2019-01-20
La sporca legge delle Ong
Ma chi paga? Da giorni questa è la principale domanda che i quotidiani si rivolgono per dare addosso alla manovra grilloleghista del governo Conte. Quesito legittimo, intendiamoci, perché i soldi che verranno spesi per pagare il reddito di cittadinanza sono dei contribuenti, mica di Di Maio, e lo stesso dicasi dei quattrini che serviranno per finanziare quota cento, ovvero la possibilità di andare in pensione in anticipo: nonostante il taglio dell'assegno previdenziale, a mettere la differenza non sarà Salvini, ma gli italiani.Tuttavia, se l'interrogativo su chi alla fine dovrà farsi carico del conto è legittimo, è altrettanto legittimo osservare che la pressante richiesta di chiarimenti rivolta in questi giorni ai vertici politici, quando c'erano altri governi e altre spese senza copertura era un po' meno pressante. Anzi: non c'era proprio. Qualcuno forse si ricorda la pubblicazione di editoriali in prima pagina che spiegassero come sarebbero stati finanziati gli 80 euro, cioè un'operazione preelettorale da 10 miliardi? E dire che la spesa fu decisa a poche settimane dal voto per le elezioni europee, senza che fosse in alcun modo prevista né dal programma di governo del Pd, né dalla manovra finanziaria per l'anno in corso. Ma non solo non ci furono commenti per chiarire chi alla fine avrebbe pagato il bonus concesso a milioni di italiani (a parte ovviamente i soliti noti, cioè noi e pochi altri), ma all'epoca, il governo Renzi si premurò liquidare ben due commissari alla spending review, ovvero Carlo Cottarelli e Roberto Perotti. E tuttavia i giornalisti, invece di insistere con la domanda (chi paga?), nei talk show sostenevano senza alcun dubbio che il taglio alle spese del Rottam-attore (dopo la sitcom su Firenze si capisce che questo è il suo vero mestiere: fare l'attore in film da mandare al macero) sarebbe stato multimiliardario. Qualcuno assicurava che non sarebbero stati meno di cinque miliardi, altri addirittura sette. Come finì la sforbiciata alla spesa si sa: con qualche centinaio di miliardi di debito in più.Ma il rovello sul conto da pagare non riguarda solo gli 80 euro. Negli ultimi anni la politica dell'accoglienza predicata dalla sinistra e dalle alte gerarchie ecclesiastiche non è stata gratis. Nonostante le rassicurazioni, l'Europa non ha mai finanziato l'invasione migratoria se non con pochi spiccioli ed è toccato al contribuente italiano finanziare la politica dei porti aperti. Del resto, i conti sono presto fatti. Solo calcolando i famosi 35 euro a profugo, la cifra finale per 100 mila immigrati è pari a quasi 1,3 miliardi. Tutto ciò senza calcolare le spese sanitarie, quelle di soccorso, quelle per accertare il diritto all'asilo e, nel caso molto probabile che il profughi non abbiano diritto alla protezione umanitaria, quelle di espulsione. Se poi si aggiungono anche le spese carcerarie dovute all'importazione di qualche delinquente, diciamo che la somma di 1,3 miliardi annui per centomila persone è largamente sottostimata. Prova ne sia che Il Sole 24 Ore, tempo fa, calcolò un debito fuori bilancio, cioè non previsto, di 2,4 miliardi. La cifra più probabile, anche se non esistono numeri definitivi in materia, perché quando ci sono di mezzo gli immigrati anche la contabilità è clandestina, supera i quattro miliardi all'anno. Per lo meno quando gli sbarchi erano all'ordine del giorno.Qualcuno si è mai chiesto chi avrebbe pagato i quattro miliardi? Ma no, figuratevi. Quelli erano i tempi in cui il Bomba rispondeva con strafottenza alla Merkel che l'Italia avrebbe fatto da sola, nonostante l'Europa avesse girato le spalle agli extracomunitari. Eh già, mica pagava lui che sul conto aveva solo 15.000 euro. A saldare le fatture delle varie mafie capitali sparse lungo la penisola erano i soliti contribuenti, ma in fondo, ai grandi giornali che oggi si interrogano sul mancato rigore nei conti pubblici, di fronte alle migliaia di immigrati sbarcati sulle nostre coste poco importava di sapere dove si sarebbero trovati i soldi. Loro, con Avvenire in testa, avevano a cuore la solidarietà, non la contabilità, e dunque ogni problema di bilancio pubblico, di fronte al migrante in arrivo sui barconi, passava in second'ordine. Così come in secondo piano passavano gli italiani indigenti che avevano bisogno di assistenza da parte dello Stato, da quello stesso Stato che però si svenava per soccorrere i profughi. Risultato: siamo diventati un Paese con oltre cinque milioni di poveri, tra i quali poveri forse si nasconderà qualche furbo, ma certo non si tratta di gente che va in vacanza a sbafo come pensa Maria Elena Boschi. Che ora è in prima fila nel chiedere chi paga il conto di quota cento o del reddito di cittadinanza. L'ex signorina Grandi Riforme può stare tranquilla: il conto non lo pagheranno gli amministratori di Banca Etruria, ma come sempre, come per molte cose fatte dal governo di cui fece parte, il saldo se lo caricheranno gli italiani. Poi ci sarà da vedere se le misure serviranno a far crescere il Paese o solo la carriera di qualche politico, come spesso abbiamo visto, ma questo è un altro discorso. Di certo, per quel che ci riguarda, i soldi degli italiani è meglio spenderli per gli italiani. Ma sappiamo che tra un immigrato e un autoctono, a sinistra e anche in certi ambienti con la tonaca, preferiscono l'immigrato. Sarà perché gli autoctoni conoscono certi politici e certi cardinali, mentre chi viene da fuori no? È la cosa più probabile.P.s. Ieri è affondato un barcone carico di stranieri e ovviamente c'è chi si è premurato di mettere in collo il naufragio e le vittime al ministro dell'Interno per avere imposto la chiusura dei porti. A parte l'evidente strumentalizzazione politica dei morti, la tragedia dimostra semmai ancora una volta che appena si cede di fronte al ricatto delle Ong, consentendo lo sbarco dei migranti da un barcone, altre navi sono pronte a partire e purtroppo spesso a sparire tra le onde. Ribadiamo: per risolvere il problema delle vittime dell'immigrazione c'è un solo modo ed è rendere impossibile l'immigrazione.
Charlie Kirk (Getty Images). Nel riquadro Tyler Robinson
Attività all'aria aperta in Val di Fassa (Gaia Panozzo)