò avrebbe agito per ritorsione, in quanto non era stato nominato cardinale come avrebbe desiderato, ma pensionato, averlo accusato di avercela con il Papa per un appartamento di servizio che gli sarebbe stato tolto e di essere affetto da un forte esaurimento nervoso, adesso si sostiene prima la tesi dell'intrigo e poi si usa l'argomento di un povero vescovo che a Washington passava il tempo a scrivere «supposizioni non documentate». Il problema, per i vaticanisti alla Ragona, è che Viganò cita fatti e documenti. Sostiene che presso la congregazione dei vescovi esista un dossier sul cardinale Theodore Edgar McCarrick e sostiene che nel corso degli anni alla Santa Sede furono inviate più segnalazioni circa i «comportamenti gravemente immorali con seminaristi e sacerdoti dell'arcivescovo McCarrick». Le lettere di denuncia non erano firmate da Viganò, ma dai suoi predecessori alla nunziatura americana, ossia Pietro Sambi e Gabriel Montalvo. L'ex arcivescovo di Ulpiana, che ora punta il dito sul Papa, fa nomi e cognomi, e addirittura indica la data delle lettere di denuncia. Allora c'è un solo modo per rispondere, e non è quello di tirare in ballo una misteriosa (quella sì) fonte anonima. Esiste o non esiste un dossier su McCarrick presso la congregazione dei vescovi? In Vaticano sono arrivate oppure no le segnalazioni dei due nunzi che precedettero Viganò? Nel dossier, il monsignore anti Papa, come è stato subito ribattezzato, dice che le denunce dei comportamenti immorali dell'arcivescovo di Washington iniziarono fin dai tempi in cui alla Segreteria di Stato c'era il cardinale Angelo Sodano e proseguirono quando questi fu sostituito da Tarcisio Bertone. L'uno e l'altro ricevettero le memorie di accusa contro McCarrick a firma di Sambi e di Montalvo, e lo stesso Viganò, il 6 dicembre del 2006, scrisse un appunto per denunciare «fatti di tale gravità e nefandezza da provocare sconcerto nel lettore». La domanda a questo punto non è se Viganò faccia parte di un complotto, come sostiene l'ufficio stampa di Bergoglio, ma se questi documenti esistano, perché se le lettere sono protocollate c'è da chiedersi come mai le gerarchie vaticane non abbiano mai fatto nulla per fermare un arcivescovo accusato di aver rovinato generazioni di giovani e di seminaristi.O meglio: qualche cosa fu fatto. Dopo le denunce, Viganò sostiene che papa Benedetto XVI comminò al cardinal McCarrick una serie di sanzioni, ordinandogli di lasciare il seminario in cui abitava, proibendogli di celebrare in pubblico, di viaggiare, di partecipare a riunioni e conferenze e obbligandolo a una vita di penitenza. La decisione fu comunicata a McCarrick dal nunzio Pietro Sambi. A sostegno di ciò che dice, Viganò scrive che Jean François Lantheaume, allora primo consigliere della nunziatura di Washington, gli riferì del burrascoso colloquio tra McCarrick e Sambi, con la voce del nunzio che si sentiva fin nel corridoio. Lantheaume, dice l'autore del dossier, «è pronto a darne testimonianza». Anche Lantheaume fa parte del complotto? Sambi, Montalvo e tutti gli altri accusarono McCarrick con l'obiettivo, in futuro, di complottare contro Bergoglio?E qui veniamo a ciò che riguarda però direttamente papa Francesco. Se Benedetto XVI aveva disposto l'isolamento di McCarrick, perché questo cardinale tornò all'improvviso in circolazione? Viganò spiega che, non appena diventato Papa, Francesco gli chiese un parere sul cardinale e lui lo mise a conoscenza del dossier esistente sull'arcivescovo di Washington, e gli disse non solo che aveva corrotto generazioni di seminaristi e sacerdoti, ma che Benedetto XVI gli aveva imposto l'isolamento. Scrive Viganò nel dossier: «Il Papa non mostrò sul suo volto alcuna espressione di sorpresa, come se la cosa gli fosse nota da tempo. Evidentemente voleva accertarsi se ero alleato di McCarrick o no». Ciò che riferisce Viganò è vero oppure no? Incontrò Bergoglio il 23 giugno del 2013 oppure no? Questo è il tema, non il complotto. E a questo tema il Papa si è sottratto, rifiutando di rispondere. Sapeva o non sapeva dell'arcivescovo pedofilo? E nel caso fosse a conoscenza delle accuse contro di lui, perché lo ha lasciato libero di continuare a vivere in seminario, a contatto con i seminaristi? Né può valere l'obiezione che papa Francesco ha tolto la berretta cardinalizia a McCarrick, perché la decisione è stata presa solo quando gli abusi del cardinale, pochi mesi fa, cioè a cinque anni di distanza dal colloquio rivelato da Viganò con il Pontefice, sono finiti sulle pagine del New York Times.Ma visto che i vaticanisti hanno tirato fuori la faccenda degli intrighi contro Bergoglio, di intrighi parla anche Viganò nel suo memoriale, rivelando l'esistenza di una lobby gay all'interno della Chiesa e del Vaticano, la stessa lobby che avrebbe coperto McCarrick. Anche su questo il Papa non può limitarsi a dire «Giudicate voi» ai giornalisti, aggiungendo: «Ho fiducia in voi». Siamo noi che chiediamo di poter continuare ad avere fiducia in Francesco, ma a patto che lui risponda alle domande e faccia trasparenza su ciò che è accaduto in questi anni. Il complotto contro la Chiesa è condotto da chi in questi anni ha nascosto gli abusi, non certo da coloro i quali reclamano la verità.