I costruttori hanno ammesso un ritardo nello sviluppo di quelle di prossima generazione: irreale aumentarne la capacità prima del 2035-2040. La sfida maggiore è l’alleggerimento. La Polonia blocca il divieto di vendere vetture con motore endotermico dal 2035.
I costruttori hanno ammesso un ritardo nello sviluppo di quelle di prossima generazione: irreale aumentarne la capacità prima del 2035-2040. La sfida maggiore è l’alleggerimento. La Polonia blocca il divieto di vendere vetture con motore endotermico dal 2035.L’ennesima doccia fredda per i seguaci del vicepresidente Ue, Frans Timmermans, vero osso duro dell’ecologia a tutti i costi, arriva dai costruttori di batterie, i quali recentemente hanno ammesso un ritardo nello sviluppo delle batterie di prossima generazione. In particolare, ci vorrà più tempo del previsto per passare da una capacità delle singole celle - oggi circa 250-300 Watt/ora per chilogrammo - a 500, valore che avrebbe un impatto decisivo sul peso delle batterie stesse e sull’autonomia delle vetture. Ciò, stando ai due maggiori costruttori, non sarà possibile prima del 2035-2040. Per capirci: una batteria che fornisca un kilowatt oggi pesa circa quattro chili, quindi per disporre di 100 kilowatt si devono trasportare 400 kg. Vorrebbe dire che una berlina di pari autonomia tra vent’anni peserà due quintali in meno o farà quasi il doppio di strada con una sola carica. Non l’ha detto un’azienda qualsiasi, ma la cinese Contemporary amperex technology che occupa il 52% del mercato interno e il 31% di quello globale. Non soltanto: sempre i produttori di batterie si stanno concentrando per migliorare il controllo termico delle celle, poiché una delle cause della degradazione dell’efficienza nel tempo è proprio la differenza di temperatura tra le singole celle durante le fasi scarica e ricarica rapida. Anche Exide, fornitore di Toyota, segue le stesse tempistiche ma con una strategia differente, ovvero di usare le nuove soluzioni tecniche per abbassare i costi. Il merito della nuova generazione di batterie sarebbe una tecnologia sviluppata per impiego aeronautico, dove l’elettrificazione affronta la sua sfida più importante, l’alleggerimento. Anche in Europa: al 54° salone dell’aerospazio di LeBouget (Parigi, 19-23 giugno), gli spazi espositivi riservati alle macchine volanti elettriche, dai motori ibridi in sviluppo presso i grandi costruttori fino agli eVtol (per intenderci, i taxi volanti), occuperanno tre padiglioni, praticamente lo stesso spazio che trent’anni fa era destinato ai satelliti. Non a caso, a Parigi, sarà Stellantis a presentare il nuovo mezzo volante elettrico Archer Aviation «Midnight» californiano.Intanto arriva anche l’altolà polacco al divieto di vendere vetture con motore endotermico dal 2035. È di martedì scorso la notizia che Varsavia intende fermare la direttiva comunitaria, come ha dichiarato senza mezzi termini il ministro dell’Ambiente, Anna Moskwa, comunicando che il suo governo si rivolgerà nientemeno che alla Corte di giustizia europea per bloccare il provvedimento che, peraltro, non ha mai ricevuto alcun assenso polacco. Da quelle parti sono coerenti e hanno sempre detto no anche all’adozione di deroghe per i carburanti ecologici e sintetici, come invece ha fatto la Germania, ricordando che non esiste uno studio approfondito delle conseguenze che lo stop alla vendita di motori a pistoni avrebbe sul piano industriale e sociale. Difficile dar loro torto: proprio due giorni dopo questa notizia, il gruppo Volkswagen ha annunciato un grande piano di ristrutturazione coinvolgendo da subito i sindacati. Si chiama «Accelerando verso 6.5» e punta a raggiungere in modo ecologico un ritorno sulle vendite del 6,5% per salvaguardare gli investimenti nelle nuove tecnologie e i posti di lavoro, prevedendo di far salire gli utili di circa 10 miliardi di euro entro il 2026. Un traguardo ambizioso a proposito del quale il non è molto chiaro il «come» ci riusciranno. Thomas Schäfer, ceo di Volkswagen, ha dichiarato alla stampa tedesca: «Il programma è la priorità numero uno per l’intero cda aziendale (...) agiremo su amministrazione, sviluppo tecnico, costi dei materiali, prodotti, prezzo, costruzione di veicoli, nonché vendite e qualità». E puntualizzando che «ogni area d’azione perseguirà obiettivi e misure specifici e contribuirà quindi a raggiungere gli obiettivi del programma in termini di costi e ricavi (...), i progetti chiave garantiranno una maggiore efficienza e aumenteranno gli utili, concentrandoci su aspetti quali la riduzione della complessità e del numero di versioni delle auto, i modelli di vendita, la riduzione della burocrazia, nonché l’ottimizzazione del prodotto e della resa nelle due piattaforme principali, la modulare Mqb (Golf, Audi A3, ndr) e l’elettrica Meb (dall’Audi Q4 e-tron a tutte le Id fino al Buzz, ndr)». Tradotto: meno automobili e meno scelta di allestimenti, listini in rialzo, probabilmente meno gente a