2021-06-11
Patto con Londra e arsenale vaccinale. Biden al G7 prepara la stretta su Pechino
Boris Johanson e Joe Biden (Getty images)
Prima del vertice, bilaterale con BoJo e firma di una nuova Carta atlantica. La profilassi è arma geopolitica contro Cina e RussiaÈ stato un incontro importante quello con cui si è aperto ieri il tour europeo di Joe Biden. Il presidente americano, alla vigilia del G7, ha infatti avuto un colloquio con il premier britannico, Boris Johnson: un evento significativo sotto svariati punti di vista. In primo luogo, si tratta di un chiaro segnale geopolitico a Cina e Russia. Biden ha chiarito che, con questo suo viaggio europeo, mira a costituire un fronte compatto contro l’influenza di Mosca e Pechino: poco prima di partire per il Vecchio Continente, l’inquilino della Casa Bianca aveva sottolineato che il suo obiettivo fosse quello di «far presente a Putin e alla Cina che Europa e Stati Uniti sono vicini». Ora, è esattamente in tal senso che Johnson può rivelarsi un alleato prezioso per Biden. Ricordiamo infatti che - soprattutto nell’ultimo anno - Downing Street abbia assunto una postura man mano più severa nei confronti della Cina e che i rapporti tra Londra e Mosca non siano esattamente idilliaci. In questo quadro, è possibile anche che Biden veda nel premier britannico una sponda in vista dell’imminente summit Nato di Bruxelles: una sponda che gli consenta di arginare l’ormai notorio scetticismo francese nei confronti dell’Alleanza atlantica. Alla luce di queste considerazioni, è chiaro che la firma, avvenuta ieri, di una nuova Carta Atlantica assuma un significato particolare. Non solo perché anche la Carta del 1941 fu siglata da un presidente americano democratico (Franklin D. Roosevelt) e da un premier britannico conservatore (Winston Churchill), ma anche perché - come allora - l’intento è quello di un compattamento dell’anglosfera con l’obiettivo di arginare i regimi illiberali. Un rilancio in grande stile della «relazione speciale» tra Washington e Londra, come sottolineato ieri sera dallo stesso presidente americano. È quindi plausibile ritenere che, alla fine, il legame tra Biden e Johnson sarà più stretto di quanto si possa credere a prima vista. Il fatto stesso che i due leader abbiano avuto un colloquio particolarmente cordiale e siglato la nuova Carta Atlantica mette in luce che, quando la Casa Bianca guarda al Vecchio Continente, non guarda soltanto (o comunque principalmente) a Bruxelles. Anche perché, in questi mesi, proprio da alcuni Stati dell’Unione europea Biden ha rimediato alcuni significativi schiaffi: si pensi soltanto al progressivo avvicinamento della Germania alla Cina. È proprio in questo contesto che Mario Draghi punterà prevedibilmente a ritagliarsi, nel corso del G7 britannico al via oggi, il ruolo di principale interlocutore di Biden in seno all’Unione europea: i due hanno del resto in programma un incontro bilaterale per sabato prossimo. Indubbiamente tra l’inquilino della Casa Bianca e quello di Downing Street si registrano delle differenze: Biden non è mai stato un fautore della Brexit e, nel dicembre 2019, pronunciò parole poco gentili verso Johnson. Ha inoltre espresso al premier britannico le proprie preoccupazioni sulla spinosa questione dell’Irlanda del Nord. La Casa Bianca teme infatti il riacuirsi delle tensioni nell’area a causa della Brexit e, in questo senso, il consigliere per la sicurezza nazionale americano, Jake Sullivan, aveva dichiarato l’altro ieri: «Qualsiasi passo che metta in pericolo o comprometta l’accordo del Venerdì Santo non sarà accolto dagli Stati Uniti». Un’affermazione perentoria che qualcuno ha interpretato come una critica (o un ultimatum) allo stesso Johnson. È comunque chiaro che, al netto di queste divergenze, il Regno Unito possa rappresentare un attore fondamentale nella strategia che Biden sta mettendo in campo nei confronti di Cina e Russia. Un fattore tanto più significativo alla luce dell’incontro, previsto per mercoledì prossimo, tra il presidente statunitense e Vladimir Putin. In questo quadro, la Casa Bianca è anche pronta a ricorrere a una propria diplomazia vaccinale, per cercare di arginare quelle portate avanti, negli scorsi mesi, da Pechino e Mosca soprattutto in aree come Africa, Sudamerica e Medio Oriente. Ieri sera, Biden ha infatti annunciato che Washington donerà a oltre 90 Paesi poveri 500 milioni di dosi di siero Pfizer: «Saremo l’arsenale mondiale dei vaccini». La mossa è finalizzata non solo a incrementare l’influenza geopolitica americana, ma anche ad assorbire la disoccupazione interna: queste dosi verranno infatti prodotte in Michigan, Connecticut e Massachusetts, nell’ambito di un’operazione dal costo di 1,5 miliardi di dollari. Biden ha anche reso noto di aver discusso con Johnson su come «guidare lo sforzo globale contro Covid-19». Insomma, si profila un’intesa significativamente solida tra Washington e Londra. Parigi e Berlino sono avvisate. E Roma, possibilmente, ne approfitti.
Il nuovo gasdotto Russia-Cina è già vecchio. Usa, aumenta l’export GNL. Pressioni USA sull’India. Alluminio cinese, guerra dei prezzi. Spagna e prezzi negativi.
Markus Soeder, presidente della Baviera e leader Cdu (Getty Images)
Sergio Mattarella (Getty Images)