
In arrivo l'ennesima stretta fiscale. Si comincia con la cedolare secca sull'edilizia sociale alzata dal 10% al 12,5%. Triplicata l'imposta catastale sulle vendite. E via libera alla rimodulazione di Imu e Tasi. Tradotto: si paga di più.Due storie italiane ci ripropongono il consueto e desolante copione: da una parte i furbi e dall'altra i tartassati. Di mezzo, il mattone degli italiani, già massacrato da una patrimoniale da 22 miliardi l'anno che nessuno sembra voler scalfire o almeno ridurre. E soprattutto lo Stato, che si conferma complice dei furbetti e tassatore scatenato contro tutti gli altri, con una triplice stangata contenuta nella manovra.Cominciamo dalla prima storia, scovata da Quarta Repubblica, la trasmissione di Nicola Porro su Rete 4. Un'inchiesta del programma ha svelato lo scandalo dei furbetti delle case popolari che imperversano nella capitale: molti inquilini delle case popolari di Roma in realtà non hanno alcun diritto ad abitarci perché sono già titolari di altre case di proprietà. L'Ater (l'azienda territoriale per l'edilizia residenziale) conferma numeri impressionanti: su 48.000 assegnatari di case popolari, i furbetti titolari di un alloggio proprio (e che quindi dovrebbero lasciare quello pubblico) sono ben 5.562, alcuni dei quali sarebbero pure morosi. Mentre, sempre nella città di Roma, ci sarebbe un numero doppio di persone (circa 12.000) tuttora in lista d'attesa per avere una casa. Insomma, 5.562 hanno una casa, ma non dovrebbero averla; mentre circa 12.000 dovrebbero averla, ma stanno letteralmente in mezzo a una strada. Adesso, per i furbetti, dovrebbe partire la macchina degli sgomberi (con responsabilità primaria del Comune di Roma), ma per il momento è tutto fermo. E purtroppo nulla fa pensare che alcune migliaia di persone che effettivamente ne hanno diritto possano ricevere per Natale il regalo più bello: le chiavi di casa. Oltre al danno, la beffa si è materializzata quando Quarta Repubblica, analizzando la situazione di un assegnatario al Tufello, alla periferia Nord di Roma, ha scoperto che l'interessato, anziché abitare nella casa popolare, ne ha fatto l'ufficio della sua azienda di pulizie. E già questo rappresenta una violazione: l'inquilino di una casa popolare infatti non può utilizzarla per altre finalità. Ma non è tutto. Questa persona possiede anche altre proprietà e quindi non potrebbe in alcun modo avere una casa popolare: insomma, è uno dei famigerati 5.562. Più in generale, Ater ha inviato circa 150 «provvedimenti di decadenza», lettere che certificano l'irregolarità dei casi più eclatanti, incluso il titolare di questa impresa di pulizie. Il quale, per sovrammercato, una volta interpellato dall'inviato del programma di Porro, ha risposto a suon di insulti e minacce. Esaurita la prima storia, quella relativa ai furbi, passiamo alla seconda, che invece riguarda i tartassati. La notizia è che l'altra notte il governo giallorosso ha immaginato una triplice ulteriore stangata. La stangata numero uno è stata denunciata da Confedilizia, la principale associazione a tutela dei proprietari. Il governo Conte avrebbe deciso di aumentare l'aliquota della cedolare secca sugli affitti abitativi a canone calmierato, che ad esempio si applica pure alle locazioni degli studenti universitari. Oggi l'aliquota è del 10% (fu stabilita nel 2014, e da allora è rimasta a quel livello). Ed è bassa proprio per favorire l'accesso all'abitazione anche alle famiglie che non possono rivolgersi al libero mercato, incentivando i proprietari a destinare un immobile a quel tipo di clientela. Ora l'aliquota salirà al 12,5%. «Se il governo confermerà questa decisione», ha dichiarato il presidente di Confedilizia Giorgio Spaziani Testa, «sarebbe un clamoroso autogol. La cedolare sugli affitti calmierati è una misura sociale, condivisa da forze politiche, sindacati inquilini, operatori ed esperti del settore immobiliare. In questi sei anni di applicazione ha garantito un'offerta abitativa estesa, favorendo la mobilità di lavoratori e studenti sul territorio. Inoltre, come rileva la nota di aggiornamento al Def, la cedolare ha determinato una riduzione senza precedenti dell'evasione fiscale nelle locazioni. Insomma, c'è una misura che funziona, apprezzata unanimemente, ad alto impatto sociale: il governo vuole davvero modificarla in peggio?». La stangata numero due ha a che fare con l'imposta ipotecaria e catastale che sarà triplicata, a carico dei trasferimenti immobiliari dei beni (prima casa e altri immobili) soggetti all'imposta di registro. La stangata numero tre è ancora nascosta, ma lascia presagire il peggio: nel Documento programmatico di bilancio si parla di rimodulazione di Imu e Tasi. E ormai tutti sanno cosa voglia dire - nel lessico orwelliano dei giallorossi - la parola rimodulazione: sarà un aumento.