lavorare e sempre più elettricità. Sia chiaro, ormai ai costruttori europei non importa un accidente di riuscire a ridurre dell’uno per cento le emissioni mondiali di anidride carbonica, ma devono cogliere l’opportunità di occupare i segmenti di mercato che dopo il diesel-gate non stavano portando più i margini attesi e farlo prima che i clienti vengano sedotti dalle auto cinesi. Il resto, lo sappiamo, lo fanno per l’occasione di sfruttare fondi europei, i prodotti finanziari e la speculazione. Tuttavia, il caso polacco dimostra che è ormai opinione diffusa nella Ue realista che le nuove tecnologie non debbano essere imposte ma messe in condizione di affermarsi da sole quando gli automobilisti potranno utilizzarle in modo conveniente. Nessuno, in passato, ci ha imposto di comprare un telefono cellulare o un tablet, lo abbiamo fatto riconoscendone l’utilità.Intanto la situazione italiana è che a fronte di 39,8 milioni di veicoli immatricolati (fonte ministeriale), a fine maggio risultavano essere state iscritte al registro automobilistico 6.185 vetture elettriche su 129.730 totali. Elaborando i dati su base annua le auto a sola batteria non superano ancora la quota di mercato del 3,6%, che quindi consiste in meno di un milione e mezzo d’unità. Sono aumentati molto, invece, i punti di ricarica, che questo mese hanno superato quota 42.000, con il paradosso che presto in alcune regioni italiane ci saranno più colonnine che auto elettriche. Inutile girarci intorno, la fretta dell’Unione di elettrificare la mobilità sta causando un ricorso storico, quando possedere un’auto era per pochi e se ne costruivano molte meno. Lo scrivemmo sulla Verità cinque anni fa. Ricordiamocene alle prossime elezioni europee.
Nel 2025 la Bce ha tagliato di 1 punto gli interessi, ma i prestiti casa sono diventati più cari. Su un fisso (9 su 10 lo preferiscono al variabile) da 150.000 euro a 25 anni il salasso è di 600 euro all’anno. Motivo? I mercati non credono possano esserci altre sforbiciate.
La Bce taglia i tassi o comunque non li aumenta e i mutui per comprare casa sono sempre più cari. È questo il paradossale fenomeno con il quale devono fare i conti le famiglie italiane che hanno deciso di indebitarsi pur di coronare il sogno di una vita: l’abitazione di proprietà. Tanto per intenderci: nel 2025, la Banca Centrale Europea ha limato per quattro volte il costo del denaro portandolo dal 3 al 2%. Si poteva sperare in qualcosa in più soprattutto con un Europa che cresce a ritmi lentissimi e con un’inflazione tutto sommato stabile, ma tant’è.
Le fake news russe diventano la scusa per varare il Democracy shield, l’ente per la «resilienza democratica» con cui l’Europa si arrogherà il diritto di controllare l’informazione. Che già influenza coi soldi a tv e giornali.
La Commissione europea si prepara a sferrare un attacco frontale contro quella che definisce «disinformazione» e «ingerenza straniera», ma i suoi piani sollevano gravi interrogativi sulla libertà di espressione dell’Unione. L’iniziativa, presentata come il nuovo «Scudo europeo per la democrazia» (Democracy shield), viene lanciata oggi a Bruxelles. Al centro di questo piano c’è la proposta di istituire una nuova struttura, il Centro europeo per la resilienza democratica, presentata come un polo per coordinare gli sforzi tra l’Ue e i Paesi membri contro attacchi ibridi di disinformazione provenienti, in particolare, da attori stranieri come la Russia.
Antonio Chiappani (Ansa)
Proteste in commissione Covid per l’audizione di Antonio Chiappani, il procuratore che indagò Conte e Speranza per epidemia colposa. Lui cita il codice penale: non impedire un evento evitabile equivale a cagionarlo.
Ancora una volta gli auditi proposti dalla maggioranza sono puntualmente contestati dall’opposizione. Succede in commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione dell’emergenza sanitaria Covid. Ieri, a essere ascoltato era Antonio Chiappani, già procuratore capo della Repubblica presso il Tribunale di Bergamo. «Sono qui per rappresentare tutte le criticità della prima fase della pandemia», ha spiegato più volte il magistrato, elencando le conseguenze del mancato aggiornamento e della non attuazione del piano del 2006. Apriti cielo. Il deputato Alfonso Colucci del M5s ha strepitato che «non è il caso di rifare il processo a Conte e Speranza», e che Chiappani avrebbe definito «sbagliato il provvedimento del tribunale dei ministri» mentre «le tesi dell’accusa si sono rivelate un buco nell’acqua».
2025-11-12
Viale Papiniano, il cantiere finisce sotto sequestro: per la Procura è nuova costruzione abusiva
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Dopo le inchieste dell’estate scorsa, arriva il provvedimento della magistratura: bloccato il palazzo di otto piani che avevamo raccontato su La Verità. Secondo i pm, dietro la Scia di ristrutturazione si nascondeva un intervento fuori scala, privo di piano attuativo e permesso di costruire.
