2025-05-29
Per la pace Putin chiede meno Nato. «Colloqui con gli ucraini il 2 giugno»
In ballo pure stop alle sanzioni, restituzione degli asset e tutele per le minoranze in Donbass. Chiamata a Kiev del negoziatore russo per vedersi a Istanbul. Donald Trump: «In due settimane scopriremo se Vlad ci prende in giro».Appuntamento a Istanbul il 2 giugno per un altro round di colloqui. È l’offerta a Kiev del capo negoziatore russo, Vladimir Medinsky, i cui dettagli sono stati svelati ieri sera dal ministro degli Esteri di Mosca, Sergej Lavrov. Donald Trump vuol dare ancora una chance alla diplomazia, ma ha fissato un termine: «In due settimane sapremo se Putin ci prende in giro», ha dichiarato ieri. Non si può dire che la Federazione abbia scoperto le carte, ma qualcuno è riuscito a sbirciare la sua mano. Reuters, citando fonti vicine al Cremlino, ha illustrato quelle che sarebbero le condizioni dello zar per firmare un trattato di pace. Primo: la Nato dovrebbe rinunciare ad allargarsi a Est. Impegnandosi con un documento firmato: sono passati i tempi del gentlemen’s agreement tra Bush padre e Gorbachev. Secondo: l’Occidente dovrebbe rimuovere almeno alcune sanzioni. Già a marzo, il governo russo aveva domandato alle imprese quali ritenessero più urgenti da eliminare. Tra i suggerimenti: liberare il sistema dei pagamenti e il commercio dei barili sulle petroliere. Terzo: gli asset congelati andrebbero restituiti ai proprietari. L’opposto dell’ipotesi cui si lavora al G7, spinta dalla solita Europa che soffia sul fuoco. Quarto: ai russofoni nel Donbass si dovrebbero assicurare più tutele. Su queste pretese, Vladimir Putin non è disposto a scendere a compromessi. E se non dovesse spuntarla in sede di trattative, sarebbe pronto a sacrificare ancora uomini pur di conquistare ulteriore terreno, dimostrando che «domani la pace sarà ancora più dolorosa» per il Paese invaso e per chi l’ha sostenuto. Peraltro, Volodymyr Zelensky ieri ha segnalato che il nemico ha schierato 50.000 soldati al fronte di Sumy.Il Cremlino non ha reagito allo scoop di Reuters, ma il ministro degli Esteri, Sergej Lavrov, ha ammesso di guardare «con preoccupazione il rafforzamento dei contingenti Nato lungo tutta la linea di contatto» con la Federazione. Può significare che, per lo zar, l’annessione dei territori ucraini - Crimea a parte: quella è intoccabile e non è contendibile - è meno importante dell’«architettura di sicurezza», come è tornato a chiamarla ieri. Ma se lui chiede che la Nato la smetta di abbaiare ai confini russi, l’Ue, per tutta risposta, insiste nel mettergliela alle calcagna.La solita Kaja Kallas ha annunciato un progetto per la «sicurezza marittima»: nel Mar Nero dovrebbe essere realizzata una base capace di «migliorare la mobilità militare, in modo che le truppe e gli equipaggiamenti, anche Nato, possano essere dove servono, quando servono». E se Putin esige la rinuncia di Ucraina, Georgia e Moldavia all’ingresso nell’Alleanza atlantica, l’Alto rappresentante sottolinea che il programma implica esattamente la collaborazione con Ucraina, Georgia e Moldavia, oltre che con Turchia, Armenia e Azerbaijan. Uno degli obiettivi dell’hub, funzionale alla missione dei volenterosi, sarebbe «monitorare» la futura tregua. Tuttavia, sarà difficile aggirare il veto del Cremlino sulla Nato riproducendo, al di fuori di quell’organizzazione, un accordo che vincoli alcune potenze occidentali a soccorrere gli ucraini.L’Europa scommette sulla guerra perché la pace la costringerebbe ad ammettere una sconfitta strategica. Trump, invece, gela i leader, tipo Emmanuel Macron, che lo spronavano a introdurre nuove sanzioni: «Non voglio distruggere una trattativa in corso», ha tagliato corto ieri. Intanto, Friedrich Merz, che ha ricevuto Zelensky a Berlino, ha promesso altri 5 miliardi di aiuti agli alleati e li ha elogiati per aver difeso il Vecchio continente dal «revisionismo militante» di Mosca, la quale perde tempo e persevera nell’utilizzare «il linguaggio di una guerra di aggressione». Il numero uno dei cristiano-democratici ha annunciato a Zelensky il proprio sostegno alla produzione, anche comune, di missili a lungo raggio. Mossa che i russi hanno definito «irresponsabile» (è coinvolta «direttamente» nel conflitto e sta percorrendo la stessa strada che la portò al «collasso» nel secolo scorso, ha tuonato Lavrov) e che però si presta a una lettura obliqua: piuttosto che darvi i nostri Taurus, vi facciamo fabbricare i vostri.Il capo della resistenza mantiene la posizione antitetica a quella della Federazione: ulteriori sanzioni, nonché la richiesta di un invito - che egli ha tentato di scucire con la psicologia inversa - a partecipare al summit Nato del 24 e 25 giugno all’Aja. «Se l’Ucraina non sarà presente», ha ammonito durante la conferenza stampa congiunta con Merz, «sarà una vittoria per Putin, ma non sull’Ucraina, bensì sulla Nato». L’ennesima proposta di un bilaterale con lo zar è stata subito rispedita al mittente dal Cremlino: l’incontro ci sarà solo dopo «accordi specifici». Il portavoce, Dmitry Peskov, ha pure avvisato l’inquilino della Casa Bianca: «Come gli Stati Uniti», ha detto, «anche la Russia ha i propri interessi nazionali, che per noi e per il nostro presidente sono al di sopra di tutto». Il funzionario ha poi accusato The Donald - che aveva rinfacciato a Putin di «giocare col fuoco», visti i bombardamenti massicci sui civili - di non essere ben informato sulla natura dei raid russi. Diretti, ha giurato, esclusivamente su obiettivi bellici. Infine, ha deplorato la strategia in base alla quale si proverebbero a «imporre» a Mosca «piattaforme occidentali» per i negoziati.La pace richiede pazienza e il processo va avanti tra alti e bassi. Rimane agli atti il simbolico scambio di prigionieri tra i belligeranti, al termine del quale Medinsky si è sentito con il ministro della Difesa ucraino, Rustem Umerov, così da proporgli «una data e un luogo precisi» per vedersi e trasmettersi i rispettivi memorandum. L’uomo di Putin ci ha tenuto a sottolineare che è stato lui ad alzare la cornetta per primo. E un telefono che squilla sarà sempre meglio di una sirena antiaerea che suona.
Giorgia Meloni e Donald Trump (Ansa)