John Grisham (Ansa)
John Grisham, come sempre, tiene incollati alle pagine. Il protagonista del suo nuovo romanzo, un avvocato di provincia, ha tra le mani il caso più grosso della sua vita. Che, però, lo trascinerà sul banco degli imputati.
Fernando Napolitano, amministratore delegato di Irg
Alla conferenza internazionale, economisti e manager da tutto il mondo hanno discusso gli equilibri tra Europa e Stati Uniti. Lo studio rivela un deficit globale di forza settoriale, potere mediatico e leadership di pensiero, elementi chiave che costituiscono il dialogo tra imprese e decisori pubblici.
Stamani, presso l’università Bocconi di Milano, si è svolta la conferenza internazionale Influence, Relevance & Growth 2025, che ha riunito economisti, manager, analisti e rappresentanti istituzionali da tutto il mondo per discutere i nuovi equilibri tra Europa e Stati Uniti. Geopolitica, energia, mercati finanziari e sicurezza sono stati i temi al centro di un dibattito che riflette la crescente complessità degli scenari globali e la difficoltà delle imprese nel far sentire la propria voce nei processi decisionali pubblici.
Particolarmente attesa la presentazione del Global 200 Irg, la prima ricerca che misura in modo sistematico la capacità delle imprese di trasferire conoscenza tecnica e industriale ai legislatori e agli stakeholder, contribuendo così a politiche più efficaci e fondate su dati concreti. Lo studio, basato sull’analisi di oltre due milioni di documenti pubblici elaborati con algoritmi di Intelligenza artificiale tra gennaio e settembre 2025, ha restituito un quadro rilevante: solo il 2% delle aziende globali supera la soglia minima di «fitness di influenza», fissata a 20 punti su una scala da 0 a 30. La media mondiale si ferma a 13,6, segno di un deficit strutturale soprattutto in tre dimensioni chiave (forza settoriale, potere mediatico e leadership di pensiero) che determinano la capacità reale di incidere sul contesto regolatorio e anticipare i rischi geopolitici.
Dai lavori è emerso come la crisi di influenza non riguardi soltanto le singole imprese, ma l’intero ecosistema economico e politico. Un tema tanto più urgente in una fase segnata da tensioni commerciali, transizioni energetiche accelerate e carenze di competenze nel policy making.
Tra gli interventi più significativi, quello di Ken Hersh, presidente del George W. Bush Presidential Center, che ha analizzato i limiti strutturali delle energie rinnovabili e le prospettive della transizione energetica. Sir William Browder, fondatore di Hermitage Capital, ha messo in guardia sui nuovi rischi della guerra economica tra Occidente e Russia, mentre William E. Mayer, chairman emerito dell’Aspen Institute, ha illustrato le ricadute della geopolitica sui mercati finanziari. Dal fronte italiano, Alessandro Varaldo ha sottolineato che, dati alla mano, non ci sono bolle all’orizzonte e l’Europa ha tutti gli ingredienti a patto che si cominci un processo per convincere i risparmiatori a investire nelle economia reale. Davide Serra ha analizzato la realtà Usa e come Donald Trump abbia contribuito a risvegliarla dal suo torpore. Il dollaro è molto probabilmente ancora sopravvalutato. Thomas G.J. Tugendhat, già ministro britannico per la Sicurezza, ha offerto infine una prospettiva preziosa sul futuro della cooperazione tra Regno Unito e Unione Europea.
Un messaggio trasversale ha attraversato tutti gli interventi: l’influenza non si costruisce in un solo ambito, ma nasce dall’integrazione tra governance, innovazione, responsabilità sociale e capacità di comunicazione. Migliorare un singolo aspetto non basta. La ricerca mostra una correlazione forte tra innovazione e leadership di pensiero, così come tra responsabilità sociale e cittadinanza globale: competenze che, insieme, definiscono la solidità e la credibilità di un’impresa nel lungo periodo.
Per Stefano Caselli, rettore della Bocconi, la sfida formativa è proprio questa: «Creare leader capaci di tradurre la competenza tecnica in strumenti utili per chi governa».
«L’Irg non è un nuovo indice di reputazione, ma un sistema operativo che consente alle imprese di aumentare la protezione del valore dell’azionista e degli stakeholder», afferma Fernando Napolitano, ad di Irg. «Oggi le imprese operano in contesti dove i legislatori non hanno più la competenza tecnica necessaria a comprendere la complessità delle industrie e dei mercati. Serve un trasferimento strutturato di conoscenza per evitare policy inefficaci che distruggono valore».
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