In agosto era soltanto uno dei tanti cantieri finiti sui tavoli della procura di Milano tra le decine di filoni dell'inchiesta urbanistica. Oggi, quelle carte sono diventate un fascicolo giudiziario. E' stato disposto il sequestro preventivo dell’area di viale Papiniano 48, dove la società Papiniano 48 Srl stava realizzando un edificio residenziale di otto piani e due interrati al posto di un vecchio laboratorio commerciale di tre piani.
Secondo il decreto firmato il 10 novembre dal pubblico ministero Giovanna Cavalleri, con la co-firma del sostituto Luisa Baima Bollone e coordinanti dal procuratore aggiunto Tiziana Siciliano, si tratta a tutti gli effetti «di una nuova costruzione in assenza di valido titolo edilizio». Il provvedimento, emesso d’urgenza, ordina il blocco immediato dei lavori «per evitare l’aggravamento delle conseguenze del reato e l’ulteriore avanzamento dell’edificio abusivo».
Gli indagati sono Mauro Colombo, direttore dei lavori e progettista, e Salvatore Murè, amministratore unico della Papiniano 48 Srl e della Murè Costruzioni. Entrambi sono accusati di lottizzazione abusiva e costruzione senza permesso di edificare, in violazione del Testo unico dell’edilizia.
La storia del cantiere — già raccontata questa estate dalla Verità — era iniziata con una Scia edilizia (Segnalazione certificata di inizio attività) presentata nel 2021 come “ristrutturazione con demolizione e ricostruzione”. In realtà, scrive la Procura, l’intervento “consiste nella demolizione integrale di un fabbricato e nella costruzione di un nuovo edificio di otto piani fuori terra e due interrati, con caratteristiche morfologiche e volumetriche completamente diverse”.
In altre parole: non un recupero, ma una nuova costruzione. E non una qualsiasi. L’immobile, una volta completato, avrebbe superato i 25 metri di altezza e i 3 metri cubi per metro quadrato di densità, soglie che — spiega il decreto — obbligano per legge a un piano attuativo o una lottizzazione convenzionata. Nessuno dei due strumenti era stato approvato.
Il Comune di Milano aveva già sospeso i lavori nel maggio 2024, rilevando «caratteristiche dimensionali e morfologiche eccedenti i limiti consentiti» e avviando un procedimento di annullamento d’ufficio della Scia. La società, tuttavia, ha ripreso il cantiere nell’autunno di quest’anno, dopo aver tentato — invano — di trasformare la pratica in un permesso di costruire convenzionato tramite un accordo con Palazzo Marino.
Il 16 ottobre scorso la Papiniano 48 Srl ha comunicato la ripresa dei lavori “a prescindere dall’esito del procedimento”, e pochi giorni dopo gli agenti della Polizia Locale hanno documentato la gettata del primo piano in cemento armato. Da qui l’intervento urgente della Procura.
Nel decreto si parla esplicitamente di una vicenda “sovrapponibile” ad altri cantieri già finiti sotto sequestro — come quelli di via Crescenzago e via Cancano — e di una “prassi illegittima” consolidata negli anni, in cui opere edilizie ad alto impatto urbanistico venivano impropriamente qualificate come ristrutturazioni per evitare piani attuativi e permessi di costruire.
La Procura ricorda anche la circolare comunale del 2023, sospesa la scorsa primavera, che aveva aperto la strada a interpretazioni “elastiche” dell’articolo 41-quinquies della legge urbanistica, quello che impone limiti di altezza e densità. «Tale disposizione — scrivono i magistrati — esprime un principio fondamentale della pianificazione, non derogabile da circolari o leggi regionali».
Il terreno di viale Papiniano 48, inoltre, è sottoposto a vincolo paesaggistico e rientra nel “Nucleo di Antica Formazione” del Comune, oltre che nel vincolo regionale “Naviglio Grande – Nucleo rurale di interesse paesaggistico”. Per la Procura, la trasformazione dell’area «comporta una lesione irreversibile dei beni tutelati dalla normativa urbanistica e ambientale».
L’edificio preesistente era basso, a uso commerciale, compatibile con il tessuto storico. Il nuovo, con otto piani e due interrati, cambierebbe completamente la morfologia dell’isolato.
Il sequestro di viale Papiniano arriva in un momento cruciale per l’amministrazione milanese, ancora alle prese con le inchieste sull’urbanistica che hanno toccato anche dirigenti comunali, professionisti e imprenditori. La stessa delibera di Giunta del maggio 2025 — citata nel decreto — era nata per fare chiarezza dopo mesi di indagini e polemiche.
Ora, con questo nuovo provvedimento, la magistratura sembra consolidare una linea: la stagione delle “Scia creative” è finita.
E quel palazzo che in agosto sembrava solo “troppo alto per essere vero” diventa oggi un simbolo giudiziario del nuovo corso milanese, dove i confini tra ristrutturazione e nuova costruzione non sono più soltanto una questione tecnica, ma un banco di prova per la legalità urbanistica della città.
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